T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 08-03-2011, n. 2116

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente, cittadino afgano, si duole del provvedimento adottato sulla sua domanda diretta al riconoscimento dello status di rifugiato.

L’Unità Dublino – ufficio preposto all’espletamento delle procedure dirette a determinare lo stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo ai sensi del Reg. n. 343/2003 – dopo aver verificato attraverso il sistema EURODAC (riscontro delle impronte digitali a livello europeo) che l’interessato aveva già varcato illegalmente la frontiera della Grecia; ha inviato a quest’ultima la richiesta di ripresa in carico ai sensi dell’art. 10.1 del Reg. n. 343/3003 (Regolamento Dublino II).

Rilevata l’accettazione implicita della Grecia, in base all’art. 18.7 del Reg. CE 343/2003, l’Unità Dublino ha comunicato la competenza greca ai sensi dell’art. 20 punto 1 del ripetuto Regolamento alla Questura, la quale con il provvedimento impugnato ha disposto il trasferimento dell’interessato per la disamina della domanda di protezione in Grecia, ritenuto un paese terzo sicuro e non ravvisandosi motivi che avrebbero potuto indurre l’Italia ad assumere la competenza ai sensi dell’art. 3.2 del citato Regolamento.

Il ricorrente deduce i seguenti motivi di impugnazione:

1) violazione dell’art. 17.1. del regolamento CE n. 343/2003 per superamento del termine trimestrale previsto per la richiesta di presa in carico;

2) violazione dell’art. 3.2. del Regolamento Dubino II, secondo il quale qualunque Stato membro può esaminare una domanda di asilo anche in deroga al riparto di competenza se lo stato che sarebbe competente non offre sufficienti garanzie circa la tutela dei richiedenti asilo, alla luce – in particolare – delle raccomandazioni della UNHCR.

Il ricorso è fondato in accoglimento del secondo motivo.

L’Amministrazione, infatti, si è limitata ad affermare che la Grecia è un Paese terzo sicuro e che non si ravvisano particolari motivi che potrebbero indurre l’Italia ad assumere la competenza ai sensi dell’art. 3 c. 2 del Regolamento CE 343/2003, non tenendo conto della notoria situazione in cui versano i richiedenti protezione internazionale in tale Paese.

Al contrario, secondo il costante orientamento della Sezione – mutuato da quello reso in sede cautelare dal giudice di appello (Sez. VI ord. n. 666/09; 667/09; 668/09; 3293 del 26/6/09 n. 3428 del 14/7/09), occorreva tener presente le raccomandazioni dell’UNCHR del 15 aprile 2008, del 9 luglio 2007 (Rinvio in Grecia di richiedenti asilo con domande di riconoscimento dello status di rifugiato "interrotte") e del novembre 2007 ("Studio UNHCR sulla trasposizione della Direttiva Qualifiche").

L’UNHCR infatti – nel documento di raccomandazioni del 15 aprile 2008 – ha espresso la propria preoccupazione per le difficoltà che i richiedenti asilo incontrano nell’accesso e nel godimento di una protezione effettiva, in linea con gli standard internazionali ed europei ed ha raccomandato espressamente i Governi di non rinviare in Grecia i richiedenti asilo in applicazione del regolamento Dublino fino ad ulteriore avviso. Ha raccomandato, invece, ai Governi, "l’applicazione dell’art. 3 punto 2 del Regolamento Dublino, che permette agli Stati di esaminare una richiesta di asilo anche quando questo esame non sarebbe di propria competenza secondo i criteri stabiliti dal regolamento stesso".

La difficile situazione nella quale versano i richiedenti asilo in Grecia, più volte denunciata da organismi internazionali, è stata oggetto di disamina da parte della stessa Corte europea dei diritti dell’Uomo che con decisione dell’11 giugno 2009 (ric. N.53541/07 S.D.c/ Grecia), ha ritenuto la Grecia responsabile della violazione dei diritti di un cittadino turco che aveva chiesto asilo nel 2007. Secondo la Corte europea, la Grecia, date le condizioni in cui l’uomo è stato detenuto, ha violato l’art. 3 della Convenzione europea sui diritti umani relativo al divieto di tortura e trattamenti inumani o degradanti, e l’articolo 5 della Convenzione che sancisce il diritto alla libertà e quello di contestare la legittimità della detenzione.

La stessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con provvedimento del 18/11/08 ha ordinato allo Stato Italiano di non trasferire in Grecia un cittadino afgano richiedente asilo.

Ritiene dunque il Collegio che detti elementi avrebbero dovuto indurre, quanto meno, l’amministrazione ad effettuare una più approfondita valutazione della particolare situazione nella quale si sarebbe potuto trovare il ricorrente, in quanto richiedente asilo, chiarendo, proprio con riferimento alla situazione dello stesso, per quale ragione, nonostante le contrarie raccomandazioni internazionali, il suo trasferimento verso detto Stato dovesse ritenersi obbligatorio o comunque preferibile rispetto alla possibilità di far applicazione, nel caso in esame, dell’art. 3, c. 2 del regolamento CE 343/2003, (considerazioni queste condivise da TAR PugliaLecce, 24 giugno 2008, n. 1870, ed assunte a motivazione di ordinanze, in sede cautelare, da Cons. Stato Sez. VI ord. n. 666/09; 667/09; 668/09; 3293 del 26/6/09).

La censura di cui al primo motivo di ricorso, invece, deve essere disattesa.

Il menzionato art. 17 del Regolamento CE n. 343/2003, cui si riferisce il ricorrente, infatti, non riguarda l’ipotesi in esame, bensì quella in cui non vi sia mai stata alcuna precedente domanda di protezione internazionale, pur essendo il richiedente asilo entrato varcando i confini di un altro Paese. Nel caso in esame, invece, avendo il ricorrente già chiesto alla Grecia il riconoscimento dello status di rifugiato, si verte in un caso di "ripresa in carico", disciplinato dagli artt. 16 e 20 del regolamento..

Il ricorso in conclusione deve essere accolto, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, con annullamento del provvedimento impugnato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie il ricorso e annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite in favore del ricorrente, che liquida in euro 1.500 (millecinquecento/00) oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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