T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, Sent., 08-03-2011, n. 2122 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con bando di gara del 13 agosto 2007, l’E. Spa indiceva una procedura ristretta per l’affidamento in appalto del servizio di "Construction management per l’assistenza al direttore dei lavori" ed altre attività connesse, in funzione della realizzazione del Nuovo Centro dei Congressi E. di Roma. Il procedimento si concludeva l’11 gennaio 2008 con l’aggiudicazione alla ricorrente ATI per l’importo di euro 6.047.862,78; veniva stipulato il contratto in data 21 aprile 2008; la prestazione del servizio aveva inizio in via d’urgenza nel gennaio 2008 e si prevedeva dovesse avere durata di 36 mesi. In accoglimento del ricorso proposto dalla concorrente ATI COBEMA/Progetti E.opa Global, il Tribunale, con sentenza nr. 12075 del 22 ottobre 2009, depositata il 30 novembre 2009, annullava il provvedimento di aggiudicazione (per riscontrata carenza di un requisito di esperienza specifica richiesto dal punto 7.1.2 del disciplinare di gara) rigettava la domanda dell’ATI COBEMA di conseguire il risarcimento del danno in termini di reintegrazione in forma specifica, e quindi a subentrare nell’espletamento della residua parte del servizio di Construction Management ed assistenza alla direzione dei lavori in questione, ed in luogo di ciò disponeva il risarcimento del danno per equivalente, facendo applicazione dell’art. 2058 cod.civ., ponendone il pagamento a carico esclusivo dell’E. Spa.

L’E. Spa, proseguiva nel rapporto contrattuale fino alla data del 4.8.2010, in cui comunicava di ritenere caducato il contratto in ragione del fatto che la sentenza aveva accertato l’assenza in capo all’ATI odierna ricorrente e originaria aggiudicataria del servizio, del requisito specifico di cui al menzionato punto 7.1.2 del disciplinare di gara (più precisamente, nella parte di interesse, la nota così recita: "..a seguito della sentenza TAR n. 12075/2009 divenuta recentemente inoppugnabile…è stata definitivamente accertata la mancanza in capo all’ATI….di un requisito richiesto per la partecipazione alla gara e, conseguentemente, è stata annullata l’aggiudicazione precedentemente disposta….si ritiene di dover prendere atto della intervenuta caducazione del contratto d’appalto a suo tempo stipulato in ragione della predetta illegittimità di uno dei suoi presupposti indefettibili…conseguentemente si invita la intestata società..sino ad oggi affidataria del servizio, a voler cessare ogni attività oggetto del contratto….").

Esperito infruttuosamente uno scambio di corrispondenza al fine di riprendere l’esecuzione del contratto, l’ATI ha proposto l’odierno ricorso, che risulta affidato ad articolate censure, con il quale chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, il risarcimento in forma specifica, ossia la reintegrazione dell’ATI nella titolarità del contratto di appalto stipulato in data 21 aprile 2008 e dichiarato caducato dall’E. Spa con provvedimento del 4 agosto 2010; in via subordinata, ove si ritenga la predetta reintegrazione eccessivamente onerosa per l’E. Spa, chiede disporsi il risarcimento del danno per equivalente, nella misura esposta in epigrafe.

Si è costituita l’E. Spa, che eccepisce l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica dell’atto alla E. Congressi Srl, soggetto emanante l’atto impugnato (che l’E. Spa avrebbe solo formalmente sottoscritto); per difetto di giurisdizione del giudice adito, trattandosi l’atto impugnato di una mera presa d’atto della caducazione avvenuta in forma automatica per l’avvenuto annullamento dell’atto di aggiudicazione in sede giurisdizionale (l’E. Spa avrebbe quindi fatto uso di un potere negoziale e non provvedimentale); per la mancata impugnazione di atti presupposti e successivi alla lettera del 4.8.2010 (deliberazione dei CdA di E. Congressi ed E. Spa, del 7.6.2010, richiamata nella lettera del 4.8.2010 e nota del 3.9.2010 di conferma della caducazione del contratto, nonché nota del 6.8.2010); deduce, in via subordinata, l’illegittimità costituzionale dell’art. 133 comma 1 lett. "e" del c.p.a. e chiede rimettersi una questione di pregiudizialità comunitaria alla Corte di Giustizia in relazione alla normativa italiana laddove interpretabile nel senso favorevole a parte ricorrente.

