Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 24-11-2010) 09-03-2011, n. 9425 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il GIP presso il Tribunale di Catania applicava la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di V.G. per violazione della legge sugli stupefacenti. Proponeva riesame l’indagato ed il Tribunale della libertà di Catania rigettava il gravame. Il Tribunale predetto riteneva sussistenti a carico dell’indagato gravi indizi alla luce delle seguenti circostanze: 1) il V. era stato tratto in arresto in flagranza di reato posto che, in occasione di attività di controllo della Polizia Giudiziaria, anche in conseguenza di indicazioni ricevute da fonte confidenziale, era stato visto disfarsi, gettandolo dalla finestra della propria abitazione, di un marsupio al cui interno gli agenti operanti avevano poi rinvenuto 26 dosi di cocaina per un peso lordo di circa 5 grammi, un bilancino di precisione ed una banconota da 20,00 Euro; 2) all’interno dell’abitazione, dove il V. era in stato di detenzione domiciliare, gli investigatori avevano poi rinvenuto un’ulteriore somma di Euro 50,00. Quanto alle esigenze cautelari, i giudici del riesame sottolineavano gli elementi ritenuti rivelatori del concreto pericolo di recidiva, evidenziando in particolare, quali indici di un giudizio prognostico sfavorevole, i seguenti elementi: a) le modalità del fatto; b) la negativa personalità dell’indagato, gravato da numerosi precedenti penali per reati contro il patrimonio, ed in stato di custodia agli arresti domiciliari per violazione della legge sugli stupefacenti; c) la palese inadeguatezza di una misura cautelare meno affittiva della custodia in carcere, avendo il V. commesso il fatto, per il quale era stato tratto in arresto, proprio mentre si trovava in regime di detenzione domiciliare; d) la insussistenza dei presupposti per un’eventuale concessione della sospensione condizionale della pena, in caso di condanna, apparendo ostativi a tale beneficio i plurimi precedenti a carico.

Ricorre per cassazione il V. deducendo, con generiche argomentazioni, vizio motivazionale in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza – sull’asserito rilievo che vi sarebbe stato travisamento della prova – nonchè relativamente alla valutazione delle esigenze cautelari. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto basato su doglianze – peraltro dedotte con formulazioni del tutto generiche e meramente enunciative – che attengono ad apprezzamenti di merito e tendono sostanzialmente ad una rivalutazione delle risultanze non consentita nel giudizio di legittimità. Giova sottolineare che nel procedimento incidentale "de libertate", una volta accertata la coerenza logica delle argomentazioni seguite dal giudice di merito, non è consentito alla Corte di Cassazione prendere in considerazione, sotto il profilo del vizio di motivazione, la diversa valutazione delle risultanze probatorie prospettata dal ricorrente, essendo rilevabili, in sede di giudizio di legittimità, esclusivamente quei vizi argomentativi che siano tali da incidere sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso motivazionale, svolto nel provvedimento, e non sul contenuto della decisione (in tal senso, tra le tante, Sez. 1, N. 6383/98, RV. 209787, e Sez. 1, N. 1083/98, RV. 210019). Nella concreta fattispecie il Tribunale del riesame ha specificamente indicato le ragioni poste a base della ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, con gli argomenti sopra sinteticamente ricordati. Orbene, dovendo questa Corte limitarsi al controllo dell’ "iter" argomentativo seguito dal giudice nel provvedimento impugnato, senza procedere ad alcuna valutazione di merito, risultano del tutto infondate le censure mosse all’ordinanza, oggetto del ricorso, che deve ritenersi dunque caratterizzata da motivazione adeguata e priva di qualsiasi connotazione di illegittimità. Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr.

Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00 (mille).

La Cancelleria provvedere alla comunicazione di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito nell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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