T.A.R. Campania Napoli Sez. II, Sent., 08-03-2011, n. 1346 Deliberazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La parte ricorrente, secondo la prospettazione contenuta nell’atto di gravame, è proprietaria di diversi lotti ricadenti nel territorio del Comune di Arzano, censiti in catasto al fol. 1, p.lle nn.1459 (già 61/e), 1460 (già 61/f), 1461 (già 61/g), 1458, 1463 e 1455, tutti ricadenti in zona E del previgente programma di fabbricazione del 1977.

Con il gravame in epigrafe, la parte ricorrente impugna gli atti di approvazione del P.R.G. del Comune di Arzano, adottato con delibere n. 9 dell’1.3.2004 e n. 11 del 28.4.2004.

Espone che, nella fase di adozione della suddetta variante, ai lotti di pertinenza attorea veniva assegnata la destinazione D3p "zone commerciali di progetto".

Di contro, in sede di approvazione, le aree de quibus venivano diversamente classificate per effetto delle prescrizioni introdotte dalla Provincia (delibera n. 47 del 16.9.2008) e dalla Regione (decreto dirigenziale n. 48 del 16.4.2009).

Segnatamente, per effetto delle modifiche introdotte dalla Provincia, le zone D3p "zone commerciali di progetto" venivano stralciate. Da parte sua, la Regione imponeva una riclassificazione delle zone stralciate con conseguente riequilibrio degli standards mancanti.

L’adeguamento alle suddette prescrizioni veniva assicurato dal Comune di Arzano con le delibere n. 95 dell’11.5.2009, n. 102 del 19.5.2009 e n. 114 del 9.6.2009.

A seguito delle modifiche introdotte al precedente regime urbanistico i lotti di proprietà attorea risultano classificati come F5p "zona per attrezzature di progetto", definite dall’art.24 delle N.T.A. come zone per attrezzature sportive e tempo libero, parcheggi pertinenziali (a raso e/o a multipiano) ed attrezzature commerciali finalizzate al tempo libero e allo sport.

Avverso tali atti, con il gravame in epigrafe, la parte ricorrente deduce:

1) violazione del procedimento previsto dalla legge 1150/1942 e dalla legge regionale n. 14/1982 e ciò in quanto il piano regolatore, in sede di approvazione, sarebbe stato stravolto dalla Provincia, con conseguente obbligo di ripubblicazione, cui, viceversa, il Comune di Arzano non avrebbe dato corso;

2) la Provincia, a fronte delle modifiche da introdurre, avrebbe dovuto restituire il piano per la successiva rielaborazione, da curare nel rispetto delle prescrizioni della legge regionale n. 16/2004;

3) risulterebbe, inoltre, viziato il decreto n. 48 del 16.4.2009, siccome emesso da un dirigente e non dal Presidente della Regione o dall’Assessore al ramo, peraltro, in assenza della previa delibera di giunta;

4) il precitato decreto sarebbe, altresì, viziato in quanto condizionerebbe il visto alla compatibilità del nuovo p.r.g. al piano territoriale della Provincia, all’epoca, nemmeno adottato;

5) irragionevolezza delle scelte sottese alla nuova destinazione; l’irritualità della procedura seguita sarebbe fatta, poi, palese dall’istruttoria del tutto inadeguata compiuta dal Comune per allinearsi alle prescrizioni imposte dagli Enti sovraordinati; invero, l’istruttoria sarebbe stata condotta senza aver compiuto il censimento delle strutture esistenti, tanto più se legittimamente edificate.

Con successivo atto, depositato in data 11.12.2009, è stata impugnata in via aggiuntiva, per vizi di invalidità derivata, la delibera n. 84 del 29.9.2009, avente ad oggetto l’adeguamento al controllo di conformità regionale del piano regolatore generale del Comune di Arzano.

Infine, con atto depositato il 19.2.2010, risulta attratto nel fuoco della contestazione anche il decreto n. 519 del 27.10.2009, con cui il Presidente della Provincia di Napoli ha approvato, in via definitiva, il P.R.G.

