Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-11-2010) 09-03-2011, n. 9349

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Gip presso il Tribunale di Ariano Irpino, a seguito di giudizio abbreviato con sentenza in data 20-1-2006, dichiarava C. A. colpevole per il reato di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 51, comma 1, lett. b), perchè accusato di avere eseguito un’attività non autorizzata di raccolta e smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi nell’area di circa 2.500 mq. sita nel Comune di Mirabella Eclano. Il Giudice, concesse le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di mesi due giorni venti di arresto ed Euro 4.000,00 di ammenda. La decisione veniva confermata dalla Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 4-4- 2007.

In fatto, era avvenuto che militari della Guardia Finanza in data 24- 3-2005 avevano rilevato che l’Imputato, utilizzatore dell’area indicata e titolare di un’officina meccanica, aveva realizzato una discarica di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi accatastando carcasse di autovetture e parti di esse da rottamare, ammassi di fili elettrici, materiale ferroso vario come radiatori, batterie, pezzi di carrozzeria di autovetture, pneumatici.

2. A seguito di ricorso per cassazione proposto dall’imputato, la Corte di Cassazione 3 Sezione Penale, con decisione del 27-3-2008, annullava la sentenza di appello con rinvio essendo stata omessa la notifica del decreto di citazione a giudizio all’appellante.

La Corte di Appello di Napoli, altra Sezione in sede di rinvio – sentenza del 10-9-2009-, confermava la statuizione di condanna emessa dal primo giudice, revocava il provvedimento di confisca dei beni (mobili registrati ed immobile) non appartenenti all’imputato.

Osservava che sul sito in disponibilità del C. erano stati collocati, senza autorizzazione regionale, beni e materiali inutilizzabili, privi di una funzione in sè, qualificabili come rifiuti e nel complesso configuranti una discarica abusiva. Al riguardo, appariva evidente la volontà dell’interessato di disfarsi dei beni in questione nell’impossibilità del loro riutilizzo.

D’altro canto, nel caso di specie, non risultava configurabile il c.d. deposito temporaneo, ammesso senza necessità di autorizzazione, qualificato come il raggruppamento di rifiuti effettuato prima della raccolta nel luogo in cui sono prodotti e la cui legittimità è condizionata ad una serie di prescrizioni tassative concernenti tra l’altro il periodo di giacenza.

3. Il prevenuto proponeva ulteriore ricorso per cassazione.

Contestava di avere realizzato una discarica abusiva, mentre egli svolgeva attività di meccanico, tanto è vero che al momento dell’Intervento degli operanti egli stava riverniciando un’autovettura. Invece, il materiale rinvenuto, era costituito da pezzi e ricambi di autovetture, usati da esso istante nell’ambito dell’officina esistente e destinati, se non più impiegati, ad essere trasportati altrove per lo smaltimento.

Con successiva memoria difensiva, il ricorrente evidenziava che il reato doveva ritenersi comunque prescritto.
Motivi della decisione

1. Il ricorso si palesa inammissibile perchè manifestamente infondato.

Invero, per quel che riguarda la descrizione dell’occorso e la conseguente affermazione di colpevolezza dell’imputato, il Giudice di Appello ha fornito congrua motivazione, richiamando le argomentazioni già svolte dal primo Giudice e facendo esplicito riferimento alle risultanze probatorie acquisite in atti (in particolare, il verbale di sequestro con le riproduzioni fotografiche). Sicchè i rilievi mossi al riguardo dal ricorrente alla sentenza impugnata si risolvono in censure concernenti sostanzialmente apprezzamenti di merito che tendono per lo più ad una diversa valutazione delle risultanze processuali. In proposito, va sottolineato che, come affermato dalla Suprema Corte anche a Sezioni Unite (v. Cass. S.U. 24-11-1999-Spina-;

31-5-2000- Jakani-; 24-9-2003 – Petrella-), esula dai poteri della Corte di Cassazione quello della rilettura dei dati di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al Giudice del merito, nonchè l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.

D’altro canto, nel caso di specie, i giudici di merito hanno appunto apprezzato in modo congruo gli elementi di prova fornendo una valutazione di essi ragionevole e logica sotto il profilo del "senso della realtà" degli appartenenti alla collettività e sotto quello più strettamente giuridico.

2. L’inammissibiltà del ricorso comporta la condanna dette ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non emergendo ragioni di esonero, anche al versamento della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

L’inammissibilità dell’impugnazione comporta la mancata instaurazione originaria del rapporto processuale con la conseguente irrilevanza della prescrizione nel frattempo intervenuta.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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