T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 07-03-2011, n. 400 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. – Con ricorso notificato il 21 ottobre 2010 e depositato il successivo 28 ottobre, il ricorrente ha impugnato le concessioni edilizie n. 192 del 24.07.2009 e n. 66 del 26.03.2010 prot. n. 236648, rilasciate dal Comune di Palermo alle odierne controinteressate, nonché la deliberazione n. 7 del 21.01.2004 del Consiglio Comunale di Palermo, di presa d’atto dei decreti di approvazione del P.R.G., con particolare riferimento all’art. 7 delle norme tecniche di attuazione del vigente P.R.G., nella parte in cui prevede nelle zone B0 la nuova edificazione anche "in aderenza".

Affida il ricorso alle seguenti censure:

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3 e 4 l.r. n. 71/78; del decreto dirigenziale n. 124/D.R.U. del 13.03.2002 e successiva rettifica con decreto n. 558 del 29.07.2002 – contraddittorietà – difetto di motivazione e di istruttoria – sviamento dalla causa tipica.

L’art. 7 delle Norme tecniche di attuazione, come modificato dalla deliberazione consiliare n. 7/2004, parimenti impugnata, si pone in contrasto con le prescrizioni stabilite nei menzionati decreti regionali di approvazione del P.R.G., e contiene una modifica per le zone B0 avvenuta solo in sede di "presa d’atto", mentre la stessa avrebbe dovuto seguire l’iter procedimentale della variante urbanistica.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, punto 24, lett. A, del Regolamento Edilizio.

L’art. 7 delle N.T.A. si presenta illegittimo anche per contrasto con l’art. 3, punto 24, del regolamento edilizio, nella parte in cui prescrive che "la distanza minima di una costruzione dal confine di proprietà o dal limite di zona non può essere inferiore a 1/3 di Hf max corrispondente e comunque non inferiore a metri 5".

3) Invalidità derivata.

I vizi della deliberazione n. 7/2004 e dell’art. 7 delle NTA si riverberano sulla concessione edilizia in variante n. 66/2010, invalidandola.

4) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 l. n. 10/1977 e 36 l.r. n. 71/78 e delle vigenti disposizioni comunali in materia urbanistica; del decreto dirigenziale n. 124/D.R.U. del 13.03.2002 e successiva rettifica con decreto n. 558 del 29.07.2002 – eccesso di potere per erroneità dei presupposti – difetto di istruttoria – contraddittorietà con la licenza edilizia n. 50 del 15.01.1963.

Le concessioni edilizie impugnate sono illegittime in quanto emesse sulla base di un errato presupposto (quello della sanabilità di una dependance esistente), atteso che detta opera, non prevista nel progetto originario, non sarebbe sanabile, secondo il criterio della cd. doppia conformità.

B. – Con memoria notificata al Comune di Palermo, si sono costituite in giudizio le controinteressate, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per asserita tardività dell’impugnazione delle concessioni edilizie, e chiedendo, a supporto di detta eccezione, di essere ammesse a provare, con prova per testi, i contatti intercorsi con il ricorrente; nel merito, hanno avversato il ricorso, sostenendo che la contestata integrazione all’art. 7 delle N.T.A. è derivata dall’accoglimento di un’osservazione, che proponeva l’inserimento nell’art. 8, comma 3, di un ulteriore punto f), che consentisse le costruzioni anche in aderenza; mentre, in ordine alla dependance, hanno sostenuto l’inserimento nel progetto originario a suo tempo approvato.

Con la medesima memoria hanno chiesto all’amministrazione comunale il risarcimento dei danni, che deriverebbero dall’arretramento del corpo di fabbrica realizzato in conformità alle autorizzazioni ricevute, chiedendo, per la relativa liquidazione, l’ammissione di apposita consulenza tecnica d’ufficio.

C. – Con memoria depositata in vista dell’adunanza camerale, parte ricorrente ha replicato alle eccezioni ed argomentazioni avversarie, insistendo per l’accoglimento dell’istanza cautelare.

D. – Si è costituita in giudizio l’amministrazione comunale intimata.

E. – Con ordinanza n. 1019 del 19.11.2010 è stata accolta la domanda cautelare proposta in seno al ricorso e fissata la data di discussione del ricorso nel merito.

F. – Le parti costituite hanno supportato le relative posizioni con la produzione di documentazione.

G. – In vista della discussione nel merito, il ricorrente e il Comune di Palermo hanno prodotto memorie difensive, insistendo il primo per l’accoglimento del ricorso; il secondo, previa eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, per il rigetto e, comunque, per la reiezione anche della domanda di risarcimento dei danni formulata dalle controinteressate, sostenendo, in particolare, il concorso di colpa delle predette.

