T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 08-03-2011, n. 2085 Bando del concorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 24 ottobre 2007, ha conferito l’Ufficio Direttivo di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pinerolo, a sua domanda, al dott. G.A., magistrato di quinta valutazione di professionalità ed attualmente sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, con il contestuale conferimento delle funzioni direttive requirenti di primo grado.

Di talché, il ricorrente – magistrato in servizio presso il Tribunale Ordinario di Torino, ritenuto non più legittimato alla procedura concorsuale in quanto, ai sensi dell’art. 13 d.lgs. 160/2006, incorre nel divieto di mutamento di funzioni, da giudicante a requirente, nell’ambito della medesima Provincia – ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 51 e 105 Cost., dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, dell’art. 192 dell’ordinamento giudiziario adottato con R.D. 12/1941 e s.m.i., dell’art. 10 l. 195/1958 e s.m.i., degli artt. 1 e 2 l. 150/2005, dell’art. 3 d.lgs. 20/2006, dell’art. 13 d.lgs. 160/2006 e s.m.i. nonché degli artt. 3 e ss. l. 241/1990 e s.m.i. Violazione dei principi della irretroattività e del tempus regit actum. Violazione del principio della par condicio nelle procedure concorsuali. Difetto assoluto di attribuzione. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti; difetto di istruttoria e di motivazione; ingiustizia grave e manifesta; disparità di trattamento; illogicità; perplessità; sviamento.

Il CSM ha ritenuto che il disposto di cui all’art. 13, co. 4, d.lgs. 160/2006, nel testo modificato dalla l. 111/2007, sia immediatamente applicabile a tutte le fattispecie relative a passaggi di funzioni, applicandolo anche alle procedure di incarichi in itinere, sebbene bandite prima dell’entrata in vigore delle disposizioni di riforma dell’ordinamento giudiziario.

La norma in questione, invece, sarebbe allo stato inapplicabile, soprattutto per le procedure di progressione bandite prima dell’entrata in vigore della legge, atteso che la sua attuazione presupporrebbe l’avvenuta attivazione dei corsi di qualificazione professionale dei magistrati e l’indizione di concorsi pubblici per titoli ed esami allo stato non ancora avviati.

Con interpretazione additiva, il CSM avrebbe introdotto una disciplina transitoria per tutte le procedure già bandite ed avviate al momento di entrata in vigore della riforma dell’ordinamento giudiziario e nelle more della sua attuazione.

Con l’approvazione delle "direttive generali", il CSM non avrebbe realizzato il fine della legge, risultando a tutt’oggi possibili e legittimi i tramutamenti di incarichi in ambito regionale a prescindere dalla natura delle funzioni esercitate; in tal modo l’organo di autogoverno avrebbe leso i legittimi interessi di soggetti, tra cui il ricorrente, che avevano in buona fede optato per un incarico all’interno del medesimo distretto provinciale.

Nella fattispecie di concorso per l’accesso ad uffici pubblici, il principio di immediata applicabilità dello ius superveniens alle procedure in corso andrebbe contemperato con il principio dell’intangibilità del bando di gara, costituente lex specialis della selezione, per cui lo ius superveniens potrebbe trovare applicazione immediata soltanto nei casi in cui non risulti in contrasto con il bando. Per poter applicare anche alle selezioni già bandite i principi della novella legislativa nella materia, il CSM avrebbe avuto l’onere di revocare il precedente bando, qualora concretamente possibile, sostituendolo con altro nuovo, reso conforme alla disciplina sopravvenuta.

Non sarebbero comprensibili le ragioni per le quali la Quinta Commissione avrebbe proposto il ricorrente per l’ufficio direttivo in tre sedute senza tuttavia mai sottoporre la candidatura all’esame del plenum ed anzi ritornando costantemente sulla propria decisione, mentre, una volta escluso il ricorrente dalla procedura, la Commissione competente avrebbe immediatamente sottoposto la proposta di nomina del controinteressato al plenum.

