Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-10-2010) 09-03-2011, n. 9414 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 30/5/2008 la Corte di Appello di Reggio Calabria, rigettava l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione avanzata da S.V..

Questi, arrestato per D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 ed altri reati in data 14/2/2002, era stato liberato il 14/11/2002 e successivamente assolto con formula piena dal G.U.P. del Tribunale di Reggio Calabria con sentenza del 9/11/2003, resa in sede di rito abbreviato, divenuta esecutiva il 11/7/2005.

L’assoluzione era stata motivata sulla base della assenza di prove a carico, a seguito della declaratoria di inutilizzabilita delle intercettazioni, captate in base ad un decreti autorizzativi illegittimi.

Riteneva la Corte che, in sede di giudizio di riparazione, il contenuto di dette intercettazioni erano un utile materiale probatorio, in quanto all’atto della emissione della misura le intercettazioni erano state pienamente utilizzate per la ricerca latitanti, solo successivamente era stata rilevata la loro patologia.

Pertanto nessun provvedimento aveva accertato la illegittimità del titolo custodiale.

Dalle captazioni emergeva la colpa grave del ricorrente, ostativa al riconoscimento dell’equo indennizzo, perchè coinvolto nella associazione criminale del padre, S.S., latitante.

2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il difensore del S., deducendo la violazione di legge, per avere il giudice di merito basato la decisione su intercettazioni dichiarate inutilizzabili e la insufficienza della motivazione, laddove la colpa grave non era desumibile da altri elementi di prova.

3. Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

Sul tema della possibilità di porre a fondamento della decisione del giudizio riparatorio intercettazioni dichiarate inutilizzabili nel processo penale si erano negli anni consolidati due orientamenti giurisprudenziali: uno che risolveva il quesito in modo positivo, l’altro in maniere negativa.

Secondo il primo indirizzo, l’inutilizzabilità delle intercettazioni dichiarata nel giudizio di cognizione per sanzionare un vizio formale del decreto autorizzativo delle captazioni, non impediva al giudice investito della richiesta di riparazione per ingiusta detenzione di trarre dalle conversazioni intercettate elementi di valutazione circa l’esistenza, nel comportamento dell’imputato, del dolo o della colpa grave ostativi al riconoscimento del diritto alla riparazione.

Invero, l’inutilizzabilità concerne esclusivamente la formazione della prova nel giudizio di cognizione e non riguarda la condotta del soggetto interessato dal punto di vista fattuale e storico, nella cui prospettiva deve invece essere svolta la valutazione sull’ingiustizia o meno della detenzione subita (Cass. n. 25574/08, ric. Piazzolla, rv. 239612).

Secondo l’orientamento negativo, l’inutilizzabilità delle intercettazioni, sulla base delle quali è stato emesso un provvedimento cautelare, dichiarata nel giudizio di merito comportava il divieto di trarre da tali atti d’indagine elementi dimostrativi del dolo o della colpa grave ostativi al successivo riconoscimento del diritto dell’imputato alla riparazione per l’ingiusta detenzione (Cass. n. 21069/08, ric. Bratto, rv. 239611).

Per dirimere il contrasto sono intervenute le Sezioni Unite che, con sentenza n. 1153 del 30/10/2008 c.c. (dep. 13/01/2009, ric. Racco, Rv. 241667), hanno aderito all’indirizzo interpretativo più restrittivo, affermando che la inutilizzabilità patologica delle intercettazioni riverbera i suoi effetti negativi anche nel giudizio di riparazione.

Vero è che, come noto, il rapporto tra giudizio penale e giudizio per l’equa riparazione, è connotato da totale autonomia, impegnando piani di indagine diversi e che possono portare a conclusioni del tutto differenti (assoluzione nel processo, ma rigetto della richiesta riparatoria) sulla base dello stesso materiale probatorio acquisito agli atti, ma sottoposto ad un vaglio caratterizzato dall’utilizzo di parametri di valutazione differenti.

Ciò però non può consentire di ritenere utilizzabili nella procedura riparatoria atti probatori assunti in violazione di precise disposizioni di legge.

Invero questa Corte (cfr. sent. n. 29688/07, ric. Muscolino, rv.

236670) ha già avuto modo di evidenziare che l’art. 271 c.p.p. espressamente fa divieto di utilizzazione delle intercettazioni, qualora queste siano state assunte fuori dai casi consentiti od in violazione delle disposizioni che le regolano. Infatti, in tali casi si è in presenza di violazione di regole poste a garanzia della segretezza e della libertà delle comunicazioni, costituzionalmente presidiata e cioè della libertà dei cittadini ( art. 15 Cost.), che la stessa Corte Costituzionale ha ritenuto debba essere assicurata attraverso il rispetto di precise disposizioni, avuto riguardo alla particolare invasività del mezzo della intercettazione telefonica o ambientale, attinenti pure alla loro esecuzione presso impianti della Procura della Repubblica, con una deroga in casi eccezionali specificamente motivati (v. Corte Costituzionale 19.7.2000 n. 304).

Ciò significa che le intercettazioni che non rispettano quelle regole sono illegali (al di la della sanzione che il legislatore denomina inutilizzabilità) e non sono utilizzabili in alcun modo e non solo nell’ambito del processo penale. La "illegalità" delle intercettazioni rende quindi non valutabile quella prova in qualsiasi tipo di procedimento; può quindi affermarsi il principio di diritto per cui le intercettazioni, se illegali, non possono essere utilizzate neppure nel procedimento di riparazione, poichè la utilizzabilità di una prova, anche se diversa da quella propria del processo penale e se assunta con forme diverse da quelle stabilite dal codice di procedura penale, pur se ammessa in linea di principio in procedimenti diversi da quello del giudizio ordinario di cognizione, non è mai possibile se si tratti di una prova illegale, assunta in violazione dei diritti dei cittadini garantiti dai principi costituzionali.

Ne consegue che le intercettazioni, per quanto sopra detto, non possono costituire idoneo mezzo di convincimento del giudice dell’equo indennizzo. Il provvedimento impugnato deve essere quindi annullato, ai sensi dell’art. 623 c.p.p., lett. a), con rinvio allo stesso giudice che si atterrà al principio di diritto sopra indicato.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Reggio Calabria.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *