T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, Sent., 08-03-2011, n. 2121 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

Con il ricorso in oggetto, CNPR, una delle associazioni nate dalla privatizzazione degli ex "Enti pubblici previdenziali gestori di forme obbligatorie di previdenza ed assistenza" ai sensi del Dlgs 509/1994, impugna gli atti dell’autorità alla cui vigilanza è sottoposta (ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. "a" e "b") con i quali è stata negata l’approvazione della deliberazione con la quale, a modifica dell’art. 67, comma 1, lett. "a" del Regolamento di esecuzione del CNPR è stata variata la misura dell’aliquota di computo per la costituzione dei montanti contributivi (da utilizzare per la liquidazione delle pensioni contributive).

Espone, in fatto, che con delibera del dicembre 2003, la CNPR, pur non essendovi tenuta, ha abbandonato il sistema retributivo chiuso al 31 dicembre 2003 ed ha introdotto, in pro rata, quello contributivo, fissandone l’aliquota, con decorrenza 1 gennaio 2004, in una misura variabile, compresa tra l’8 ed il 15 % del reddito professionale (a scelta dell’iscritto); in questo modo, espone parte ricorrente, la pensione viene calcolata trasformando in rendita il montante accumulato ed i contributi versati finanziano più di sedici anni di pensione.

Tale opzione, sempre secondo la difesa di CNPR, ha comportato un grave sacrificio per gli iscritti e soprattutto per i più giovani, perché per i nuovi iscritti (che non possono contare sugli anni di contribuzione anteriori alla introduzione del sistema) il tasso di sostituzione si è ridotto drasticamente (la difesa di CNPR a titolo di esempio, indica un tasso di sostituzione teorico con 40 anni di contribuzione che passa dal 60% del sistema contributivo ad una aliquota compresa tra il 20% ed il 40%).

Per ovviare a questo inconveniente, il progetto di riforma del CNPR prevedeva di aumentare il tasso di sostituzione avvalendosi del contributo integrativo, gravante sulla platea dei clienti dei professionisti, calcolato in percentuale sul volume di affari (attualmente nella misura del 4%), da aggiungersi al contributo soggettivo (percentuale del reddito professionale che alimenta il conto individuale dell’iscritto, il quale, con le rivalutazioni annuali, costituisce il montante sul quale verrà determinata la pensione contributiva).

Per realizzare tale progetto, con la delibera adottata il 30 novembre 2006 il CNPR ha deciso di innalzare il tasso di sostituzione per i nuovi iscritti (ossia il rapporto tra pensione e reddito prepensionamento) utilizzando una parte del contributo integrativo, mediante una sua ripartizione solidaristica e proporzionale al reddito.

Ha così provveduto alla sostituzione dell’art. 67 del regolamento di esecuzione, prevedendo quanto segue:

a) somme versate per contributo soggettivo. L’aliquota di computo viene fissata in misura I. uguale a quella di finanziamento per gli iscritti da data anteriore al 1 gennaio 2004; II. Uguale a quella di finanziamento per gli iscritti per la prima volta da data successiva al 31 dicembre 2003, per gli anni di contribuzione per i quali si sono avvalsi della facoltà prevista dal comma 4 dell’articolo 35; III. Uguale a quella di finanziamento, maggiorata di 4 punti percentuali, per gli iscritti per la prima volta da data successiva al 31 dicembre 2003 e limitatamente agli anni di contribuzione per i quali non si sono avvalsi della facoltà prevista dal comma 4 dell’articolo 35." Al secondo comma del novellato articolo 67 è stata quindi previsto che l’accredito del contributo integrativo in termini di aumento dell’aliquota di computo di 4 punti percentuali, non si applica a coloro i quali si avvalgano della c.d. "decontribuzione" ossia della possibilità di versare per i primi 7 anni di iscrizione oltre il 38° anno d’età i contributi.

Trasmessa la deliberazione al Ministero del Lavoro ed al Ministero dell’Economia, al fine della sua approvazione ex art. 3, comma 2, Dlgs 509/94, queste ultime autorità, con la nota del 20.03.2008 impugnata hanno rilevato che la delibera avrebbe finalità di incentivazione degli iscritti più giovani a non avvalersi della possibilità di versare la contribuzione ridotta, conseguentemente determinando maggiori introiti nell’immediato, ma una maggiore spesa nel lungo periodo, per effetto delle più elevate aliquote di computo previste ed hanno invitato CNPR a fornire chiarimenti in ordine agli effetti sul lungo periodo della modifica normativa deliberata.

CNPR forniva i chiarimenti richiesti, evidenziando che per incrementare il tasso di sostituzione si prevedeva di destinare una quota dei contributi integrativi e che il bilancio tecnico, già redatto, non contemplava le entrate del menzionato contributo integrativo dei nuovi iscritti; conseguentemente tali somme risultavano immediatamente disponibili per l’incremento dell’aliquota di computo per i nuovi iscritti.