Resistono in giudizio la Provincia di Napoli e la Regione Campania.

All’udienza del 20.1.2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.

Segnatamente, vanno convalidate la censure di cui ai punti 1) e 2) del ricorso principale, con le quali la parte ricorrente lamenta la violazione del procedimento – delineato dalla legge n.1150/1942 e dalla legge regionale Campania n.14/1982 – che governa il corretto esercizio del potere di pianificazione urbanistica.

Sostengono, invero, i ricorrenti che lo stralcio dallo strumento urbanistico di intere zone omogenee, come quelle D3p, D4p, H1p e D1p, e la conseguente riclassificazione di cospicue porzioni di territorio, cui si è accompagnata la modifica degli standards urbanistici, avrebbe stravolto l’originaria impostazione dello schema di piano, di talché – ricorrendo i presupposti di una variante sostanziale – s’imponeva la ripubblicazione del piano medesimo onde garantire l’intervento partecipativo dei soggetti interessati.

Nel costrutto giuridico attoreo le significative modificazioni di carattere quantitativo, strutturale, distributivo, rese necessarie a seguito degli interventi della Provincia di Napoli e della Regione Campania, obbligavano tali Enti alla restituzione degli atti al Comune per la successiva rielaborazione.

Com’è noto, la legge regionale della Campania 20 marzo 1982, n.14, recante gli indirizzi programmatici e le direttive fondamentali relative all’esercizio delle funzioni delegate in materia di urbanistica, ed applicabile alla controversia in esame ratione temporis, al titolo secondo, prevede tre ipotesi di possibile conclusione dell’iter di approvazione degli strumenti urbanistici: la prima, di "approvazione" dello strumento; la seconda di "approvazione con modifiche apportate d’ufficio", la terza di "restituzione" ai comuni per la rielaborazione.

L’ipotesi di approvazione con modifiche di ufficio è specificamente disciplinata dai primi tre capoversi dell’art. 4 del titolo secondo, che ne prescrivono l’iter procedimentale ed individuano le tipologie di modifiche che possono essere apportate d’ufficio, ossia senza "restituire" lo strumento urbanistico adottato al Comune, che potrà solo controdedurre nei termini assegnati. Le tipologie di modifiche d’ufficio, che "non mutino le caratteristiche essenziali, quantitative e strutturali del piano ed i suoi criteri di impostazione", sono tipizzate ed hanno in comune la caratteristica di adeguare le previsioni di piano a norme di legge (osservanza degli standard urbanistici e delle prescrizioni della legge regionale), a piani di livello superiore (rispetto delle disposizioni del Piano territoriale) o ad interessi di natura sovraordinata (di coordinamento e di tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici ovvero la razionale e coordinata organizzazione e realizzazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato e della Regione, della Provincia e della Comunità montana e per l’eventuale coordinamento con i Comuni contermini).

La disciplina regionale sopra richiamata sostanzialmente riproduce il contenuto della previsione statale, di cui all’art. 10 della legge urbanistica n.1150 del 1942, che consente un’approvazione con modifiche che non comportino sostanziali innovazioni, tali cioè da mutare le caratteristiche essenziali del piano stesso ed i suoi criteri di impostazione, nonché (con modifiche) indispensabili a garantire il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento, la coordinata sistemazione delle opere di interesse statale e la tutela del paesaggio.

Le coordinate normative sopra richiamate consentono, in sintesi, di perimetrare con un sufficiente margine di precisione l’apporto innovativo che gli Enti sovraordinati possono arrecare nell’esercizio del potere di pianificazione urbanistica, di cui sono contitolari: ed, invero, possono introdurre, in sede di approvazione degli strumenti urbanistici generali, le modifiche indispensabili per tutelare interessi primari quali l’ambiente, il paesaggio o il necessario raccordo con la pianificazione regionale di coordinamento; tali interventi devono, però, essere mirati e non possono, dunque, porsi come sostanziale riesercizio della potestà pianificatoria generale, riservata, nelle scelte fondamentali, al Comune.