L’Avvocatura Generale dello Stato si è costituita in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.

Il ricorrente ha depositato altra memoria a sostegno ed illustrazione delle proprie ragioni.

All’udienza pubblica del 26 gennaio 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. Il ricorso è infondato e va di conseguenza respinto.

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 24 ottobre 2007, ha conferito l’Ufficio Direttivo di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pinerolo, a sua domanda, al dott. G.A., mentre il dott. G.C. è stato ritenuto non più legittimato alla procedura concorsuale in quanto, ai sensi dell’art. 13 d.lgs. 160/2006, incorre nel divieto di mutamento di funzioni – da giudicante a requirente – nell’ambito della medesima Provincia.

Nella precedente seduta del 4 ottobre 2007, il CSM ha adottato le "direttive generali in relazione all’applicazione dell’art. 13 del D.Lgs. 160/06 come modificato dalla Legge 111 del 30 luglio 2007 ai procedimenti di nomina per uffici direttivi e semidirettivi in corso alla data del 31 luglio 2007".

In tali direttive, il CSM ha evidenziato, tra l’altro, che l’assenza di una norma transitoria, disciplinante la sorte dei numerosi procedimenti in corso, impone di verificare autonomamente l’applicabilità della nuova legge anche ai concorsi già banditi e, esaminate approfonditamente le varie alternative, ha adottato criteri secondo cui l’applicabilità dello ius superveniens, nell’ambito delle procedure concorsuali in itinere, trova il solo limite dell’intangibilità delle situazioni giuridiche ormai definite con la conseguenza che, ove la procedura di concorso si divida in fasi coordinate, la nuova norma può trovare applicazione per le fasi che all’atto della sua entrata in vigore non siano ancora state realizzate, tenendo presente che comunque la nuova legge dovrebbe avere applicazione immediata in tutte le ipotesi in cui non sia esaurita la fase dispositiva, restando esclusa la possibilità di emettere un provvedimento finale in contrasto con le disposizioni di legge immediatamente ed autonomamente applicabili.

Nelle "direttive generali", il CSM ha fatto presente che, dall’esame della norma di cui all’art. 13, co. 4, d.lgs. 160/2006, emerge con chiarezza un divieto assoluto per il passaggio da funzioni giudicanti a requirenti e viceversa, all’interno del medesimo circondario e della stessa provincia (nonché per i trasferimenti in secondo grado all’interno del distretto); la disposizione, infatti, prosegue l’organo di autogoverno, assume carattere obiettivo poiché prescinde dalla individuazione o determinazione di ulteriori elementi in fatto e non incide sui presupposti soggettivi della domanda, rappresentando una norma interdittiva e autonomamente ed immediatamente applicabile.

Di talché, il CSM ha ritenuto non più legittimato alla procedura concorsuale il dott. G.C. che, ai sensi dell’art. 13, co. 4, d.lgs. 160/2006, incorre nel divieto di mutamento di funzioni, da giudicante a requirente, nell’ambito della medesima Provincia.

Il Collegio rileva che l’art. 13, co. 3 e 4, d.lgs. 160/2006 ha disciplinato in maniera dettagliata e puntuale il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti e viceversa.

La nuova disciplina delle incompatibilità, in particolare, vieta il passaggio di funzioni all’interno dello stesso distretto ovvero all’interno di altri distretti della stessa regione.

Tale divieto non si applica solo nel caso in cui il magistrato che chiede il passaggio a funzioni requirenti abbia svolto negli ultimi cinque anni funzioni esclusivamente civili o del lavoro ovvero nel caso in cui il magistrato chieda il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, ove vi siano posti vacanti, in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro; in tali casi, peraltro, il tramutamento di funzioni può realizzarsi soltanto in un diverso circondario ed in una diversa provincia rispetto a quelli di provenienza.