Con gli ulteriori provvedimenti impugnati, l’autorità preposta alla vigilanza stabiliva di non dare corso alla deliberazione in quanto non si reputava assolta la dimostrazione della sostenibilità finanziaria della gestione nel periodo indicato nella normativa vigente e si reputava necessaria una ulteriore riflessione in ordine alla normativa vigente, o sue eventuali modifiche, per rendere fruibile il flusso di introiti o entrate provenienti dall’integrativo, che andrebbe finalizzato a dare stabilità alle gestioni, come prescritto dall’art. 1 comma 763 l.f. 2003 per un periodo non inferiore a 30 anni.

Avverso i provvedimenti di diniego, CNPR ha dunque proposto l’odierno gravame, affidato ad una articolata censura in diritto e, in subordine, ad una censura di illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 763, l.f. 296/2006.

Si sono costituiti i Ministeri intimati che resistono al ricorso di cui chiedono il rigetto.

Alla pubblica udienza del 17 febbraio 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Con l’odierno ricorso viene all’esame del Collegio la questione della possibilità per parte ricorrente di modificare il sistema dei contributi previdenziali mediante l’utilizzo dei proventi del c.d. contributo integrativo, che è a carico degli utenti dei professionisti iscritti alla Cassa.

Con un primo ordine di censure, parte ricorrente contesta l’avversata decisione interministeriale per violazione di legge (in riferimento all’art. 1, comma 763 della l. 296/2006 e dell’art. 3, comma 12, della l. n. 335/1995, art. 2 del dlgs 509/1994) e per eccesso di potere sotto più profili.

La censura è infondata.

Si deve premettere che, in punto di fatto, dalle difese dei Ministeri (in particolare nella nota RAG/RG/9 del Ministero del Lavoro datata 02.12.2009 e versata in giudizio), emerge che, al di là del tenore formale dei provvedimenti impugnati, che avrebbero dovuto essere resi in termini più approfonditi ed esaustivi (considerazione questa che, si anticipa sin d’ora, costituisce una giustificata ragione di compensazione delle spese tra le parti) scontando un innegabile deficit comunicativo, le prospettazioni del bilancio tecnico che CNPR ha allegato alle modifiche regolamentari, non consentono effettivamente di ritenere che la destinazione dell’aumento del contributo integrativo al miglioramento del tasso di sostituzione sia sorretta da una solidità di bilancio tale da consentire la sostenibilità del progetto.

Indubbiamente, coglie nel segno la difesa del CNPR quando evidenzia che ai Ministeri responsabili della vigilanza sembra sfuggire che il bilancio tecnico è redatto senza tenere conto dell’aumento del contributo; ma, ad approfondito esame emerge altresì che proprio questa circostanza rende esente da censure il giudizio del provvedimento impugnato, perché dalle proiezioni nel trentennio del bilancio che sono esposte nella nota del 02.12.2009 si verifica che il bilancio è in sofferenza già nello stato attuale delle cose, e dunque il limite del progetto di riforma del CNPR si ravvisa non tanto in una ipotesi di aumento dell’aliquota del contributo integrativo, quanto nella sua destinazione ad incremento del tasso di sostituzione, perché è sicuramente prioritaria l’esigenza di consolidamento.

Le opposte tesi, per quanto è dato rilevarsi agli atti del giudizio, non sono peraltro esaustive e necessiterebbero di apposita istruttoria per essere approfondite, che tuttavia non è utile disporre perché, come si vedrà a seguire, lo stato attuale della normativa non consente di variare il titolo giuridico di utilizzazione dei proventi dei contributi integrativi.

Si deve comunque osservare, per completezza di giudizio e per evidenti ragioni di interesse pubblico, che sarebbe opportuno che le parti meglio approfondissero le rispettive previsioni di bilancio, perché non è senza significato la circostanza che il bilancio tecnico della Cassa presenti, secondo il Ministero, sofferenze di medio e lungo periodo, né sono da svalutare le esigenze di tutela dei nuovi iscritti che la CNPR si è proposta.

Nel merito dell’odierna controversia, risulta comunque assorbente di ogni altra indagine la circostanza che al progetto di imputare un aumento del contributo integrativo al montante individuale degli iscritti, osta il sistema normativo attuale.

Quest’ultimo non prevede di inserire il contributo integrativo, che grava sulla platea dei clienti dei professionisti, nel meccanismo previsto per la determinazione della misura delle prestazioni pensionistiche, essendo il relativo pagamento imposto al fine di consentire agli Enti l’erogazione di tutte quelle prestazioni di natura solidaristica che prescindono in tutto o in parte dalla contribuzione pagata (v. anche Cass. Sez. Lav. Nr. 10458 del 21 ottobre 2008).