Le uniche alternative praticabili nell’ipotesi di mancata condivisione dell’assetto complessivo del piano sono quelle del rifiuto dell’approvazione del piano ovvero l’approvazione parziale con stralcio di alcune zone.

Di contro, resta inibito alla Regione (e, per essa, agli Enti delegati) la possibilità di sostituirsi – al di fuori delle ipotesi contemplate dalla disciplina di settore – direttamente all’amministrazione comunale nelle scelte di politica urbanistica.

Il regime normativo come sopra definito ha immediate ricadute sul piano della concreta gestione del procedimento urbanistico, in quanto condiziona, entro un ventaglio di opzioni limitate e predefinite, gli sbocchi decisionali delle singole fasi procedimentali, ciascuna delle quali risulta strettamente influenzata dall’arresto immediatamente precedente.

Tanto premesso, avuto riguardo al caso in esame, giova rammentare la particolare scansione che, in modo del tutto peculiare, ha caratterizzato l’iter del procedimento di approvazione del nuovo p.r.g. del Comune di Arzano.

Giusta quanto già anticipato nella premessa in fatto, in sede di approvazione del p.r.g., per effetto delle modifiche introdotte dalla Provincia, venivano stralciate talune aree (le zone D3p "zone commerciali di progetto", l’area D4p di recepimento di un P.I.P, le zone omogenee H1p "zone turistiche ricettive" e D1p "zone industriali di progetto", così come la possibilità di realizzare nuove strutture nelle zone B1 del centro abitato).

Da parte sua, la Regione imponeva una riclassificazione delle zone stralciate con conseguente riequilibrio degli standards mancanti; e ciò in ragione della rimarcata necessità che lo strumento urbanistico generale rechi, ab imis, una disciplina puntuale dell’intero territorio comunale.

L’adeguamento alle suddette prescrizioni veniva assicurato dal Comune di Arzano con le delibere n. 95 dell’11.5.2009, n. 102 del 19.5.2009 e n. 114 del 9.6.2009.

In particolare, ai fini di una compiuta percezione delle significative modifiche introdotte a seguito dei rilievi mossi nel corso dell’iter di approvazione del nuovo strumento urbanistico, occorre dare conto, in dettaglio, delle prescrizioni conformative che hanno scandito i passaggi procedimentali più rilevanti: anzitutto, come già sopra sinteticamente anticipato, l’impianto originario compendiato nella delibera comunale di adozione è stato approvato con prescrizioni dalla Provincia di Napoli con delibera consiliare n. 47 del 16.9.2008.

L’intervento manipolativo del suddette Ente si è sostanziato nelle prescrizioni di seguito riportate "(…) 2) Le zone D3p "zone omogenee commerciali di progetto" sono stralciate per le motivazioni espresse dal C.T.R., sezione Prov.le di Napoli, con il suindicato parere n. 1/2007. Nelle more che il Comune di Arzano provveda a mezzo di apposita variante a ridestinare le aree della zona D3p stralciata, si applicano i limiti previsti dall’art. 4 della legge 17/82;

3) al fine di riequilibrare gli standards il Comune, con la variante di cui precedente punto, da adottarsi entro 6 mesi dalla data di approvazione P.R.G. in esame provvede anche all’individuazione delle aree standards mancanti;

4) l’opportuna dotazione di servizi potrà essere realizzata nell’ambito ristrutturazioni urbanistiche e dei cambi di destinazione d’uso consentiti dalle Norme di Attuazione per i comparti di tipo B2;

5) l’area D4p, di recepimento di un P.I.P., il cui iter urbanistico, non è stato mai completato, è stralciata e ricondotta ad area omogenea destinata al Parco Nord di Napoli, come individuato dalla proposta del P.T.C.P. adottato;

6) si prescrive il recepimento delle condizioni poste dall’Autorità di Bacino Nord – Occidentale della Campania nell’esprimere il parere favorevole n. 31 del 21.12.2006:

– lo stralcio della possibilità di realizzare nuove strutture nelle zone B1 del centro abitato (ex aree agricole) non ancora urbanizzate;

– verifica della possibilità di recuperare, nell’ambito dei 770 vani indicati come frutto del recupero nel centro storico, di parte dei volumi necessari a soddisfare il fabbisogno standards;

(…) 8) stralciare al fine di impedire la saturazione territoriale la zona omogenea H1p – art. 25 – Zone turistiche ricettive e D1p – Zone industriali di progetto e destinarle a zona omogenea per attrezzature di quartiere (…)".