Con ordinanza nr. 5108/10 il Tribunale, in accoglimento della domanda cautelare di parte ricorrente, ha sospeso gli effetti dell’atto impugnato.

L’ordinanza nr. 5108/10 è stata a sua volta riformata in appello con ordinanza nr. 5821 del 17 dicembre 2010 della Sezione VI del Consiglio di Stato.

Le parti hanno scambiato memorie.

All’udienza del 17 febbraio 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Con l’odierno ricorso, l’ATI D.&.S.s A.G. /E. Spa, chiede annullarsi l’atto con il quale l’E. Spa ha ritenuto caducato il contratto a suo tempo stipulato tra le parti per l’espletamento del servizio di Construction Management per l’assistenza al direttore dei lavori relativamente alla realizzazione del Nuovo Centro Congressi di Roma E., comunemente chiamato "La Nuvola", perché con tale atto l’E. Spa avrebbe violato il giudicato formatosi sulla sentenza nr. 12075/09 di questo Tribunale. Per tale ragione, domanda di essere reintegrata nel contratto, oppure, in subordine, di essere tenuta indenne per i mancati utili, ivi compreso il c.d. danno curriculare.

Si è costituita l’E. Spa che oppone all’accoglimento del ricorso numerose eccezioni in rito e nel merito delle pretese.

I) Preliminare ad ogni altra valutazione, in rito come nel merito, è la corretta qualificazione della domanda introdotta dall’ATI ricorrente.

Per come sarà anche meglio chiarito oltre, ed aderendo sul punto alla corrispondente eccezione difensiva di E. Spa (da disattendersi invece quanto alle conseguenze di inammissibilità del gravame che se ne prospettano), l’odierno ricorso va qualificato come di ottemperanza, ai sensi e per gli effetti di cui all’art.32, comma 2, c.p.a., perché l’ATI ricorrente fa valere una pretesa che trova titolo e fondamento nella sentenza nr. 12075/09 e nell’assetto di interessi che, in forza di tale giudicato, si è formato. In altri termini, l’oggetto dell’odierno giudizio è l’accertamento dei limiti della sentenza nr. 12075/09 e se cioè essa abbia statuito inter partes ai fini del mantenimento del contratto stipulato a seguito dell’aggiudicazione annullata, o meno (per mero scrupolo di esaustività, giova evidenziare che, ai sensi dell’art. 87 co.4 c.p.a., l’avvenuta trattazione in pubblica udienza dell’odierno ricorso non è ostativa alla qualificazione del gravame nei termini esposti, perché non inficia la validità della decisione).

II) Così qualificata l’azione, a conferma dell’ordinanza cautelare nr. 5108/10, e disattese le eccezioni in rito, si deve ritenere che la controversia ricade nella giurisdizione del giudice amministrativo, il ricorso è ammissibile, è fondato e come tale va accolto, disattendendo così anche l’orientamento espresso in sede cautelare d’appello, che non può condividersi per più ragioni, esposte a seguire.

Il Collegio avverte la necessità di anteporre all’esame della questione sottoposta al suo giudizio, una breve ricostruzione della relazione tra annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto nel frattempo stipulato.

Per effetto della direttiva ricorsi nr. 2007/66/CE, il cui termine di recepimento è scaduto il 20 dicembre 2009, e del suo recepimento nell’Ordinamento nazionale avvenuto con il Dlgs 53/2010, il rapporto tra annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto medio tempore stipulato è regolato in termini di inefficacia, da dichiararsi da parte del giudice con sentenza costitutiva. La relativa cognizione è rimessa alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (art. 130, lett. "e" c.p.a.). Invero, il sistema normativo di cui agli artt. 121 e ss. del c.p.a., che ha sostituito il corrispondente impianto normativo del codice dei contratti che era stato novellato dal menzionato Dlgs 53/2010, opera non solamente sul piano processuale, bensì anche su quello sostanziale, perché dispone una nuova forma di patologia del contratto – collegata all’invalidità dell’aggiudicazione – che, sotto il profilo della giurisdizione, è assegnata alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo.

