T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 08-03-2011, n. 234 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 23.10.2001, tempestivamente depositato, la deducente impugna il provvedimento 26.1.2002, n. 26 con cui il Dirigente Ripartizione Urbanistica del Comune di Fondi ha disposto l’annullamento della concessione edilizia n. 3752 del 20.4.2000, denunciandone l’illegittimità: 1) per violazione dell’ art 7 della L. 7.8.1990, n. 241; 2) eccesso di potere per difetto di motivazione.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio, resistendo all’impugnativa.

In occasione della camera di consiglio del 15.5.2001 la Sezione accoglieva la proposta domanda incidentale con ordinanza n. 421.

Successivamente, all’udienza del 10.2.2011, la causa è stata trattenuta a sentenza.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Osserva, preliminarmente, il Collegio che la legittimità dell’esercizio del potere di autotutela deve essere vagliata alla luce dei principi fissati dalla legge sul procedimento amministrativo, come da ultimo novellata dalla legge 11.2.2005, n. 15, con cui è stato introdotto il capo IV bis alla legge 7.8.1990, n. 241, nel quale figura l’art. 21 nonies, avente ad oggetto l’annullamento d’ufficio.

Con le menzionate disposizioni il Legislatore ha dettato, per la prima volta, norme generali in tema di legittimità dei provvedimenti amministrativi e degli effetti conseguenti alla violazione da parte di questi di norme giuridiche, completando il quadro con una previsione ad hoc per l’autotutela amministrativa, in parte recependo l’indirizzo consolidatosi nella giurisprudenza del Consiglio di Stato in persistente assenza di una disciplina legislativa.

Secondo quanto stabilito dall’art. 21 nonies il provvedimento di annullamento in autotutela è, infatti, adottabile per ragioni d’interesse pubblico entro un termine ragionevole, ma tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, restando in ogni caso convalidabile, sussistendo ragioni d’interesse pubblico, egualmente entro un termine ragionevole.

La locuzione utilizzata dal Legislatore rende manifesto che l’esercizio del potere di autotutela resta catalogato nel quadro della riserva amministrativa ed è dunque affidato al meditato apprezzamento dell’Amministrazione, chiamata a valutare entro un termine ragionevole le ragioni di pubblico interesse, peraltro non precisate dall’art. 21 nonies, che richiede invece all’Amministrazione di dar corso alla graduazione fra l’interesse pubblico e gli "interessi dei destinatari e dei controinteressati".

Sotto un primo aspetto appare dubbio che la norma in questione abbia confermato la necessità di un concorrente interesse pubblico attuale ad annullare, quale presupposto dell’autotutela in stretta connessione con il dovere di ripristino della legalità violata, come predicato dal costante indirizzo del Consiglio di Stato (cfr., sez. V, 20.5.2008, n. 2364 e 6.12.2007, n. 6252): l’esercizio del potere trova, infatti, il limite positivamente tracciato dal "ragionevole" termine di adozione della relativa statuizione, il che induce ad affermare che, fermo il rispetto del relativo termine, il ripristino della legalità non subisca alcuna preclusione di tale natura (sulla portata generale del principio del "tempo ragionevole" cfr., C.d.S., sez. V, 4.3.2008, n. 814).

Ciò detto, con il primo motivo dedotto, la ricorrente lamenta il difetto di istruttoria, assumendo che la mancata partecipazione al procedimento avrebbe precluso la possibilità per l’Amministrazione comunale, di vagliare soluzioni alternative scaturenti dal contraddittorio procedimentale.

Detto ordine d’idee deve essere pienamente condiviso.

Osserva, al riguardo, il Collegio che, alla stregua di una risalente giurisprudenza del Consiglio di Stato, che la Sezione integralmente condivide, la comunicazione dell’inizio del procedimento deve essere inviata in tempo utile al soggetto interessato, così da permettergli di presentare le proprie osservazioni in una fase tuttora preparatoria, nella quale, cioè, siano potenzialmente aperte tutte le possibile opzioni: e ciò proprio al fine di evitare che l’intervento spiegato assolva un ruolo pressoché esclusivamente formale senza alcuna reale incidenza sia sull’eventuale istruttoria da espletare sia sull’individuazione degli interessi pubblici e privati coinvolti sia, infine, sulla loro finale graduazione da parte della procedente Autorità per il perseguimento del poziore interesse pubblico (Cons. Stato Sez. V 5.6.1997, n. 603; 2.2.1996, n. 132).

L’omessa comunicazione d’avvio del procedimento preordinato all’annullamento tutorio è rilevante nella specie, per la circostanza – direttamente incidente sul piano della dialettica procedimentale – che l’istante avrebbe potuto concorrere ad orientare l’azione della pubblica amministrazione in sede di esercizio del potere di autotutela.

In definitiva deve affermarsi che, alla stregua di quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 25.10.2000, n. 437 sia rimasta nella specie frustrata nella svolta procedura di secondo grado davanti alla Amministrazione comunale la possibilità di un’effettiva fase istruttoria nel corso della quale l’interessato potesse interloquire con la procedente Amministrazione comunale, produrre se del caso ulteriore documentazione a supporto delle proprie ragioni.

In tal senso, del resto, si è costantemente mossa la giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha reiteratamente posto in evidenza la necessità che gli interessati siano in grado di contraddire all’interno del procedimento amministrativo, fermo l’obbligo della Amministrazione di meditata valutazione di tutti i contributi a tal fine presentati (cfr. Sez. VI 29.2.2002, n. 2983; Ad. plen. 15.9.1999, n. 14), chiarendo ulteriormente che l’omissione del prescritto avviso coincide senza riserve con la sua tardiva comunicazione: anche in questo caso, infatti, l’assolvimento dell’obbligo ha rilievo soltanto formale, restando privo di effetti sul piano della dialettica endoprocedimentale.

La dedotta censura è dunque fondata e la violazione del generalissimo principio del partecipazione procedimentale da parte del comune di Fondi.

In conclusione il ricorso deve essere accolto con il conseguente annullamento degli atti citati in epigrafe.

Le spese, i diritti e gli onorari di difesa seguono la soccombenza e possono essere liquidati, in difetto di produzione di nota spese, in complessivi Euro 2.000,00, oltre ad oneri di legge
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto di revoca impugnato.

Condanna il Comune di Fondi a corrispondere alla parte ricorrente la somma di Euro 2.000,00, oltre ad I.V.A. e C.P.A., a titolo di spese, diritti ed onorari di difesa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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