L’incidenza di tali modifiche, ancorchè significativa, ben poteva ritenersi attenuata dalla tecnica concretamente privilegiata, cd. dello "stralcio", quale soluzione alternativa alla non approvazione della variante ovvero alla introduzione da parte dell’Ente tutorio di modifiche d’ufficio definitive; ed, invero, il provvedimento di stralcio, pur dettando una provvisoria tipizzazione urbanistica della zona stralciata come agricola, lascia integro ed impregiudicato il potere del Comune di riproporre una nuova disciplina urbanistica.

Si è efficacemente evidenziato in giurisprudenza che, con lo "stralcio", la Regione restituisce al Comune l’iniziativa, mentre con le "modifiche d’ufficio" sovrappone ultimativamente la propria volontà a quella del comune, sicché, ai fini dello stralcio, non è necessaria quella preventiva consultazione del comune, che la legge richiede, invece, rispetto alle modifiche (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 07 settembre 2006, n.5203), né operano i limiti di cui all’art. 10 l. n. 1150 del 1942 ovvero sussiste un obbligo di ripubblicazione del piano adottato (Consiglio Stato, sez. IV, 03 febbraio 2006, n.400).

Pur tuttavia, lo schema di piano, come emendato dalla Provincia di Napoli, è stato ulteriormente inciso a seguito e per l’effetto del successivo controllo esercitato dalla Regione.

Ed, invero, il P.R.G. è stato ammesso, con decreto dirigenziale n°48 del 16.4.2009, a visto di conformità condizionato, però, all’introduzione dei seguenti adeguamenti:

"- sia verificata da parte dell’Amministrazione Provinciale di Napoli la compatibilità tra il P.T.CP. ed il P.R.G. del Comune di Arzano;

– è necessario riportare sugli atti l’esatto perimetro della zona ASI, comprensivo della fascia di rispetto;

– le zone D3p "zone omogenee commerciali di progetto che sono state stralciate dall’Amministrazione Provinciale di Napoli, devono essere riclassificate, non potendo allo stato approvare un P.R.G. che non normi l’intero territorio comunale;

– con la nuova classificazione bisogna provvedere al "riequilibrio degli standards mancanti"

– l’area D4p deve essere ricondotta a zona destinata a Parco Nord di Napoli, così come riportato nel P.T.C.P. e deve contenere la normativa di attuazione dello stesso".

A seguito dei rilievi mossi dalla Regione Campania (che aveva bocciato l’opzione dello stralcio), lo schema del nuovo piano regolatore generale del Comune di Arzano è risultato, per ampi tratti del territorio comunale, manifestamente incompleto.

All’esito della suddetta fase di approvazione non residuavano, infatti, per le zone già oggetto di stralcio, prescrizioni sostitutive in grado di conformare il territorio e, dunque, di regolare, in via consequenziale, i relativi interessi.

Né è possibile dubitare della significativa incidenza dell’opera di nuova classificazione delle suddette aree (indotta dai rilievi in commento) rispetto agli equilibri complessivi del piano: sul punto, è sufficiente notare che la stessa Provincia, operando lo stralcio di tali zone e ben consapevole della necessità di una complessiva revisione anche dei relativi standards, aveva rimesso ad una successiva variante – da predisporre nel termine di sei mesi a cura del Comune di Arzano – la definizione del regime urbanistico delle aree stralciate.

Come già anticipato, la Regione Campania ha preteso, invece, che l’intero territorio ricevesse, da subito, una pertinente disciplina urbanistica e, nell’impostazione privilegiata dal suddetto Ente, incombeva sull’organo delegato (id est la Provincia) l’onere di colmare – dopo aver sentito il Comune di Arzano – siffatte lacune; ciò in ragione del fatto che, esaurita la fase di adozione, l’autorità procedente (nella fase di approvazione) andava identificata nella Provincia.

