Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-11-2010) 09-03-2011, n. 9643 Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’ordinanza impugnata, in parziale riforma dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Palermo in data 14.8.2010, veniva revocata la misura cautelare della custodia in carcere applicata nei confronti di M.A. limitatamente ai reati di:

– associazione con S.V., S.G., S.P., S.A., R.G. e Mi.Vi. a fine di traffico di cocaina, alla quale il M. avrebbe partecipato fornendo con il Mi. lo stupefacente a S.V., provvedendo alla vendita dello stupefacente ai singoli acquirenti di S.P. dopo l’arresto di questi e detenendo a tal fine il telefono cellulare del predetto in (OMISSIS) (capo A).

– associazione con I.V., Mi.Vi., E.B.S., C.F., C.F., I.G., M.G., D.P.D., P.A., C.P., P.D., T.P., M.I., A.B., G. E., T.N., D.F.S. e i minori M. C., R.V. e L.M.S. a fine di traffico di cocaina e hashish, alla quale il M. avrebbe partecipato operando con il Mi. organizzando la distribuzione dello stupefacente ai venditori e provvedendo altresì alla vendita ed alla consegna al dettaglio della cocaina ed alla ricezione dei pagamenti dai venditori in (OMISSIS) (capo B);

– acquisto, trasporto e detenzione, in concorso con I. V., Cu.Fa. e Mi.Vi., di quantitativi di cocaina ed hashish, uno dei quali corrispondente a kg.25 circa della seconda sostanza, e cessione degli stessi a terzi in (OMISSIS) (capo B1);

Il ricorrente lamenta:

1. illogicità e contradeittorietà della motivazione in merito alla declaratoria di inutilizzabilità dei decreti di intercettazione relativamente ai reati di cui ai capi B e B1;

2. carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione sulla ritenuta mancanza di gravi indizi in ordine al reato di cui al capo A.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso, relativo alla inutilizzabilità dei decreti di intercettazione relativamente ai reati di cui ai capi B e B1, è infondato.

Con l’ordinanza impugnata si osservava in proposito che nell’ambito del separato procedimento di riesame relativo alla posizione del coindagato I. risultava accertata la mancanza agli atti del verbale di inizio delle operazioni di intercettazione telefonica, il che determinava incertezza sul luogo di svolgimento delle operazioni e di prima registrazione delle intercettazioni e la conseguente impossibilità di ritenere provato che dette attività si fossero svolte con l’utilizzo degli impianti esistenti presso la Procura della Repubblica.

Il ricorrente rileva che nel citato procedimento nei confronti dell’ I., con sentenza della Corte di Cassazione n. 602 del 22.4.2010, era stata accertata la tempestiva trasmissione alla Procura della Repubblica procedente delle lettere di inizio delle operazioni, coincidenti con i verbali di apertura delle intercettazioni, sulla cui presenza agli atti la Corte non aveva avanzato rilievi formali limitandosi ad osservare che gli stessi non risolvevano la questione dell’individuazione del luogo di registrazione delle intercettazioni; che dai verbali di inizio e conclusione delle operazioni si dava atto di come le stesse si fossero svolte con la procedura tecnica del riascolto remotizzato, ritenuta legittima dalla citata sentenza n. 602, per la quale la prima registrazione delle intercettazioni veniva effettuata con gli impianti esistenti presso la Procura, come peraltro disposto nei decreti autorizzativi emessi in via d’urgenza dal pubblico ministero, mentre il riascolto e la trascrizione delle conversazioni avvenivano presso le strutture della Compagnia dei Carabinieri, circostanza emergente dai verbali di trascrizione delle intercettazioni; che con sentenza n. 940 del 6.7.2010 emessa sempre in relazione allo stesso procedimento penale dalla Sesta Sezione di questa Corte si era stabilito che i verbali di inizio e conclusione delle operazioni erano viziati da confusione fra l’ascolto e la verbalizzazione delle conversazioni e la loro registrazione; e che pertanto erroneamente l’ordinanza impugnata riteneva non identificato nella Procura il luogo di esecuzione delle operazioni.

Occorre premettere che effettivamente l’uso della tecnica del riascolto remotizzato, alla quale il ricorrente fa riferimento, non richiede la procedura autorizzativa di cui all’art. 268 c.p.p., comma 3, a condizione tuttavia che la registrazione delle telefonate intercettate, ossia la loro immissione nella memoria informatica centralizzata a disposizione degli operanti presso l’apposito server, avvenga per mezzo degli impianti installati presso la Procura della Repubblica, irrilevante essendo il successivo trasferimento dei dati su supporti che consentano di effettuarne il riascolto e la verbalizzazione presso gli uffici della polizia giudiziaria (Sez. U, n.36359 del 26.6.2008, imp. Carli, Rv. 240395).

E’ peraltro opportuno rammentare altresì che nella citata decisione n. 602 del 22.4.2010, emessa da questa stessa Sezione nella procedura relativa alla posizione del coindagato I.V., ben lungi da porre in discussione il principio appena riportato, si osservava come la contraddittorietà degli elementi risultanti agli atti rendeva impossibile stabilire se nel caso di specie fosse stata realmente utilizzata la tecnica del riascolto remotizzato nelle descritte forme legittimanti la mancata autorizzazione all’esecuzione delle operazioni presso impianti esterni; e come in particolare tale assunto fosse sostenuto unicamente dalle note dei Carabinieri operanti e della ditta Area, fornitrice delle attrezzature impiegate, pervenute dopo oltre due anni dai fatti ed a seguito di richiesta del pubblico ministero, mentre per altro verso nelle missive di inizio del servizio di intercettazione e nei verbali delle di chiusura delle operazioni, redatti all’epoca, si riferiva dello svolgimento presso gli uffici della polizia giudiziaria delle attività di ascolto delle conversazioni.