Quanto appena esposto trova conferme nella giurisprudenza del Consiglio di Stato nella quale si è espressamente affermato che prima della entrata in vigore della direttiva ricorsi e della relativa normativa di recepimento era nel potere della PA di caducare essa stessa, autoritativamente, un contratto in esecuzione della sentenza che avesse disposto l’annullamento dell’aggiudicazione (cfr. Consiglio di stato, sez. V, 28 maggio 2010, n. 3410).

Pertanto, quantomeno in relazione agli appalti pubblici, la sorte del contratto in seguito all’annullamento in sede giurisdizionale dell’aggiudicazione non può più configurarsi nei termini di quella particolare figura di patologia che era stata individuata nella c.d. "caducazione automatica" del negozio e dunque va escluso ogni automatismo sul piano del mantenimento o meno del contratto, in relazione all’annullamento dell’aggiudicazione.

Per completezza espositiva, quanto appena esposto spinge il Collegio ad osservare che, sebbene esuli dai limiti dell’odierno giudizio l’indagine circa l’ attualità della figura della "caducazione automatica" in relazione ad altre fattispecie di diritto amministrativo in cui la stipula di un contratto è preceduta da una fase di evidenza pubblica (come ad esempio i concorsi per le assunzioni agli impieghi della PA) oppure a fattispecie in cui l’annullamento dell’aggiudicazione non avvenga in sede giurisdizionale, ma in via di autotutela amministrativa, a stretto rigore dovrebbe ritenersi che la soluzione legislativa introdotta nella materia degli appalti non possa non estendersi anche alle altre fattispecie consimili, in ragione di quella medesima unitarietà strutturale delle relazioni esistenti tra la fase pubblicistica di selezione di un contraente e quella negoziale successiva, cui la prima è strettamente funzionale, che è comune a tutte queste ipotesi.

Per quanto riguarda l’odierna fattispecie, in considerazione dell’ unicità ed inscindibilità del rapporto tra fase di evidenza pubblica e stipula del contratto di appalto (Consiglio Stato, sez. V, 20 ottobre 2010, n. 7578), non è dunque possibile limitare la cognizione esclusiva del g.a. ai soli casi in cui venga in esame contestualmente la domanda di annullamento dell’aggiudicazione e quella con cui si chiede il subentro nel contratto, escludendola per domande aventi ad autonomo oggetto la privazione degli effetti del contratto, come se la cognizione in ordine all’inefficacia del negozio fosse una mera appendice processuale della domanda giudiziale di annullamento dell’aggiudicazione, perché a così opinare si finirebbe con il riconnettere alla medesima fattispecie sostanziale due tipologie di effetti eterogenei tra loro, radicando due giurisdizioni differenti (e facendo così vanificare quelle esigenze di effettività di tutela e concentrazione del giudizio che hanno ispirato la novella legislativa) solo a seconda di come viene introdotta la domanda.

In realtà, sia l’annullamento dell’aggiudicazione, che la privazione degli effetti del contratto, pur se derivanti da una fattispecie unitaria, sono entrambe oggetto di una cognizione piena e diretta del giudice amministrativo, perché la privazione degli effetti è disposta, a determinati presupposti, in esito ad una indagine che riguarda specifici presupposti di legge e considerazioni di opportunità che si affiancano, in piena autonomia, alle ragioni dell’annullamento del titolo costituito dall’aggiudicazione, da cui dunque prescindono.

Dunque, non v’è ragione di negare che la cognizione sulla sola domanda di privazione degli effetti del contratto, introdotta separatamente ed a seguito dell’ avvenuto annullamento dell’aggiudicazione in sede giurisdizionale appartenga a quella medesima giurisdizione esclusiva del g.a in forza della quale l’annullamento è stato dichiarato inter partes, al pari di quanto avviene quando la medesima domanda è introdotta in connessione simultanea a quella demolitoria.

Quanto appena esposto è del resto coerente con la conclusione cui è pervenuta Cass. 12 gennaio 2010, nr. 2906 che ha riconosciuto il "rilievo per il diritto comunitario della connessione tra le domande in precedenza ritenuta irrilevante a favore di una giurisdizione unica del giudice amministrativo, estesa anche agli effetti del contratto concluso a seguito di illegittima aggiudicazione, che appare certa nelle materie di giurisdizione esclusiva".

