Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-11-2010) 09-03-2011, n. 9621 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza della Corte di Appello di Potenza in data 22.3.2007 R.S. veniva condannato alla pena di mesi quattro di arresto per il reato di violazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel Comune di Pignola, commesso nei giorni 21, 22 e 23 novembre 2006, a seguito di riqualificazione come contravvenzione del fatto contestato quale delitto in considerazione dell’essersi l’imputato allontanato dall’abitazione ma non anche dal territorio del Comune.

Detta pronuncia veniva annullata con sentenza della Corte di Cassazione in data 18.2.2008, con la quale si osservava che la modifica della norma incriminatrice di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 9 a seguito della L. n. 155 del 2005 imponeva di qualificare come delitto qualsiasi violazione della misura nei casi in cui alla stessa si aggiungeva la prescrizione dell’obbligo di soggiorno.

Con la sentenza impugnata, pronunciata a seguito di rinvio dalla cassazione, il R. veniva condannato, in riforma della sentenza del Tribunale di Potenza in data 4.12.2006, alla pena di anni uno di reclusione per il delitto come originariamente contestato.

Il ricorrente lamenta:

1. violazione della L. n. 1423 del 1956, art. 9 in ordine alla configurabilità nel fatto dell’ipotesi delittuosa di cui al comma 2 piuttosto che di quella contravvenzionale di cui al comma 1;

2. carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione sulla determinazione della pena.
Motivi della decisione

1. Va preliminarmente osservato che il ricorso risulta tardivamente presentato. In effetti la sentenza impugnata veniva pronunciata il 10.11.2008 alla presenza dell’imputato senza che venisse disposto un termine diverso da quello ordinano per il deposito della motivazione, avvenuto poi regolarmente. Il termine per proporre il ricorso scadeva dunque al 25.12.2008; mentre il ricorso veniva in concreto presentato solo il 12.1.2009. Il che costituisce causa di inammissibilità del gravame.

2. I motivi di ricorso sono peraltro generici e comunque manifestamente infondati.

Quanto al primo di essi, relativo alla ravvisabilità dell’ipotesi contravvenzionale di cui al comma 1, il ricorrente rileva che gli orientamenti giurisprudenziali sulla riconducibilità delle condotte del genere di quella contestata alla fattispecie delittuosa non sono univoci, e che siffatta qualificazione risulta in concreto abrogante rispetto alla fattispecie di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 9, comma 1 e comporta l’inflizione di una pena sproporzionata in raffronto alla più mite sanzione prevista per il reato di evasione dalla misura degli arresti domiciliari, in contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost.. Detto motivo si pone in evidente contrasto con il principio di diritto affermato da questa Corte nel caso di specie con la decisione di annullamento con rinvio alla quale seguiva la sentenza oggi impugnata, che pertanto doverosamente si conformava a detto principio. A parte questo già decisivo rilievo, il principio di cui sopra corrisponde, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, all’orientamento giurisprudenziale ormai di gran lunga prevalente (Sez. 1, n. 1485 del 21.12.2005, imp. Manno, Rv. 233436;

Sez. 1, n. 2217 del 13.12.2006, imp. Laurendino, Rv. 235899; Sez. 1, n. 47766 del 6.11.2008, imp. Lungari, Rv. 242748; contra Sez. 1, n. 14526 del 13.1.2006, imp. Vulcano, Rv. 233936); appare coerente con il testo normativo, che riferisce la violazione, anche nella fattispecie delittuosa, genericamente agli obblighi ed alle prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno, e non in particolare a queste ultime imposizioni; non elide assolutamente l’area di operatività della fattispecie contravvenzionale di cui al comma 1, dell’art., corrispondente alle violazioni delle misure disposte senza prescrizioni aggiuntive in tema di soggiorno; e non crea alcuna sproporzione rilevante rispetto al trattamento sanzionatorio previsto per la violazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, attesa la diversità sostanziale e funzionale degli istituti a cui le richiamate ipotesi criminose rispettivamente attengono.

Per ciò che riguarda poi il motivo relativo alla determinazione della pena, la mera asserzione del ricorrente, per la quale la relativa disposizione della sentenza impugnata non sarebbe giustificata nella individuazione di una sanzione superiore al minimo edittale, non tiene conto della motivazione della sentenza, con la quale la pena veniva ritenuta congrua con riguardo alla personalità dell’imputato ed ai precedenti penali dello stesso.

Il ricorso deve in conclusione essere dichiarato inammissibile, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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