Cass. civ. Sez. V, Sent., 12-05-2011, n. 10381 Accertamento

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Svolgimento del processo

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della decisione della Commissione tributaria regionale del Lazio che, nel giudizio introdotto dalla spa Domenico Paone fu Erasmo con l’impugnazione dell’avviso di accertamento ai fini dell’IRPBG e dell’IVA e dell’IRAP per l’anno 1998, ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Formia, circoscritto alla non deducibilità di quote di ammortamento, essendo stata riconosciuta la fondatezza dei motivi del ricorso della contribuente per gli altri rilievi.

Il giudice d’appello ha infatti ritenuto illegittima l’accertamento per non essere stato redatto il processo verbale di constatazione, ma solo quello di accesso, nel quale non risultano formulati rilievi o addebiti di sorta, in violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 52, e per essere stato notificato l’avviso di accertamento stesso dopo appena sei giorni dall’attività di ispezione dei funzionari dell’ufficio finanziario, in violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, che prevede la possibilità per il contribuente di comunicare entro sessanta giorni le proprie osservazioni e richieste.

La società contribuente resiste con controricorso, illustrato con successiva memoria.
Motivi della decisione

Col primo motivo l’amministrazione ricorrente, denunciando "violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e, ove occorrer possa, n. 4, c.p.c.", assume che la disposizione in rubrica non prevede che nel verbali redatto al termine di ogni accesso debbano essere obbligatoriamente formulati rilievi a pena di nullità, con conseguente piena legittimità, nel caso di specie, del comportamento tenuto dai verificatori.

Con il secondo motivo, denunciando "violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 18, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24 e 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e, ove occorrer possa, n. 3, c.p.c.", censura la sentenza per aver escluso il vizio di extra petizione denunciato dall’ufficio, in quanto la contribuente non aveva fatto alcun riferimento alla violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, e per aver affermato che la società ne aveva invece dedotto la violazione in una memoria successiva all’atto introduttivo, in "un contesto di argomentazioni più arpie".

Con il terzo motivo, denunciando "violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e, ove occorrer possa, n. 4, c.p.c.", assume che la disposizione in rubrica consente che in caso di urgenza la notifica dell’avviso di accertamento possa avvenire prima della scadenza del termine di sessanta giorni ivi fissato, avendo inteso il legislatore scongiurare che occasionali difficoltà di carattere organizzativo degli uffici potessero vanificarne l’operato, con conseguente piena legittimità dell’accertamento e della relativa notifica nel caso di specie.

Con il quarto motivo, censura la sentenza per vizio di motivazione, deducendo che la motivazione sarebbe inidonea a giustificare la pertinente decisione laddove si limita a recepire acriticamente le conclusioni raggiunte dalla Commissione provinciale, peraltro ignorando del tutto le censure spiccate dall’ufficio in sede di gravame.

Il primo motivo è fondato.

A norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 6, "di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute. Il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente o da chi lo rappresenta ovvero indicare il motivo della mancata sottoscrizione.

Il contribuente ha diritto di averne copia". Non è quindi prescritto, tantomeno a pena di nullità, che debbano, nel processo verbale dell’accesso, essere formulati rilievi o addebiti, essendo finalizzata tale fase del procedimento all’acquisizione di dati, elementi, notizie, utilizzati dall’ufficio ai fini della emanazione dell’avviso, l’atto autoritativo diretto al contribuente con il quale "si modifica, in misura più o meno estesa, la rappresentazione della fattispecie tributaria da questo fornita, ovvero si sopperisce alla mancanza di tale doverosa rappresentazione, determinando gli elementi rilevanti per la quantificazione del tributo dovuto".

Quanto al terzo motivo, esso è fondato entro i limiti di cui appresso.

L’avviso di accertamento, secondo quanto previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, "non può essere emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni ispettive, "salvo casi di particolare e motivata urgenza". La sanzione di invalidità dell’atto – prevista in via generale dalla L. 7 settembre 1990, n. 241, art. 21 septies, e con specifico riferimento all’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, rispettivamente, dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, commi 2 e 3, e dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 56, comma 5, – consegue, quindi, solo quando l’avviso medesimo non rechi motivazione sull’eventuale urgenza che ne ha determinato l’adozione: in applicazione del principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della Commissione tributaria regionale che aveva. annullato un avviso di accertamento emesso prima dello spirare del termine di 60 giorni, per non avere verificato se, nella motivazione dello stesso atto, fosse contenuto un riferimento specifico a eventuali ragioni di urgenza che giustificassero la deroga al termine" (Cass. n. 22320 del 2010).

L’affermazione, nella sentenza impugnata, della "illegittimità dell’accertamento perchè notificato dopo appena sei giorni dall’attività di ispezione" – in "violazione… della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, che, in particolare prevede per il contribuente di comunicare entro sessanta giorni le proprie osservazioni e richieste" -, nella sua assolutezza, non è pertanto corretta in diritto, atteso che l’avviso di accertamento emanato prima della scadenza del detto termine non è per ciò stesso nullo ma è da considerarsi tale solamente laddove non rechi motivazione sull’urgenza che ne ha determinato una siffatta adozione.

Ora, nel ravvisare – affermando di condividere quanto sul punto ritenuto dal primo giudice – la nullità dell’avviso di accertamento impugnato in base alla mera circostanza della sua "dopo appena sei giorni dall’attività di ispezione", senza nulla indicare in motivazione in ordine al requisito dell’"urgenza", anche sotto il profilo della verifica della eventuale mancata deduzione e allegazione ad opera dell’odierna ricorrente, allora appellante, Agenzia delle entrate, il giudice dell’appello ha disatteso il detto principio.

Il primo ed il terzo motivo vanno pertanto accolti, assorbito l’esame del secondo e del quarto motivo, la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale procederà ad un nuovo esame della controversia uniformandosi ai principi sopra enunciati.
P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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