A maggior ragione, il principio appena espresso, elaborato in relazione alla figura della caducazione automatica degli effetti del contratto, non può non trovare applicazione in un contesto normativo in cui la privazione degli effetti del contratto stipulato in esito ad un’aggiudicazione illegittima ed annullata, dipende da apprezzamenti e condizioni di legge da valutarsi necessariamente in giudizio.

Conferme a questo principio si trovano anche nella giurisprudenza di merito più recente (TAR Toscana, 11 novembre 2010, nr. 6579 e 27 gennaio 2011, nr. 154) che ha affermato che, dopo l’entrata in vigore delle disposizioni attuative della direttiva comunitaria 2007/66/CE, ora trasfuse negli artt. 121 e 122 del codice del processo amministrativo, in caso di annullamento giudiziale dell’aggiudicazione di una pubblica gara spetta al giudice amministrativo "il potere di decidere discrezionalmente (anche nei casi di violazioni gravi) se mantenere o meno l’efficacia del contratto" nel frattempo stipulato; il che significa "che l’inefficacia non è conseguenza automatica dell’annullamento dell’aggiudicazione, che determina solo il sorgere del potere in capo al giudice di valutare se il contratto debba o meno continuare a produrre effetti".

Va dunque affermato che, per effetto della direttiva ricorsi 2007/66/CE e del suo recepimento nell’Ordinamento nazionale, avvenuto con il Dlgs 53/2010, appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la controversia in ordine all’efficacia del contratto a seguito dell’annullamento in sede giurisdizionale dell’aggiudicazione, anche se tale controversia è introdotta autonomamente rispetto ad un annullamento dell’aggiudicazione già disposto con precedente sentenza.

Quanto esposto consente adesso di esaminare più agevolmente le diverse eccezioni preliminari e processuali dedotte dalla difesa di E. Spa e, immediatamente dopo, il merito della controversia.

III) Le premesse appena svolte conducono a respingere la prima e principale eccezione difensiva di E. Spa, ossia quella secondo la quale l’odierna controversia apparterrebbe alla cognizione del giudice ordinario, avendo l’E. Spa fatto uso di poteri negoziali e non provvedimentali.

Peraltro, non può essere messo in dubbio che, a tacere della veste formale dell’atto impugnato, quest’ultimo ha natura provvedimentale.

Invero, sul piano degli effetti, si deve osservare che la nota impugnata è intervenuta a distanza di oltre otto mesi dal deposito della sentenza di questo Tribunale (non impugnata). Quindi, anche a voler ipotizzare che la stessa sentenza avesse prodotto l’effetto caducante automatico proprio del regime normativo nella cui vigenza è stata pronunciata (ma, come sarà meglio chiarito oltre, tale circostanza è incompatibile con il giudicato), le parti hanno continuato ad eseguire il contratto.

Ne consegue che, già solo sotto questo profilo, appare evidente che la nota impugnata ha perseguito effetti costitutivi di scioglimento del vincolo negoziale, riconnettendoli ad un vizio dell’aggiudicazione.

Peraltro, una volta chiarito che la privazione degli effetti del contratto in conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione è oggetto di una pronuncia giurisdizionale tipica, non è possibile configurare automatismi tra aggiudicazione e negozio. Dunque,anche sotto questo profilo, la volontà amministrativa con la quale si dichiara che un determinato contratto è caducato, pur se sotto forma di asserita presa d’atto, dispone autoritativamente lo scioglimento del negozio, con la conseguenza che le va riconosciuta natura provvedimentale.