La Sezione ha già avuto modo di chiarire che, correttamente, nelle sue direttive generali, l’organo di autogoverno muove dall’assunto secondo cui, per giurisprudenza consolidata, la normativa sopravvenuta deve trovare di regola applicazione anche ai procedimenti concorsuali in itinere, a meno che non esista una difforme disposizione transitoria (T.A.R. Lazio, Roma, I, 3 febbraio 2009, n. 1024).

Per quanto concerne il divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti all’interno dello stesso distretto non è stato previsto alcun differimento dell’entrata in vigore della norma né alcun regime transitorio, secondo una valutazione rientrante nella insindacabile discrezionalità del legislatore.

Ne consegue che la norma è immediatamente applicabile e deve operare anche per le procedure concorsuali in itinere, vale a dire per tutte le procedure per le quali la determinazione conclusiva del procedimento non sia stata ancora adottata.

Sulla base di tale iter argomentativo devono essere disattese le censure proposte dal ricorrente.

La legittimità di un provvedimento amministrativo, infatti, deve essere apprezzata con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, secondo il principio del tempus regit actum, e l’applicabilità dello ius superveniens nell’ambito della procedura concorsuale in itinere incontra il solo limite dell’intangibilità delle situazioni giuridiche ormai definite, sicché, ove la procedura di concorso si divida in varie fasi coordinate, ma dotate di una certa autonomia, la nuova norma può trovare applicazione per le fasi che all’atto della sua entrata in vigore non siano state ancora realizzate, mentre l’applicazione è esclusa per le fasi già espletate e compiute (cfr. ex multis: Cons. St., VI, 11 dicembre 2009, n. 7770; Cons. St., VI 26 maggio 1999, n. 694).

La prospettazione del ricorrente secondo cui, introducendo una disciplina transitoria per tutte le procedure già bandite ed avviate al momento di entrata in vigore della riforma dell’ordinamento giudiziario e nelle more della sua attuazione, il CSM avrebbe adottato un’illegittima interpretazione additiva, di conseguenza, è basata su una premessa logica non condivisibile atteso che è proprio l’assenza di una disciplina transitoria, non necessaria nella specifica fattispecie, a determinare l’immediata applicazione della norma recante il divieto del passaggio da funzione giudicante a funzione requirente all’interno dello stesso distretto, per cui l’organo di autogoverno non ha introdotto alcuna disciplina transitoria, ma ha legittimamente applicato la norma in vigore al momento dell’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento.

Né l’illegittimità dell’azione amministrativa può essere dedotta dal principio dell’intangibilità del bando di gara, costituente lex specialis della selezione, per cui lo ius superveniens potrebbe trovare applicazione immediata soltanto nei casi in cui non risulti in contrasto con il bando.

Infatti, per effetto dell’entrata in vigore della legge, il bando di concorso risulta eterointegrato dalla previsione di cui alla norma contenuta nell’art. 13, co. 3, d.lgs. 160/2006.

In sostanza, la norma de qua costituisce una fonte eteronoma di integrazione della lex specialis della gara.

La circostanza poi che la competente Commissione del CSM avrebbe proposto il ricorrente per l’ufficio direttivo in tre sedute senza tuttavia mai sottoporre la candidatura all’esame del plenum ed anzi ritornando costantemente sulla propria decisione non si riflette sulla dirimente considerazione che la norma di legge era entrata in vigore ed era immediatamente applicabile alla data di adozione del provvedimento, per cui, in ragione del principio tempus regit actum, il CSM ha correttamente applicato la stessa ritenendo il dott. C. non più legittimato a partecipare alla procedura per il conferimento dell’incarico direttivo di Procuratore della Repubblica di Pinerolo.

3. Sussistono giuste ragioni – tenuto conto della complessità esegetica della normativa di riferimento, entrata in vigore quando la procedura concorsuale era già in itinere – per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.

respinge il ricorso in epigrafe.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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