Cons. Stato Sez. V, Sent., 08-03-2011, n. 1465 Giudicato amministrativo, Giustizia amministrativa Carriera, inquadramento e promozioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe, il T.A.R. per la Lombardia accoglieva il ricorso proposto da P.L. – dal 14 febbraio 1977 al 1 aprile 1984 assistente sanitaria alle dipendenze del Comune di Milano, indi transitata alle dipendenze dell’U.S.S.L. 75/19 di Milano e dal 1 agosto 1988 in servizio alle dipendenze dell’U.S.S.L. n. 60 di Vimercate con la qualifica di "operatore professionale coordinatore" – avverso la deliberazione n. 1290 del 22 settembre 1993, con la quale l’U.S.S.L. n. 60 di VimercateGestione Liquidatoria aveva respinto l’istanza della ricorrente, basata sull’allegazione dell’avvenuto riconoscimento da parte dell’U.S.S.L. di provenienza, ad essere inquadrata nella più elevata posizione funzionale di "operatore professionale dirigente", e affermava il diritto della ricorrente a conseguire, a far tempo dal 17 gennaio 1991, le differenze stipendiali corrispondenti alla VIII qualifica funzionale, acquisita ad personam (ossia, indipendentemente dalle previsioni della pianta organica) in forza della delibera retroattiva dell’U.S.S.L. di provenienza (datata 17 gennaio 1991), applicativa del d.p.r. n. 347/1983, e della correlativa iscrizione nei ruoli regionali. Condannava dunque l’Amministrazione resistente al pagamento delle differenze stipendiali, oltre agli accessori, a spese interamente compensate fra le parti.

2. Avverso tale sentenza interponeva appello la soccombente Amministrazione, lamentando l’erronea valutazione in fatto posta a base della gravata sentenza, in quanto l’inferenza probatoria, secondo cui la ricorrente sarebbe stata iscritta nei ruoli nominativi regionali come "operatore professionale dirigente" (VIII livello), tratta dai primi giudici dalle risultanze di un certificato di servizio prodotto dalla ricorrente, sarebbe smentita per tabulas dal tenore dei ruoli nominativi regionali relativi agli anni 1983 – 1996, prodotti in allegato al ricorso in appello, nei quali alla medesima sarebbe stata sempre e solo riconosciuta la qualifica funzionale di "operatore professionale coordinatore" (VII livello). Chiedeva dunque, in riforma della gravata sentenza, il rigetto del ricorso in primo grado.

3. Costituendosi, l’appellata contestava la fondatezza dell’appello e ne chiedeva il rigetto con vittoria di spese. Nella memoria del 28 ottobre 2010, eccepiva l’inammissibilità delle nuove produzioni documentali offerte dall’appellante.

4. Accolta con ordinanza n. 1530/1999 l’istanza di sospensiva formulata dall’appellante, la causa all’udienza pubblica del 9 novembre 2010 veniva trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. L’appello è fondato e merita accoglimento.

1.1. Il T.A.R., nella gravata sentenza, con riguardo al certificato di servizio del 19 marzo 1993 rilasciato dall’U.S.S.L. di provenienza – da cui risulta che la ricorrente dal 2 aprile 1984 al 31 luglio 1988, sulla base della delibera n. 16 del 17 gennaio 1991 del Comitato di gestione della stessa U.S.S.L. di provenienza, sarebbe stata inquadrata ad personam nella qualifica funzionale di "operatore professionale dirigente" -, ha testualmente affermato che "tenuto conto della natura del certificato di servizio prodotto in atti e della data nella quale lo stesso è stato assunto, deve desumersi che detta medesima certificazione derivi dal fatto che la proposta riascrittiva dall’USSL n. 75/VI del 17/1/91 n.p. 16 abbia avuto esito positivo in sede regionale", in tal modo inferendo, da detto certificato, l’intervenuta iscrizione della ricorrente nei ruoli nominativi regionali per il personale del servizio sanitario nazionale in qualità di "operatore professionale dirigente" (VIII livello).