IIIa) In ordine all’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata notifica a parte necessaria o controinteressata, tale eccezione va parimenti respinta, perché a tacere, invero, della natura della relazione tra E. Spa, soggetto controllante, ed E. Congressi Srl (che, peraltro, deporrebbe nel senso che, avendo E. Spa stipulato il contratto della cui inefficacia si tratta, è il soggetto in capo al quale si incentrano gli interessi sostanziali dedotti in giudizio), la questione diviene priva di rilievo pratico, in quanto, come dedotto dalla difesa di parte ricorrente, con atto del notaio Maria Chiara Bruno di Roma, rep. n. 23416 – raccolta n. 8156, rogato in data 5.1.2010, le due società si sono fuse (per avvenuta incorporazione dell’E. Congressi in E. Spa) e dunque il contraddittorio è regolarmente instaurato. Peraltro, anche ad accedere alla tesi difensiva di E. Spa, E. Congressi srl non sarebbe una controinteressata, ma una parte formalmente resistente al pari di E. Spa, avendo entrambe sottoscritto l’atto impugnato, ma priva di autonomia decisionale e di autonomia di interessi, in quanto organismo strumentale ad E. Spa e completamente controllato da quest’ultima. Ne conseguirebbe non già una inammissibilità del ricorso, ma la possibilità di disporre l’integrazione del contraddittorio quantomeno in termini di errore scusabile (cui non ha luogo provvedere, proprio per la circostanza che la società strumentale E. Congressi srl, è confluita nella resistente).

Va dunque ritenuto che il contraddittorio è da ritenersi correttamente instaurato perché è stato evocato in giudizio e quivi si è costituito ed ha contraddetto l’unico soggetto avente interesse sostanziale qualificato a contraddire.

IIIb) La qualificazione dell’odierno ricorso come giudizio sull’ottemperanza, porta a svalutare anche l’ulteriore eccezione di inammissibilità del gravame sollevata dalla difesa di E. Spa, secondo la quale il gravame sarebbe inammissibile per mancata impugnazione della delibera 7.6.2010 del consiglio di amministrazione dell’E. Spa (con cui sarebbe stata disposta la caducazione del contratto) e per mancata impugnazione della lettera del 3.9.2010 con la quale l’E. Spa confermava l’avvenuta caducazione del contratto.

In primo luogo, sul punto, sono condivisibili le deduzioni difensive di parte ricorrente, perché quest’ultimo atto ha identico tenore di quello impugnato ed è dunque atto meramente confermativo, come tale non necessitante di ulteriore ed autonoma impugnazione. In questo senso, l’autonomia di un provvedimento successivo rispetto ad un atto già impugnato, va apprezzata sul piano sostanziale, laddove sussista una nuova qualificazione dell’assetto di interessi, anche limitatamente agli aspetti della motivazione e dell’istruttoria. Nel caso di specie, la nota si limita a confermare la tesi dell’avvenuta caducazione automatica del contratto e dunque nulla di nuovo apporta sul piano sostanziale all’oggetto ed ai limiti della controversia.

Quanto alla deliberazione del c.d.a. di E. Spa del 7.6.2010, poiché non v’è prova che tale atto sia stato comunicato all’ATI ricorrente (né vale, ai fini dell’onere di impugnare, la conoscenza del legale di parte in giudizio, v. da ultimo, T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 13 dicembre 2010, n. 36093), la sua mancata impugnazione non è ostativa all’ammissibilità del ricorso.

In ogni caso, la qualificazione del giudizio in termini di ottemperanza consente di ritenere anche queste eccezioni ininfluenti ai fini della decisione.

Infatti, il giudizio di ottemperanza non ha natura impugnatoria, ma ha per oggetto la verifica di conformità di un dato comportamento al precetto contenuto nella sentenza passata in cosa giudicata; nel caso in esame, ciò di cui parte ricorrente si duole, sostanzialmente, è la circostanza che con atti adottati in aperta violazione del giudicato, o comunque elusivi di esso, l’E. Spa ha fatto venire meno il vincolo negoziale in via unilaterale, mentre la sentenza di questo Tribunale nr. 12075/09 aveva escluso la caducazione degli effetti del contratto. In questo senso, gli atti comunque posti in essere a tali fini sono, nella prospettazione di parte ricorrente, radicalmente nulli ex art.21 septies l. 241/90 e come tali non necessitano di specifica ed ulteriore impugnazione.

Per ciò, anche sotto questo diverso profilo, il ricorso è comunque ammissibile.