Di contro, il procedimento ha ricevuto nuovo impulso dallo stesso Comune di Arzano che, con delibera della Commissione straordinaria n. 95 dell’11.5.2009, approvava la (nuova) zonizzazione e le norme tecniche di attuazione del P.R.G., che venivano adeguate alle condizioni poste dalla Regione Campania.

Da qui l’iter ha preso nuovamente abbrivio attraverso un’ulteriore interlocuzione con la Provincia (quale organo deputato all’approvazione), di fatto doppiando il procedimento già precedentemente svolto.

Ed, invero, la Provincia di Napoli, con nota n. 694 del 15.5.2009 (i cui contenuti sono riportati nella relazione istruttoria allegata alla deliberazione della commissione straordinaria n. 114/2009), comunicava al Comune che la delibera n. 95/2009 e gli elaborati ad essa allegati non erano conformi alle prescrizioni, rilevando in particolare che:

"1) Non venivano soddisfatti i 18 mq/ab, come richiesti dal D.M. n. 1444/68 per il riequilibrio degli standard mancanti;

2) Nelle Zone D3p, stralciate e riclassificate B2 (sottoposte ad intervento di ristrutturazione urbanistica) non venivano individuate le superfici da destinare a standards di quartiere;

3) Le zone H1p stralciate dovevano essere riclassificate in zona omogenea per attrezzature di quartiere e non in zone F12p Attrezzature ricettive;

4) Nelle zone F10p destinate ad attrezzature tecnologiche – servizi e residenza a servizio delle industrie, stralciate le aree destinate ad alberghi e residence, una quota parte poteva essere riclassificate a standards per compensare la carenza e rendere il P.R. G. conforme alla legge Regionale nr. 14/82".

Pertanto, con delibera della Commissione straordinaria n. 102 del 19.5.2009, l’Ente locale integrava la delibera n. 95 del 11.5.2009.

Tuttavia, il Comune, avendo a sua volta rilevato delle difformità tra la tavola di zonizzazione e le norme tecniche di attuazione delle due delibere sopra citate, con delibera n. 114 del 9.6.2009, annullava le precedenti delibere (nn. 95/2001 e 102/2009) e approvava un nuovo schema di piano.

Tanto premesso, appare di tutta evidenza che, a seguito e per effetto dei rilievi mossi dalla Regione, si è determinata una regressione del procedimento allo stadio iniziale (id est innanzi al Comune di Arzano, quale Ente titolare del potere di pianificazione generale) per la rielaborazione – alla stregua delle coordinate evincibili dalle prescrizioni della Provincia e della Regione – delle aree (già stralciate) rimaste prive di una specifica disciplina urbanistica.

L’opzione concretamente seguita nel procedimento in esame si rivela, dunque, in plateale distonia con il modello legale di riferimento che, come già sopra anticipato, prevede tre ipotesi di possibile conclusione dell’iter di approvazione degli strumenti urbanistici: la prima, di "approvazione" dello strumento; la seconda di "approvazione con modifiche apportate d’ufficio", la terza di "restituzione" ai comuni per la rielaborazione.

Nel caso in esame, si è, invece, realizzata un’evidente distorsione del modello ordinario di procedimento, dal momento che si è proceduto al "completamento" del piano regolatore, ripartendo dallo stadio iniziale (di adozione) attraverso la rielaborazione del progetto di piano curata dalla stesso Comune di Arzano, in dispregio, però, delle forme procedimentali tipiche della fase di adozione.

In tal modo, è rimasta del tutto snaturata la fase di approvazione, cui si è, invece, sovrapposta una nuova iniziativa da parte del Comune di Arzano, sebbene questi avesse già esaurito il proprio potere di impulso, dapprima, elaborando lo schema di piano adottato e, poi, uniformandosi, per silentium, alle modifiche introdotte d’ufficio dalla Provincia di Napoli.