Orbene, tale inferenza probatoria è smentita dagli estratti dei ruoli nominativi regionali relativi agli anni dal 1983 al 1996, prodotti dall’Amministrazione appellante in allegato al ricorso in appello unitamente alle correlative delibere di approvazione della Giunta regionale, nei quali l’odierna appellata risulta iscritta, durante il servizio prestato in seno alle unità sanitarie locali, come "operatore professionale coordinatore".

Né risulta che le delibere regionali di approvazione dei ruoli siano state impugnate dall’odierna appellata, mentre alla delibera U.S.S.L. del 17 gennaio 1991 correttamente è stata ascritta mera valenza propositiva.

Restano, con ciò, travolte le conclusioni cui è pervenuta la gravata sentenza, in quanto basate su una travisata ricostruzione in fatto della situazione d’inquadramento della ricorrente.

1.2. Infondata è l’eccezione d’inammissibilità delle nuove produzioni documentali (ossia, degli estratti dei ruoli nominativi regionali e delle relative delibere di approvazione) nel presente grado, sollevata dalla parte appellata, in quanto nel caso di specie è l’indispensabilità dei documenti a consentirne la produzione a norma dell’art. 345, comma 3, c.p.c., dovendosi tale requisito ritenere integrato, ogniqualvolta il nuovo mezzo istruttorio assuma un’influenza causale determinante sull’esito del giudizio, nel senso che esso sia idoneo a dissipare un perdurante stato di incertezza sui fatti controversi, in modo da condurre ad un accertamento in fatto che denoti l’ingiustizia della prima decisione e ne rovesci le statuizioni. La ratio dell’art. 345, comma 3, c.p.c., laddove prevede, in deroga al divieto dei nova in appello, l’ammissibilità delle prove indispensabili, esprime invero l’esigenza di garantire, per quanto possibile, l’aderenza della decisione di gravame alla verità sostanziale, in esplicazione del principio del "giusto" processo, sancito dall’art. 111, comma 1, Cost., la cui attuazione postula anche, se non in primo luogo, la tendenziale aderenza del risultato del processo alla verità sostanziale (in punto di fatto) e al diritto oggettivo sostanziale (in punto di diritto) (v. C.d.S., Sez. IV, 27 maggio 2010, n. 3378).

Né nel caso di specie è ravvisabile una violazione del diritto di difesa della parte appellata, essendo le prove state offerte in limine, nello stesso atto d’appello, con conseguente salvaguardia del diritto di replica e/o controprova della controparte.

1.3. Privo di fondamento è, altresì, il rilievo dell’appellata, secondo cui la linea difensiva assunta nel ricorso in appello si risolverebbe in un’inammissibile integrazione postuma, in sede giudiziale, della motivazione del provvedimento gravato in primo grado, versandosi invero in fattispecie di diritti soggettivi in materia di pubblico impiego, attratta nell’orbita della giurisdizione esclusiva, e non apparendo il ricorso in primo grado riducibile a un’azione di tipo esclusivamente impugnatorio, ma dovendosi ad esso attribuire anche valenza di azione di accertamento e di condanna, sicché l’oggetto del giudizio verte piuttosto attorno alla fondatezza o meno della pretesa sostanziale dedotta in giudizio, che attorno alla legittimità o meno dell’impugnato atto di diniego.

1.4. Conclusivamente, in accoglimento dell’appello e in riforma della gravata sentenza, il ricorso in primo grado dev’essere disatteso, con assorbimento di ogni altra questione.

2. Considerata la natura della controversia e tenuto conto che parte appellante ha prodotto le prove documentali decisive solo nel presente grado, si ravvisano i presupposti di cui all’art. 92, comma 2, c.p.c. per dichiarare le spese del doppio grado interamente compensate fra le parti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso in primo grado. Spese del doppio grado interamente compensate fra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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