Parte ricorrente, con apposita memoria di replica, ha controdedotto alle difese della resistente amministrazione.

H. – Alla pubblica udienza di discussione i procuratori delle parti costituite hanno insistito nelle rispettive tesi difensive ed il ricorso, su conforme richiesta degli stessi, è stato posto in decisione.
Motivi della decisione

A. – Vanno preliminarmente prese in esame l’eccezione di tardività del ricorso sollevata dalle controinteressate, e quella, di inammissibilità, sollevata dal Comune di Palermo per dedotta carenza di interesse a ricorrere.

A.1. – In ordine alla prima, parte controinteressata eccepisce la tardività del ricorso, sostenendo che, quantomeno dalla prima metà del mese di giugno 2010, parte ricorrente avrebbe disposto di tutte le informazioni per proporre ricorso.

L’eccezione è da respingere.

Va premesso che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, "ai fini della decorrenza dei termini per l’impugnazione di una concessione edilizia, occorre che le opere realizzate rivelino, in modo certo ed univoco, le caratteristiche delle opere stesse e, quindi, l’entità delle violazioni urbanistiche e della lesione eventualmente derivante dal provvedimento.

La validità del principio è peraltro correlata all’esistenza di circostanze concrete che, sole, possono orientare per una valutazione di sufficiente "conoscenza" o meno; ciò in ragione, anche, del carattere "rigoroso" che deve rivestire la prova della tardività (che fa carico, ovviamente, al soggetto che la eccepisce), siccome preclusiva dell’esercizio del diritto di azione" (cfr. Consiglio di Stato, IV, 23 luglio 2009, n. 4616; nello stesso senso: Consiglio di Stato, V, 23 maggio 2000, n. 2983; T.A.R. Sardegna, II, 19 febbraio 2010, n. 191; T.A.R. Liguria, I, 25 gennaio 2010, n. 192).

Nel caso in esame, parte controinteressata indica a sostegno dell’eccezione i seguenti elementi: i lavori sarebbero iniziati il 27.04.2010, previa apposizione del cartello; vi sarebbero state delle riunioni anche con il ricorrente, nonché una corrispondenza via mail.

Quanto al primo elemento, va notato che i dati contenuti nel cartello di cantiere non valgono a descrivere tutte le caratteristiche del progetto, soprattutto se si ha riguardo, come nel caso in specie, alla contestazione non già del titolo abilitativo in sé, quanto alla circostanza, rilevabile solo con il concreto avanzamento dei lavori e con la conoscenza completa di tutta la disciplina urbanistica concretamente applicata, del mancato rispetto della distanza dal confine; quanto al secondo elemento – riunioni e corrispondenza via mail – di tali elementi non viene offerta alcuna prova documentale, non essendovi in atti né copia delle citate mail, né indicazione di eventuali date.

Quanto alla richiesta prova per testi, la stessa non può trovare ingresso nel presente giudizio, in quanto sarebbe destinata a supplire ad una difettosa prova rigorosa della tardività, la quale, se provata, andrebbe ad inibire l’esercizio del diritto di difesa.

Inoltre, pur ammettendo, in tesi, che, attraverso la prova per testi possa essere confermata la partecipazione a riunioni sull’argomento relativo alla legittimità della prevista costruzione in aderenza, e alla conformità delle concessioni edilizie alle vigenti norme tecniche di attuazione – detto elemento non varrebbe, ad avviso del Collegio, a dimostrare la tardività del gravame.

Invero, l’esito di dette riunioni avrebbe potuto indurre, in un primo tempo, parte ricorrente a non ravvisare alcun profilo di illegittimità degli atti concessori, atteso che – questo è un dato certo – le concessioni edilizie, quanto alla distanza, sono applicative dell’art. 7 delle N.T.A.

Quindi, è solo nel momento in cui la parte ricorrente ha potuto verificare l’illegittimità dell’art. 7, come approvato con la deliberazione n. 7/2004 e, quindi, l’illegittimità della concessione in variante, che è cominciato a decorrere il termine decadenziale: e di tale momento di conoscenza in capo al ricorrente, le controinteressate non forniscono alcuna prova.

Pertanto, poiché grava su chi eccepisce la tardività di una impugnazione fornire una prova rigorosa, ritiene il Collegio che le controinteressate non abbiano fornito alcun concreto elemento, da cui possa desumersi la conoscenza, in un determinato spazio temporale, delle effettive caratteristiche dell’opera e, soprattutto, della sua non conformità alla disciplina urbanistica approvata in sede regionale.

A.2. – In ordine alla carenza di interesse eccepita dal Comune di Palermo, anche detta eccezione è da respingere.