Ciò posto, è agevole notare come la motivazione del provvedimento impugnato si ponga, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, nel solco della riportata decisione di questa sezione sulla stessa materia, evidenziando la mancanza in atti del dato decisivo rappresentato dai verbali di inizio delle operazioni di intercettazione.

Questa carenza non è in alcun modo colmata dai rilievi del ricorrente, il quale si limita a riproporre riferimenti ai dati già individuati dalla precedente decisione come insufficienti a superare le emergenze contrarie. In particolare, l’accenno ai decreti autorizzativi emessi in via d’urgenza dal pubblico ministero non sfugge all’osservazione correttamente formulata nella precedente decisione in ordine alle missive di inizio del servizio, relativa all’essere detti atti relativi ad attività ancora da compiersi e come tali inidonei a comprovare il luogo di effettivo svolgimento delle operazioni a fronte della presenza di elementi di segno contrario. Quanto ai verbali di trascrizione delle intercettazioni, quelli esistenti agli atti fanno espresso riferimento ad un’attività di "riascolto e trascrizione" delle conversazioni, il che, se colloca detta attività presso gli uffici della polizia giudiziaria, non per questo consente di affermare con sicurezza che le precedenti operazioni di registrazione ed ascolto si siano svolte nella diversa sede dei locali a disposizione della Procura della Repubblica; anche detti atti non risultano dunque risolutivi, nella segnalata situazione di contraddittorietà documentale, rispetto a quella che ancora una volta si appalesa come l’insuperabile carenza del dato attestativo tipico rappresentato dai verbali di inizio delle operazioni.

Ma, oltre a queste già decisive considerazioni, vi è da aggiungere che dagli atti di polizia giudiziaria allegati al procedimento n. 38431/10, relativo ad analogo ricorso presentato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo per la posizione del coindagato Ci.Pl. e fissato per la trattazione all’odierna udienza, emergono elementi che contrastano con la tesi del ricorrente. In diverse richieste di proroga delle intercettazioni, particolarmente significative in quanto emesse nel pieno svolgimento dell’attività, è invero presente un riferimento generale ed indifferenziato all’esecuzione delle operazioni negli uffici del Comando dei Carabinieri; e in una richiesta di proroga nei confronti del M.. In data 22.9.2007 compare addirittura un testuale accenno alla "registrazione ed al riascolto" di conversazioni quali operazioni eseguite presso il suddetto Comando.

La declaratoria di inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni telefoniche in esame risulta dunque sorretta da una motivazione che non è in alcun modo inficiata nella sua coerenza e logicità dalle argomentazioni del ricorrente.

2. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso, relativo alla ritenuta mancanza di gravi indizi in ordine al reato di cui al capo A. Con l’ordinanza impugnata, premesso che gli elementi a carico del M. emergevano dalle intercettazioni effettuate nell’ambiente carcerario, si osservava che nei colloqui fra S.V. e i suoi familiari vi erano frequenti riferimenti al V., nome del Mi., ma il M. veniva nominato una sola volta come accostato al V. allorchè S.G. portava ai padre i saluti degli stessi, risultando altresì dal tenore della conversazione che il telefono cellulare di S.P. era stato consegnato al V.; che nei colloqui di S.P. i riferimenti a rapporti illeciti con il M. non erano indicativi. In quanto nei passaggi importanti gli interlocutori si riferivano comunque al V.; che nei colloqui fra il M. ed il nipote M.C. si evidenziavano pressanti richieste di scarpe e vestiti griffati da far pervenire al detenuto, delle quali il Cr. avrebbe dovuto farsi latore presso il V., e dal complesso delle conversazioni emergeva una cointeressenza fra il M. ed il V. nel traffico dello stupefacente, in particolare laddove il M. mostrava di temere ulteriori attività investigative e raccomandava un’accurata verifica dell’autovettura usata dal V. e M.C. si occupava in prima persona del recupero dei proventi dello spaccio, ma da ciò non emergeva uno stabile inserimento del M. nel sodalizio criminale.

Il ricorrente rileva che il Tribunale non prendeva in considerazione altri elementi emergenti dalle intercettazioni, in particolare i riferimenti in una conversazione del 6.8.2007 al M. quale soggetto che aveva acquisito con il V. i crediti derivanti dall’attività di spaccio di S.P. per pagare il debito di questi nei confronti del V. ed in conversazioni del 20.8.2007 e del 27.8.2007 a richieste di S.P., dopo l’arresto di P.D., di notizie sull’attività di recupero di denaro svolta dal V. e dal M., e le circostanze dell’essere l’utenza cellulare del S. utilizzata indifferentemente dal V. e dal M. e dell’essersi il Mi. preoccupato per il mantenimento di quest’ultimo dopo il di lui arresto.

Gli elementi indicati dal ricorrente non sono tuttavia tali da modificare sensibilmente il quadro indiziario oggetto della motivazione del provvedimento impugnato, che già svolgeva le sue considerazioni sul presupposto dell’accertato di collaborazione fra il Mi. ed il M. nello svolgimento dell’attività criminosa. Nel valutare detto rapporto, il Tribunale riteneva di non attribuire allo stesso valenza adeguatamente indicativa di uno stabile inserimento del M. nel contesto associalo; e tanto con motivazione che non appare inficiata da aspetti di manifesta illogicità o contraddittorietà. Le considerazioni svolte nel ricorso non sono per quanto detto idonee ad incrinare la coerenza del provvedimento, risolvendosi unicamente nella prospettazione di una diversa lettura del dato sostanziale già esaminato con il provvedimento oggetto di ricorso, provvedimento che non presenta dunque vizi censurabili in questa sede. Il ricorso deve in conclusione essere rigettato.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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