Ne è derivato un effetto di sostanziale restituzione degli atti all’Autorità procedente (il Comune di Arzano), maturata, però, al di fuori delle forme e delle garanzie che, nell’economia della disciplina di settore, governano la fase di (nuova) adozione del piano, nell’ambito della quale si colloca evidentemente la "rielaborazione" che consegue alla formale restituzione degli atti.

Né può essere trascurata, ai suddetti fini, l’incidenza dello ius superveniens rappresentato dalla legge urbanistica regionale n°16/2004, che prescrive, per ogni nuova adozione degli strumenti di pianificazione urbanistica comunale, l’obbligo di prestare ossequio alla nuova disciplina.

Tale disposizione prevede, infatti, che "..gli strumenti di pianificazione urbanistica comunale, adottati e non ancora approvati alla data di entrata in vigore della presente legge, concludono il procedimento di formazione secondo le disposizioni di cui alla disciplina previgente, anche in ordine alla ripartizione delle competenze relative alla loro approvazione".

In definitiva, è pur vero che la regressione del procedimento alla fase di adozione era oramai ineludibile, essendo rimasto il piano (a seguito dei rilievi della Regione Campania), per buona parte, incompleto, di talchè la Provincia non avrebbe potuto direttamente introdurre una nuova disciplina urbanistica delle ampie zone stralciate. Il potere regionale di introdurre modifiche d’ufficio agli strumenti urbanistici non può spingersi, infatti, fino a variare le scelte del Comune circa il mutamento di destinazione di aree e di zone, trattandosi di innovazioni sostanziali (T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 15 giugno 2010, n.2850; T.A.R. Puglia – Bari, sez. II, 13.5.2002, n.2279), dovendo, viceversa, ribadirsi che le scelte di pianificazione urbanistica, che si traducono nell’impressione a determinate aree di una destinazione piuttosto che di un’altra, afferiscono alla discrezionalità amministrativa pura, che pertiene unicamente all’ente locale (T.A.R. Sicilia – Catania, sez. I, n. 706/2007).

Nello schema legale di riferimento delineato dalla disciplina di settore la riedizione (ancorchè parziale) del potere di pianificazione, da parte del Comune, poteva avvenire solo per effetto di una formale restituzione degli atti, cui avrebbe, dunque, dovuto far seguito un nuovo atto di adozione nel rigoroso rispetto degli adempimenti di legge all’uopo prescritti.

Si è efficacemente evidenziato in giurisprudenza che il potere di procedere d’ufficio alla redazione di un nuovo piano regolatore generale oppure di adottare, sempre d’ufficio, un piano parzialmente elaborato o modificato, è legittimamente esercitabile quando sussistano ragioni che ne giustifichino l’esercizio e, dal punto di vista formale, vengano osservate le formalità prescritte dalla legge, con particolare riferimento alla nuova pubblicazione del piano e consequenziale riapertura dei termini per le osservazioni dei proprietari interessati (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 22 maggio 1989, n.347).

A tal riguardo, secondo una consolidata giurisprudenza – da cui la sezione non intende discostarsi – nel procedimento di formazione dei piani regolatori generali, la pubblicazione prevista dall’art. 9 l. 17 agosto 1942, n. 1150 (e dalle corrispondenti norme regionali), è finalizzata alla presentazione delle osservazioni da parte dei soggetti interessati al progetto di piano adottato dal comune, ma non è richiesta, di regola, per le successive fasi del procedimento, anche se il piano originario risulti modificato a seguito dell’accoglimento di alcune osservazioni o di modifiche introdotte in sede di approvazione regionale (cfr. Consiglio di stato, sez. IV, 26 aprile 2006, n.2297; sez. IV, 5 settembre 2003 n. 4980; sez. IV, 4 marzo 2003, n.1197; sez. IV, 20 novembre 2000, n.6178; 20 febbraio 1998, n.301 cit.; 11 giugno 1996, n.777).

Nel diritto vivente si registrano, però, talune eccezioni, ben messe in risalto da un autorevole orientamento del Giudice d’appello (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 26 aprile 2006, n.2297).