Ed invero, a prescindere dalla genericità con cui è stata formulata, la suddetta eccezione si infrange con il dato, documentato dal ricorrente, consistente nell’essere il predetto proprietario di un terreno edificabile in zona B1 e posto sul limite di zona, in ordine al quale l’art. 8 delle norme tecniche di attuazione non prevede alcuna possibilità di costruire in aderenza.

B. – Nel merito, il ricorso è fondato limitatamente alle censure mosse avverso l’art. 7 delle N.T.A. e alla concessione edilizia in variante n. 66/2010, nella parte in cui è assentita la costruzione in aderenza – e, corrispondentemente, per tale parte deve trovare accoglimento.

B.1. – Merita, in particolare, adesione il primo motivo.

Assume parte ricorrente l’invalidità derivata, per dedotta illegittimità dell’art. 7 delle N.T.A., della menzionata concessione edilizia in variante, in quanto con detti atti l’amministrazione comunale ha assentito una costruzione in aderenza al muro di confine – nonché di delimitazione di zona – anziché nel rispetto della distanza minima di mt 5.

Sono contestate le N.T.A. di cui il Comune ha fatto applicazione – art. 7 – e, in particolare, la deliberazione consiliare n. 7/2004, nella parte in cui è stato modificato il citato art. 7, prevedendo tale possibilità di costruzione in aderenza nelle zone B0, in quanto ritenute in contrasto con la variante generale al P.R.G. approvata con il decreto regionale n. 124/D.R.U. del 13.03.2002, successivamente rettificato con decreto n. 558 del 29.07.2002.

Replicano le controinteressate che detta integrazione all’art. 7 delle N.T.A. è derivata dall’accoglimento di un’osservazione, che proponeva l’inserimento di un ulteriore punto f) nell’art. 8, comma 3, delle medesime norme, che consentisse le costruzioni anche in aderenza; con la conseguenza che la possibilità di costruire in aderenza sarebbe stata resa possibile, con l’accoglimento di detta osservazione, non solo per le zone B2 e B3, ma anche per la zona B0.

La prospettazione attorea va condivisa.

L’art. 4 della l.r. n. 71/1978 – Approvazione del piano regolatore generale – stabilisce che "Il piano regolatore generale è approvato con decreto dell’Assessore regionale per il territorio e l’ambiente. L’Assessore adotta le proprie determinazioni entro centottanta giorni dalla presentazione del piano all’Assessorato.

Con il decreto di approvazione possono essere apportate al piano le modifiche di cui all’art. 3 della legge 6 agosto 1967, n. 765, quelle necessarie per assicurare l’osservanza delle vigenti disposizioni statali e regionali, ivi comprese quelle della presente legge".

La procedura di approvazione dei piani regolatori, e delle sue varianti, è minuziosamente disciplinata dal legislatore regionale, e prevede l’intervento dell’assessore regionale al ramo, cui compete, per espressa disposizione normativa, l’ultima parola, anche in termini di modifiche, sullo strumento urbanistico; di talché, qualsiasi variazione alle prescrizioni, come approvate in sede regionale, non può che ripercorrere il medesimo iter già sviluppato e definito per l’approvazione dello strumento, che si intende variare.

Ciò premesso sul piano normativo, va rilevato che il contestato art. 7 – il quale disciplina le zone B0 – prescrive, per quanto di interesse, che la nuova edificazione è ammessa…con i distacchi stabiliti dall’art. 8, comma 3 sub d) ed e) o in aderenza…

Dall’esame dei due decreti regionali citati, si evince chiaramente che l’inserimento dell’espressione "o in aderenza" è stato previsto dal decreto 29 luglio 2002, n. 558, con specifico riferimento solo a quanto previsto per le zone B2 e B3; poi, in sede di adozione, da parte del Comune, di tutte le correzioni agli atti e agli elaborati del P.R.G. (e connesse prescrizioni esecutive), l’espressione "o in aderenza" viene (illegittimamente) inserita nell’art. 7 (zona B0), in aggiunta al rinvio all’art. 8 comma 3.

Ne consegue che la modifica apportata all’art. 7 della N.T.A. – a prescindere dalla sua non conformità alle prescrizioni contenute nel decreto approvativo della variante generale al P.R.G. – non avrebbe potuto essere adottata che con le forme di apposita variante urbanistica dal Consiglio Comunale, e non già – come è accaduto – in sede di mera "presa d’atto".

Quanto al rilievo delle controinteressate, nota il Collegio che l’osservazione n. 49, cui le predette fanno riferimento, si limitava a proporre l’inserimento di una lettera f) nel comma 3 dell’art. 8 – il quale disciplina la zona B1, e non già la zona (B0b) in cui ricade l’area delle controinteressate – al fine di consentire la costruzione, non già in aderenza (qual è il caso a mani), bensì anche "a confine" con parete non finestrata; modifica, peraltro, concretamente non apportata al predetto art. 8 delle NTA.

