Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 20-12-2010) 09-03-2011, n. 9630

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ersona del Dott. Spinaci Sante, che ha concluso per l’inammissibilità.
Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Tribunale di Milano in data 25.1.2010, con la quale R.F. e G. L. venivano condannati alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 400 di multa ciascuno per il reato continuato, commesso in (OMISSIS) in concorso fra loro e con altro soggetto non identificato mediante effrazione di finestre, di furto di due orecchini e della somma di Euro 130 dall’abitazione di Ru.

D. e di tentato furto in altra abitazione sita nello stesso stabile, sventato dall’intervento dell’occupante Ro.Ma..

I ricorrenti lamentano illogicità e contraddittorietà della motivazione sull’affermazione di responsabilità degli imputati.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Con la sentenza impugnata, premesso che i Carabinieri, intervenuti a seguito della segnalazione del Ru. di aver trovato al rientro nell’abitazione la porta di ingresso della stessa bloccata dall’interno da un divano e percepito la presenza di persone nell’appartamento all’interno, mentre nel frattempo il Ro. vedeva qualcuno allontanarsi all’esterno della finestra della propria abitazione, notavano un uomo che scavalcava il muro di cinta dello stabile e raggiungeva altri due individui con i quali si dirigeva verso un’autovettura Volkswagen Lupo e successivamente fermavano i due imputati a bordo dell’autovettura, mentre un terzo uomo fuggiva a piedi, si concludeva che la versione degli imputati di essersi trovati in un bar della zona e di essersi allontanati per assumere cocaina era smentita dal mancato rinvenimento dello stupefacente e contrastava con quanto osservato dai militari operanti sulla stretta sequenza temporale fra i furti, lo scavalcamelo del muro da parte di uno dei soggetti e l’aggregarsi dello stesso con gli altri; e che l’argomento difensivo sul mancato ritrovamento della refurtiva e di strumenti di effrazione non era significativo, potendo gli imputati essersi disfatti di tali oggetti durate la fuga.

I ricorrenti rilevano che, a fronte della verosimiglianza della versione degli imputati, la Corte d’Appello non valutava adeguatamente gli elementi di inattendibilità della tesi d’accusa rappresentati dal mancato rinvenimento della refurtiva e degli strumenti di effrazione, dall’ingresso nelle abitazioni di un solo uomo mentre ben due altri concorrenti sarebbero rimasti all’esterno e dalla fuga a piedi di uno degli inseguiti mentre gli altri si lasciavano fermare sull’autovettura, particolare quest’ultimo viceversa compatibile con l’essersi gli imputati appartati per assumere lo stupefacente.

Le prospettazioni difensive riprendono per un verso considerazioni, quali quelle relative al mancato ritrovamento di refurtiva e strumenti di effrazione, sulle quali la Corte d’Appello argomentava congruamente con riferimento alla ragionevole possibilità che gli imputati, vedendosi inseguiti, si fossero liberati degli oggetti compromettenti; e per altro contrappongono alla motivazione della sentenza impugnata rilievi palesemente inidonei ad introdurre nella stessa discontinuità logiche. A fronte della coerente ricostruzione del giudice di merito sulla continuità fra la fuga dell’individuo sorpreso dal Ronca nell’abitazione di quest’ultimo e del successivo congiungersi con altri due soggetti nel proseguire la fuga verso il veicolo sul quale gli imputati venivano infine fermati, fondata su quanto direttamente osservato dallo stesso Ronca, e dell’altrettanto coerente riferimento all’incompatibilità con detta scenario della tesi difensiva per la quale gli imputati si sarebbero appartati per loro conto sull’autovettura, non è dato ravvisare infatti alcuna anomalia nell’essere stata affidata la materiale azione furtiva ad uno solo dei concorrenti e nel l’essersi costoro separati nella fuga all’evidente fine di aumentarne le possibilità di successo.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, seguendone la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti ciascuno al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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