In una prima ipotesi, dall’accoglimento delle osservazioni formulate dai privati, comportanti una profonda deviazione dai criteri posti a base del piano adottato, si fa discendere una modifica immediata del testo del piano stesso; nel qual caso si dovrà fare luogo a nuova pubblicazione ed alla conseguente raccolta delle ulteriori osservazioni (cfr. ex plurimis, sez. IV, 5 settembre 2003, n.4980; sez. IV, 20 novembre 2000, n.6178).

In altre ipotesi, la delibera comunale di controdeduzioni può non implicare volontà di modifica immediata del piano regolatore, ma solo accettazione delle richieste e proposta di modifiche d’ufficio rivolta alla regione; per cui non occorrerà nuova pubblicazione, con la conseguenza che il testo del piano agli effetti di salvaguardia, sarà quello adottato con la prima deliberazione, ancorché destinato ad essere modificato (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 20 febbraio 1998, n.301).

Viceversa, se il comune, controdeducendo alle proposte di modifica regionali, introduce variazioni rilevanti al piano adottato, la delibera si presenta come una sostanziale nuova adozione che necessita di pubblicazione (cfr. sez. IV, 5 settembre 2003 n. 4980; sez. IV, 20 novembre 2000, n. 6178; sez. IV, 20 febbraio 1998, n.301 cit.; 27 marzo 1995, n.206).

Ciò vale viepiù nei casi – com’è quello di specie – in cui difetta, a monte, una proposta di modifica da parte della Regione (ovvero dell’Ente delegato), che, dopo aver semplicemente stralciato ampie zone dallo schema di piano adottato, si limita a rimettere al Comune l’iniziativa per la rielaborazione della relativa disciplina urbanistica.

E’ necessario soggiungere che tale soluzione s’impone se si tiene, altresì, conto della natura delle modifiche medio tempore intervenute, senza mai trascurare il dato – di per se stesso rilevante – che le variazioni introdotte risultano apportate dallo stesso Comune a seguito della già evidenziata (irrituale) regressione del procedimento di pianificazione.

Anche sotto tale diverso profilo giova richiamare i consolidati arresti della giurisprudenza di settore (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 26 aprile 2006, n.2297): com’è noto, occorre distinguere a seconda della natura e della rilevanza delle modifiche. Le modifiche obbligatorie – in quanto riconosciute indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, l’adozione di standards urbanistici minimi – non danno luogo a ripubblicazione; mentre quelle facoltative – che consistono in innovazioni non sostanziali – e le concordate – ossia conseguenti all’accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate dal comune – se superano il limite del rispetto dei canoni guida del piano adottato obbligano il comune alla ripubblicazione (cfr. in termini sez. IV, n.1197 del 2003 cit.).

Sul punto, è sufficiente fare rinvio alle considerazioni già svolte sulla significativa incidenza dell’opera di nuova classificazione delle aree stralciate rispetto agli equilibri complessivi del piano, nuova classificazione che, avuto riguardo alle stesse motivazioni evincibili dagli atti scrutinati, non appare riconducibile a nessuna delle ipotesi tipizzate sopra richiamate.

Opinare diversamente – e, dunque, ritenere legittima una rielaborazione (ancorchè parziale) del piano senza che ad essa segua la ripubblicazione – significherebbe ammettere come evenienza fisiologica del procedimento di pianificazione urbanistica il sacrificio incondizionato degli interessi privati antagonisti, con integrale vanificazione delle facoltà, pur espressamente riconosciute dalla disciplina di settore, di partecipazione al suddetto procedimento.

Tanto basta ai fini dell’accoglimento del ricorso con assorbimento delle residue censure non scrutinate.

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va accolto e, per l’effetto, s’impone l’annullamento degli atti impugnati.

Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto, la Regione Campania e la Provincia di Napoli vanno condannate al pagamento, in solido, delle spese processuali, complessivamente liquidate in Euro 1.500 (millecinquecento).
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, come integrato dai motivi aggiunti, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Condanna la Regione Campania e la Provincia di Napoli al pagamento, in solido, delle spese processuali, complessivamente liquidate in Euro 1.500 (millecinquecento).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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