Cass. civ. Sez. V, Sent., 12-05-2011, n. 10424 accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’agenzia delle entrate propose appello avverso la sentenza della commissione tributaria provinciale di Latina che aveva accolto il ricorso della società Sviluppo commerciale s.r.l. contro un avviso di rettifica contenente recupero dell’Iva 1997.

Dedusse l’appellante che l’accertamento era derivato da indagini di polizia tributaria, con esiti sintetizzati in apposito p.v.c.; che era stata altresì rinvenuta documentazione extracontabile; che la prospettata evasione d’imposta era stata sostenuta dai dati acquisiti nell’ambito di indagini bancarie.

La commissione regionale del Lazio, sez. dist. di Latina, con la sentenza 485/39/2007, respinse l’appello non ritenendo sufficientemente provata la riconducibilità alla società Sviluppo commerciale della documentazione rinvenuta, e osservando che, in definitiva, i maggiori ricavi accertati dall’amministrazione erano derivati da semplici presunzioni.

Ricorre per cassazione l’agenzia delle entrate, articolando due motivi.

L’intimata resiste con controricorso.
Motivi della decisione

1. – I due motivi deducono omessa o insufficiente motivazione su punti decisivi.

Sostiene l’amministrazione che la prova dei corrispettivi non dichiarati era stata desunta dall’esame delle movimentazioni bancarie sui conti correnti personali dei soci, contenenti accrediti e addebiti non giustificati per oltre L. 2 mld., oltre che dal rinvenimento, presso locali riferibili alla società, di documentazione extracontabile (costituita da un registratore di cassa non fiscale) attestante incassi, non riscontrati nella contabilità ufficiale.

Censura la sentenza per aver omesso ogni valutazione riguardo al primo profilo, e al correlativo mezzo di prova essenzialmente costituito dalle ridette ingiustificate movimentazioni bancarie sui conti correnti dei soci e dei rispettivi coniugi.

2. – Devesi preliminarmente disattendere l’eccezione di inammissibilità, dalla parte controricorrente consegnata all’affermazione che i due motivi non sarebbero stati conclusi dalla formulazione di un quesito di diritto. Trattasi invero di mezzi intesi a far valere vizi della motivazione ( art. 360 c.p.c., n. 5), rispetto ai quali l’art. 366-bis c.p.c. prescrive al ricorrente di rendere infine intelligibile l’illustrazione delle censure mediante la chiara indicazione dei singoli fatti controversi e/o delle ragioni di inidoneità.

Tanto presuppone, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, che la censura contenga semplicemente un momento di sintesi (soltanto omologo del quesito di diritto) inteso a circoscriverne puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (v. sez. un. n. 20603/2007; n. 6420/2008; sez. un. 12339/2010). Nel caso di specie, il riferito momento di sintesi può cogliersi nei rilievi terminali dei due motivi: (a) che "il rinvenimento di movimentazioni bancarie su conti fittiziamente intestati a persone fisiche, ma in concreto riferibili alla società, costituisce sempre un indizio di particolare importanza circa la sussistenza di imponibili non dichiarati, perchè di per sè idoneo a fondare un accertamento di maggiore imponibile ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 o del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32. La CTR non avrebbe quindi potuto in nessun caso trascurare del tutto nella propria motivazione di considerare l’esistenza di quelle movimentazioni bancarie non giustificate"; e (b) che "prima di concludere del tutto apoditticamente che la riferibilità alla società non era sufficientemente provata, la CTR avrebbe quindi dovuto prendere posizione sulla rilevanza di tali concordanti elementi, tutti ben dedotti nell’appello e non contestati dalla controparte". 3. – Le surriferite censure sono fondate.

Per consolidato orientamento di questa Corte, in sede di rettifica e di accertamento con metodo induttivo, sono legittime le indagini bancarie estese ai conti correnti di soggetti diversi dal contribuente, purchè sussistano elementi, per affermare la riferibilità al medesimo delle operazioni riscontrate sui detti conti. Pertanto, e in linea di principio, può l’amministrazione attribuire al contribuente i movimenti dei conti intestati ai soci e/o ai rispettivi, coniugi e figli, spettando al contribuente di fornire la prova liberatoria che le ripetute movimentazioni siano derivate da attività diverse rispetto a quella commerciale della società v. da ultimo Cass. n. 25605/2010, in relazione al socio accomandatario di una s.a.s., alla moglie e al figlio socio accomandante; nonchè Cass. n. 21318/2010; n. 19493/2010 ord.).

A fronte di tale indiscutibile principio, l’amministrazione ricorrente evidenzia – in termini di autosufficienza (con trascrizione, cioè, delle deduzioni svolte con l’appello) di aver sottoposto alla commissione regionale la decisiva circostanza che, appunto, l’inferenza dei maggiori corrispettivi era stata desunta, oltre e più che dalla rinvenuta documentazione extracontabile, dalla rilevanza delle movimentazioni registrate sui conti personali dei soci e dei loro diretti familiari, i quali, privi di alternative fonti di reddito, avevano omesso di fornire ogni giustificazione al riguardo.

Osserva la Corte che, in effetti, l’impugnata sentenza non ha reso valutazione alcuna di simile emergenza, essendosi. orientata a respingere l’appello sul minimale rilievo – oltre tutto inesplicato dal punto di vista del ragionamento che lo sorregge – di ritenere "non sufficientemente provata la riconducibilità della documentazione rinvenuta alla società contribuente".

Il ricorso pertanto va accolto e la sentenza cassata con rinvio ad altra sezione della medesima commissione regionale, la quale provvederà a riesaminare i motivi di gravame nel rispetto del principio di diritto sopra esposto.

Il giudice di merito provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla commissione tributaria regionale del Lazio, sez. dist. di Latina, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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