Non vale a scalfire quanto finora rilevato il tenore della documentazione prodotta dalle controinteressate in data 04.01.2011, atteso che:

– quanto alla circolare del 25.02.2005 del Capo Area Tecnica pro tempore, è fin troppo agevole rilevare che tale strumento, per quanto ampiamente utilizzato nella prassi delle pubbliche amministrazioni, non può apportare alcuna modifica alla disciplina urbanistica, non avendo alcun valore normativo o provvedimentale;

– quanto alla deliberazione di C.C. n. 125/2006, la stessa si limita a ribadire – e non potrebbe essere diversamente – che le previsioni urbanistiche vigenti sono quelle risultanti dai decreti regionali di approvazione; precisando, tra l’altro, di prendere atto della circolare appena menzionata per le parti che non determinano varianti allo strumento urbanistico (cfr. punto 3 della parte dispositiva).

B.2. – La rilevata illegittimità dell’art. 7 delle norme tecniche di attuazione, nel testo modificato dalla deliberazione n. 7/2004, comporta – a prescindere dalla questione relativa al rapporto tra le stesse N.T.A. e il regolamento edilizio – l’applicabilità al caso in specie – in cui viene in rilievo un limite di zona – dell’art. 3, punto 24, lettera a), del regolamento edilizio, il quale prevede una distanza minima di una costruzione dal confine di proprietà o dal limite di zona non inferiore a mt 5; prescrizione, la quale risulta, peraltro, coerente con quanto stabilito dall’art. 8, comma 3, delle citate N.T.A..

Che il confine tra i due lotti costituisca limite di zona costituisce, del resto, circostanza di fatto documentata e non contestata.

B.3. – La rilevata illegittimità dell’art. 7 delle NTA, nel testo modificato dalla deliberazione n. 7/2004, oltre a comportare l’annullamento in parte qua dell’art. 7 citato e della deliberazione n. 7/2004, determina l’accoglimento del terzo motivo e, quindi, l’annullamento in parte qua della concessione edilizia in variante n.66/2010, limitatamente alla previsione della costruzione in aderenza.

C. – Va, invece, respinto il quarto motivo.

Dall’esame degli elaborati progettuali di cui alla concessione edilizia originaria (n. 50 del 15.01.1963), si evince la realizzazione, approvata in uno all’intero progetto a suo tempo proposto, di un garage – altrimenti definito "autorimessa" (cfr. nota Prefettura n. 708/1963) – con relativo piano rialzato.

Quanto alla dedotta non assentibilità del manufatto – di cui le controinteressate hanno chiesto il cambio di destinazione d’uso da garage di piano terra in abitazione – la relativa censura si presenta inammissibile, in quanto non è stata impugnata l’originaria concessione edilizia n. 50/1963.

Va rilevato, per completezza, che, su tale censura, parte ricorrente non ha insistito con la memoria conclusiva.

D. – Il ricorso deve pertanto essere accolto nei limiti di cui sopra e, per l’effetto, vanno annullati: 1) l’art. 7 delle norme tecniche di attuazione, 2) la deliberazione n. 7/2004; entrambi, limitatamente alla parte in cui è prevista la costruzione in aderenza per la zona B0; 3) la concessione edilizia in variante n. 66/2010, limitatamente alla previsione della costruzione in aderenza.

E. – Va respinta la domanda di risarcimento dei danni proposta dalle controinteressate, in quanto le predette, benché onerate ai sensi dell’art. 2697 c.c., hanno formulato la domanda in modo generico, senza fornire alcuna prova in ordine all’esistenza e all’entità di un effettivo pregiudizio patrimoniale (ex plurimis: Consiglio di Stato, VI, 4 agosto 2009, n. 4905; 23 giugno 2006, n. 4009; T.a.r. Lazio, Roma, I, 13 febbraio 2009, n. 1445; T.a.r. Campania, Napoli, VII, 4 aprile 2008, n. 1876).

F. – Quanto alla pronuncia sulle spese, attesa la parziale reciproca soccombenza, ritiene il Collegio, in applicazione dell’art. 57 c.p.a., fermo restando quanto stabilito per la fase cautelare, di condannare il Comune di Palermo al pagamento delle spese della presente fase di giudizio, che liquida in favore del ricorrente in complessivi Euro 1.000,00 (euro mille/00), oltre oneri accessori come per legge.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti specificati in motivazione e, per l’effetto, annulla, nei corrispondenti limiti, i provvedimenti nella stessa motivazione specificati.

Condanna il Comune di Palermo al pagamento delle spese della presente fase di giudizio, che liquida in favore del ricorrente in complessivi Euro 1.000,00 (euro mille/00), oltre oneri accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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