Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-10-2010) 09-03-2011, n. 9415

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del 26/6/2008 la Corte di Appello di Napoli, accoglieva l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione avanzata da R.A.. Questi, arrestato il 9/10/2001 per i delitti di cui agli artt. 56, 610, 339 e 337 cod. pen., era stato liberato in data 20/3/2002 e successivamente assolto con formula piena dal Tribunale di S.M. Capua Vetere con sentenza del 20/3/2002 (confermata in appello il 29/6/2004).

In breve il R. aveva patito una ingiusta detenzione di 121 giorni in carcere e 42 agli arresti domiciliari.

Nell’accogliere la domanda, la Corte territoriale, nel premettere che il parametro aritmetico di liquidazione andava identificato in Euro 235,82 per ogni giorno di detenzione in carcere ed Euro 118 per gli arresti domiciliari (per un totale di Euro 33.490=), riconosceva una complessiva indennità di Euro 43.550, imputando gli ulteriori Euro 10.000= alle ulteriori negative conseguenza personali della detenzione.

2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze, lamentando al violazione di legge, in quanto una corretta interpretazione della normativa vigente impone di ritenere che i limiti di Euro 235 giornalieri per la custodia in carcere e di Euro 120 per gli arresti domiciliari devono intendersi omnicomprensivi di ogni possibile voce di pregiudizio, con esclusione della possibilità di liquidazione di altre voci di pregiudizio.

3. Il ricorso è infondato.

Va premesso che questa Corte ha più volte ricordato (ex plurimis Cass. 23119/08, Zaccagni, rv. 240302) che, in materia di equo indennizzo, il canone base per la liquidazione del danno, è costituito dal rapporto tra la somma massima posta a disposizione dal legislatore, la durata massima della custodia cautelare e la durata dell’ingiusta detenzione patita.

La somma che deriva da tale computo (Euro 235,82 per ciascun giorno di detenzione in carcere) può essere ragionevolmente dimezzata (Euro 117,91) nel caso di detenzione domiciliare, attesa la sua minore afflittività. Tale criterio aritmetico di calcolo costituisce, però, solo una base utile per sottrarre la determinazione dell’indennizzo ad un’eccesiva discrezionalità del giudice e garantire in modo razionale una uniformità di giudizio. I parametri indicati, pertanto, costituiscono uno standard che fa riferimento all’indennizzo in un’astratta situazione in cui i diversi fattori di danno derivanti dall’ingiusta detenzione si siano concretizzati in modo medio ed ordinario. Pertanto il parametro di calcolo indicato, può subire variazioni verso l’alto o verso il basso in ragione di specifiche contingenze proprie del caso concreto, ferma pur sempre restando la natura indennitaria e non risarcitoria della corresponsione della somma liquidata.

Ne consegue che al giudice si chiede una valutazione equitativa, discrezionale, sebbene non arbitraria. Egli, infatti, è tenuto ad offrire una motivazione che dia conto, alla luce del materiale probatorio acquisito, delle ragioni per le quali si è distaccato dai parametri standard, con l’unico limite che il frutto della sua ponderazione non può condurre allo "sfondamento del tetto, pure normativamente fissato, dell’entità massima della liquidazione" (cfr. s.u. 9 maggio 2001, Caridi, rv. 218975).

Quanto al rapporto tra i criteri di valutazione dell’indennità previsti dagli artt. 315 e 643 e.p.p., premesso che per la riparazione dell’errore giudiziario il giudice non è vincolato dalla fissazione di un tetto massimo per l’indennizzo (Cass. iv, 2050/03, Bariiià), le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che la liquidazione dell’indennizzo per la riparazione dell’ingiusta detenzione è svincolata da criteri rigidi, e si deve basare su una valutazione equitativa che tenga globalmente conto non solo della durata della custodia cautelare, ma anche, e non marginalmente, delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della libertà, e ciò sia per effetto dell’applicabilità, in tale materia, della disposizione di cui all’art. 643 c.p.p., comma 1, che commisura la riparazione dell’errore giudiziario alla durata dell’eventuale espiazione della pena ed alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna, sia in considerazione del valore "dinamico" che l’ordinamento costituzionale attribuisce alla libertà di ciascuno, dal quale deriva la doverosità di una valutazione equitativamente differenziata caso per caso degli effetti dell’ingiusta detenzione (Cass. S.U. 1/1995, Castellani).

Ne consegue, per insegnamento della SS.UU., che l’entità dell’indennità può tener conto di specifiche voci idonee a correlare il ristoro ai concreti pregiudizi personali e familiari patiti dalla persona ingiustamente sottoposta a custodia. Nel caso oggetto di giudizio la Corte territoriale ha esercitato la sua discrezionalità con un’adeguata motivazione negando il riconoscimento di una maggiore indennità per pregiudizi economici non dimostrati ed erogando una somma maggiore in ragione della valutata incidenza delle conseguenze negative della detenzione sul piano personale e familiare. Per quanto detto, si impone il rigetto del ricorso.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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