IIIc) Va infine precisato che la fattispecie è regolata dalla disciplina innovata dal recepimento della direttiva ricorsi 2007/66/CE, poiché il d.lgs. 20 marzo 2010 n. 53, in quanto norma processuale, in difetto di diversa previsione transitoria, regola tutti gli atti successivi alla sua entrata in vigore, il 27 aprile 2010, radicando la giurisdizione del giudice amministrativo sulla sorte del contratto anche per appalti aggiudicati anteriormente (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. II, 30 settembre 2010, n. 11233) e dunque trova applicazione anche in relazione a procedimenti nei quali l’annullamento dell’aggiudicazione è intervenuto anteriormente allo scadere del termine di recepimento della direttiva 2007/66/CE e la caducazione del contratto è stata disposta nel vigore del Dlgs 53/2010.

IIId) Non avendo concorso alla fattispecie dedotta in atti, non incidono sull’ammissibilità del gravame le determinazioni dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, nelle quali si espongono argomenti a favore della legittimità della condotta di E. Spa, ma non si adottano provvedimenti specifici (salvi i procedimenti in corso ai fini delle sanzioni e delle conseguenze in ordine alla dichiarazione del possesso di requisiti successivamente non comprovati, che è oggetto di autonoma valutazione da parte dell’Autorità e che non risulta avere ancora avuto compimento).

IIIe) Quanto appena esposto consente al Collegio di poter succintamente risolvere le questioni preliminari ancora non esaminate e che sono tutte da respingersi.

In particolare, è manifestamente inammissibile la prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 133 comma 1, lett. "e" del Dlgs 104/2010 per asserito contrasto con gli artt. 24, 25, 99, 102, 103, 111, e 113 della Costituzione, perché, come sarà anche meglio chiarito oltre, le questioni oggetto dell’odierno giudizio attengono esclusivamente alla fase di aggiudicazione dell’appalto ed ai suoi riflessi sulla sorte del contratto. Per le medesime ragioni, atteso l’ambito della direttiva 2007/66/CE, non sussistono i presupposti per sottoporre alla Corte di Giustizia una questione pregiudiziale di compatibilità comunitaria in relazione alle medesime disposizioni.

IV) Così risolte le questioni preliminari e processuali, si può esaminare il ricorso nel merito.

Come già anticipato, il ricorso è fondato.

Infatti, la sentenza nr. 12075/09 di questo Tribunale ha statuito anche tra le parti dell’odierno giudizio in ordine al mantenimento in essere del vincolo negoziale, perché ha espressamente negato il subentro della ricorrente in quella sede (ossia la concorrente che avrebbe avuto titolo a conseguire l’aggiudicazione) nel negozio, ed ha riconosciuto a suo favore il risarcimento per equivalente.

Ne consegue che è incompatibile con il contenuto motivazionale della sentenza la prospettazione di un effetto caducante del contratto promanante dall’annullamento dell’aggiudicazione, perché il mantenimento in essere del negozio è condizione logica necessaria ed imprescindibile del risarcimento per equivalente (quest’ultimo nella sentenza è disposto ex art. 2058 cod.civ. e quindi nell’espressa contemplazione della necessità di interesse pubblico della prosecuzione delle prestazioni). Dunque deve riconoscersi che dalla sentenza nr. 12075/09 è derivato un assetto di interessi definito dal giudicato senza alcun margine ulteriore di esercizio del potere, e che essa disciplina esaustivamente gli effetti dell’aggiudicazione illegittima sulla sorte del contratto.

In altri termini, ferme restando ovviamente le ordinarie facoltà negoziali o di legge (come il recesso per motivi di interesse pubblico), il giudicato ha definito inter partes il piano dei rapporti per quelle che sono le conseguenze dell’aggiudicazione di cui ha escluso l’effetto caducante automatico nei confronti del contratto, o altre conseguenze dirette dell’aggiudicazione illegittima sul piano negoziale.

Ciò vuol dire che, una volta escluso dal giudice il subentro nel rapporto negoziale con la PA dell’aggiudicatario legittimo che ha ottenuto l’accoglimento della domanda di annullamento dell’aggiudicazione illegittima a favore della controinteressata, e risolta in termini di risarcimento per equivalente la pretesa a conseguire l’aggiudicazione dell’appalto, i vizi dell’aggiudicazione non possono più riflettersi sul negozio, perché la concatenazione logica e giuridica tra provvedimento e negozio è interrotta dal giudicato che ha efficacia preclusiva di ogni ulteriore indagine in merito. In altri termini, la sentenza si interpone tra le due fattispecie (quella provvedimentale e quella negoziale), ne interrompe la relazione derivativocostitutiva e determina un assetto di interessi (quanto agli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione e la correlativa sorte del contratto) che troverà, da quel momento, il proprio fondamento nella pronuncia giudiziale.

