Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 14-12-2010) 09-03-2011, n. 9427 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale di Milano, Sezione direttissime, all’esito dell’udienza di convalida dell’arresto di G.S. del 19.6.2010, applicava nei confronti del predetto la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione alla violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, per avere detenuto gr. 300 di cocaina a fine di spaccio.

Il Tribunale di Milano, Sezione per il riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, adito dalla difesa del G., con ordinanza in data 12 luglio 2010 confermava il provvedimento genetico. Il Tribunale del riesame ricostruiva nei termini che seguono il fatto per cui si procede. Rilevava che operatori di p.g., appostati nei pressi della abitazione di H. notavano giungere il G., il quale dopo avere effettuato una breve telefonata, entrava nello stabile; G., peraltro, non entrava nell’appartamento di H., ma sostava al pianerottolo del piano superiore. Il Tribunale evidenziava che i verbalizzanti rinvenivano, nella abitazione di H., all’interno di una valigia posta sotto ad un letto, gr. 300 di cocaina, bilancini e materiale per il confezionamento in dosi; e che H. riferiva nell’immediatezza – versione peraltro ribadita nel corso dell’udienza di convalida – di non sapere nulla della droga; che la valigia apparteneva ad un certo S., che circa un anno addietro gli aveva chiesto di custodirla. H. specificava che S., due volte alla settimana, si recava presso l’abitazione, preannunciandosi con una telefonata, trattenendosi per 15/20 minuti; e che in alcune occasioni aveva lasciato piccole somme di denaro per ricompensarlo. H. forniva il numero di cellulare di S., che corrispondeva alla utenza trovata in possesso dell’indagato G.. Il Tribunale rilevava inoltre che G., nel corso dell’udienza di convalida, aveva reso una diversa versione dei fatti, riferendo di essersi recato presso l’abitazione di H. per acquistare tre grammi di cocaina, per sè e per conto di altre due persone. Il Tribunale di Milano evidenziava che la difesa lamentava la nullità dell’ordinanza, per mancata indicazione delle generalità dell’indagato, del fatto contestato e dalla sottoscrizione del giudice e dell’ausiliario.

Il Tribunale del riesame considerava che l’ordinanza applicativa della misura cautelare era stata adottata nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto; e che il provvedimento cautelare letto in udienza, costituiva parte integrante del verbale dell’udienza di convalida. Il Tribunale evidenziava che in allegato al provvedimento di convalida era indicata la contestazione formale elevata dal pubblico ministero al momento della presentazione dell’imputato in udienza.

Nel merito, il Tribunale rilevava che l’ordinanza impugnata risultava articolatamente motivata. Osservava che sul cellulare in uso a G., dopo l’arresto, erano pervenuti messaggi, dal tenore dei quali si evinceva che alcune persone erano in attesa di quanto promesso dal medesimo G.. Il Tribunale rilevava che dette circostanze parevano indicative del fatto che G. si fosse recato presso l’abitazione di H. per approvvigionarsi della cocaina. Il Tribunale considerava, cioè, che G. utilizzasse l’abitazione di H. come deposito per la cocaina, destinata alla cessione a terzi. Tenuto conto della gravità del fatto e dei precedenti penali del prevenuto, il Tribunale riteneva che unica misura idonea a contenere il pericolo di reiterazione criminosa fosse quella carceraria in atto.

Avverso la richiamata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione G.S. a mezzo del difensore, deducendo l’inosservanza dell’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. b). Con unico motivo il ricorrente censura l’ordinanza applicativa della misura cautelare, la quale risulterebbe priva delle indicazioni prescritte a pena di nullità, relative alla descrizione sommaria del fatto ed alla indicazione delle norme assunte come violate. L’esponente assume che nel verbale di udienza richiamato dal Tribunale non risulti indicato il fatto per cui si procede. Osserva che l’arresto non venne convalidato e che l’ordinanza applicativa della misura richiama unicamente la richiesta formulata dal PM, richiesta che a sua volta non fa menzione del capo di imputazione per il quale venne chiesta la misura. Sulla scorta di tali rilievi l’esponente chiede l’annullamento della misura emessa nei confronti di G.S..

Il ricorso, affidato unicamente alla richiamata eccezione processuale, è inammissibile.

La parte reitera l’eccezione afferente alla dedotta nullità del provvedimento custodiale perchè carente della descrizione sommaria del fatto con indicazione delle norme di legge che si assumono violate, come prescritto dall’art. 292 cod. proc. pen., lett. b). Si osserva, al riguardo, che questa Suprema Corte ha più volte chiarito che qualora, come nel caso in esame, l’ordinanza sia pronunciata all’esito dell’udienza di convalida, il verbale di udienza non costituisce documento autonomo rispetto al provvedimento impositivo, sì che "per la parte prodromica e per il capo di imputazione occorre far riferimento al contenuto di detto verbale dal quale può trarsi, inoltre, anche in assenza di dettagliata contestazione nella sua espressione grafica, il fatto costituente reato che di tale contestazione costituisce l’oggetto" (Cass. Sez. 2 21.4.95 Samperi Rv. 201126). Ed invero, pur essendo l’ordinanza di convalida e quella impositiva di misura coercitiva provvedimenti distinti, ciascuno soggetto a diverso mezzo di impugnazione e avente presupposte e finalità diverse, essendo solo la ordinanza custodiale quella che regola lo status di detenzione dell’indagato, nulla vieta che, in concreto, i due provvedimenti siano inseriti in un unico atto nel quale, senza sostanziale soluzione di continuità, siano esaminati i presupposti di emissione, con possibilità di sovrapposizione di dati e apprezzamento degli stessi, ove di fatto coincidenti, sia pure rilevando a diversi fini (in termini: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3056 del 26.05.1998 Rv. 213313; Cass. Sez. 2, sentenza n. 47070 del 14.10.2003, Rv. 227080).

Le richiamate linee interpretative, applicate al caso di specie, conducono ad apprezzare la manifesta infondatezza della eccezione che occupa. Dal verbale di udienza del 19 giugno 2010 – che questa Corte regolatrice è autorizzata a compulsare, in relazione alla dedotta inosservanza di norme processuali – emerge che vennero esposti i fatti in addebito, con successiva acquisizione della relazione di servizio. E’ poi appena il caso di osservare che G., evidentemente reso edotto dei termini dell’addebito, nel corso della predetta udienza ebbe pure a rendere dichiarazioni volte a confutare l’ipotesi accusatoria. Si osserva, infine, che la evidenziata autonomia funzionale tra provvedimento di convalida dell’arresto ed ordinanza applicativa della misura cautelare, destituisce di ogni rilevanza, rispetto al tema di interesse, il fatto che il giudicante non abbia convalidato il compiuto arresto dell’odierno istante.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende. La Corte dispone che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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