Ne consegue che lo scioglimento del contratto potrà avvenire, in questi casi, solamente per vizi contrattuali propri, oppure per ragioni di autorità ex art. 21 sexies l. 241/90 e art. 134 dlgs 163/06, ma non più per ragioni che trovino nell’accertamento dell’illegittimità dell’aggiudicazione, il proprio titolo o fondamento o comunque la propria giustificazione causale.

Nella fattispecie in esame, non può quindi essere equiparato l’accertamento giudiziale del mancato possesso di determinati requisiti qualificanti l’impresa ab origine, all’ipotesi, espressamente contemplata nel contratto all’art. 22 e richiamata nelle proprie difese dall’E. Spa, della risoluzione per sopravvenuta perdita dei requisiti di qualificazione, perché si tratta di due ipotesi radicalmente diverse. La mancanza originaria dei requisiti è un vizio dell’aggiudicazione che, come si è detto, ha formato oggetto di una pronuncia giurisdizionale; la mancanza sopravvenuta dei requisiti opera sul piano negoziale perché è contemplata da una clausola contrattuale che trova fondamento nell’assetto del sinallagma che le parti hanno posto in essere. Dunque, il comportamento dell’E. Spa non può trovare giustificazione neppure nell’ottica di una sua qualificazione a natura strettamente contrattuale, perché tale qualificazione, per i motivi espressi, va negata.

Ha quindi errato parte resistente nel "prendere atto" che l’annullamento giudiziale dell’aggiudicazione ha determinato la caducazione automatica del contratto, perché al momento dell’adozione dell’atto tale figura non era più sussistente nella disciplina dei contratti e perché, in ogni caso, tale conseguenza è stata espressamente e formalmente esclusa dalla decisione non oppugnata di questo Tribunale.

Per tale ragione, il ricorso è dunque fondato e come tale va accolto.

V) All’accoglimento del ricorso segue la reintegrazione nel contratto, secondo la domanda di parte ricorrente che non ha motivo di essere respinta.

In particolare, attesa la natura delle prestazioni dedotte (attività di supporto alla direzione dei lavori), dalla prospettazione della difesa della resistente (secondo la quale E. Spa ha già interamente sostituito il personale dell’ATI ricorrente ed è dunque subentrata direttamente nello svolgimento del servizio oggetto dell’appalto con proprie risorse) non emergono situazioni di irreversibile compromissione dello stato del contratto, né ragioni di interesse pubblico o di natura tecnica rilevanti ai fini dell’art.121 e 122 c.p.a.

Per tale ragione si deve ordinare all’E. Spa di reintegrare l’ATI ricorrente nel contratto, con effetto dalla data del 1 aprile 2011 – che appare congrua tenuto conto dei tempi di comunicazione della presente sentenza e delle necessarie attività logistiche – e con proroga dei termini di completamento dell’appalto di un periodo corrispondente al tempo intercorso tra la nota impugnata e la reintegrazione. Non appare superfluo precisare che la proroga è disposta al solo fine di recuperare i ritardi conseguenti alla caducazione disposta dall’E. Spa ed assicurare pienezza ed effettività di tutela quanto al risarcimento in forma specifica, senza dover aggravare di ulteriori costi l’Amministrazione resistente. Restano ferme tra le parti le rispettive pretese che trovano titolo nel contratto e nell’esecuzione dell’appalto così come esistenti e formalizzate alla data del 4 agosto 2010, la cui cognizione esula dall’odierno giudizio.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, secondo quanto in motivazione ed ordina all’Amministrazione di reintegrare parte ricorrente nel contratto, con effetto dalla data del 1 aprile 2011 e con proroga dei termini di completamento dell’appalto nel senso e nei limiti sanciti in parte motiva.

Condanna parte resistente alle spese di lite che liquida in euro 3.500,00 oltre IVA, CPA, rimborso del contributo unificato, oneri di notificazione e spese generali nella misura di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa e manda alla Segreteria giurisdizionale di comunicarne copia alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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