In questo senso, l’art. 2 del Dlgs 509/94 riconosce alle associazioni e fondazioni derivanti dalla trasformazione degli Enti dell’allegato A autonomia gestionale, organizzativa e contabile nel rispetto dei princìpi stabiliti dallo stesso articolo 2, nei limiti fissati dalle disposizioni del decreto citato e tutto ciò in relazione alla natura pubblica dell’attività svolta; a sua volta, l’art. 3, comma 4 lett. "b", del Dlgs 509/94, devolve all’autonomia dell’Ente derivante dalla privatizzazione l’organizzazione del proprio sistema normativo, ma subordina comunque tali decisioni all’osservanza della disciplina della contribuzione previdenziale prevista in materia dai singoli ordinamenti.

In proposito, la giurisprudenza è chiara nell’affermare che "in tema di potestà normativa degli enti previdenziali privatizzati, le disposizioni in tema di privatizzazione dei soggetti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza (art. 2 e 3 d.lg. n. 509 del 1994) non hanno attribuito agli enti privatizzati il potere di incidere sulla disciplina sostanziale di tali assicurazioni (v. Corte cost. n. 248 del 1995 e n. 15 del 1999), nè sulla normativa in materia di contributi e prestazioni, salvi i poteri di cui essi, eventualmente, già disponessero, sulla base della normativa preesistente" (Cassazione civile, sez. lav., 05 aprile 2005, n. 7010).

Per la CNPR occorre far riferimento alla legge 30 dicembre 1991 nr. 414, che agli artt. 11 e 12 distingue tra contributo soggettivo e contributo integrativo, senza prevedere che quest’ultimo entri nel calcolo della base utile ai fini del trattamento pensionistico dell’iscritto.

Infatti, l’art. 2, comma 3, della legge 414/1991 prevede che il calcolo della media dei redditi utile ai fini dell’ammontare del trattamento pensionistico di vecchiaia è effettuato considerando i contributi soggettivi di cui all’art. 11; alle medesime modalità di calcolo rinvia anche l’art. 3, in tema di pensioni di anzianità, l’art. 4 in tema di pensioni di inabilità, e 5 in tema di pensioni di invalidità, utilizzano il medesimo criterio di cui all’art. 2. Ai sensi dell’art. 10, invece, i contributi di cui all’art. 12 (ossia i contributi integrativi) sono finalizzati a consentire l’erogazione delle prestazioni assistenziali di cui alla legge 160/63.

Anche se i proventi dei contributi integrativi confluiscono nei fondi di cui all’art. 26, concorrendo finanziariamente a sostenere entrambe le tipologie di prestazione (previdenza ed assistenza), la regolamentazione normativa del calcolo delle pensioni, ossia la disciplina dell’impiego dei fondi di cui al menzionato art. 26, resta definita dagli artt. 2 e ss., con esclusione dalla base di calcolo degli importi dei contributi integrativi, i quali avranno, in pratica, solo la funzione di finanziare, quali proventi, le attività della Cassa (tant’è vero che il loro versamento è obbligatorio anche a carico dei non iscritti, o di coloro che esercitano occasionalmente la professione).

Non è rilevante ai fini di interesse di parte ricorrente la giurisprudenza che riconosce che "la legge n. 335 del 1995 ha…perfezionato le disposizioni dirette alla garanzia di stabilità di bilancio dei predetti enti, attribuendo incisivi poteri in materia di contributi e prestazioni quali si evincono dal riferimento, sub art. 3, comma 12, legge n. 335 cit., alla "riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico, nel rispetto del principio del pro rata, in relazione alle anzianità già maturate rispetto all’introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti", con la conseguenza che, alla stregua del tenore letterale della menzionata disposizione, i poteri attribuiti riguardano i criteri di determinazione della misura dei trattamenti pensionistici" (ma non anche i requisiti per l’accesso ai medesimi o per la loro concreta fruizione: Cass. Civ. nr. 7010/2005), e che i medesimi enti previdenziali, ex art. 3 comma 12 l. 8 agosto 1995 n. 335, al fine di conseguire l’equilibrio di bilancio, sono stati autorizzati a deliberare, anche in deroga alle norme previgenti, una serie di misure, tra le quali rientrano anche i provvedimenti di determinazione della base di calcolo della pensione (Cass. Civ. Lav. 25 giugno 2007, nr. 14701). Infatti, i poteri di determinazione della misura dei trattamenti pensionistici non si spingono fino ad incidere sulla "qualità" del titolo, ossia sulla tipologia di finanziamento, perché quest’ultima è tuttora disciplinata dall’ordinamento vigente e quindi i poteri dell’Ente possono esplicarsi solamente in relazione alla determinazione delle aliquote (nei limiti di cui all’art. 15 della l. 414/91), o alla determinazione della base imponibile, ma non si estendono alla modifica del regime normativo di cui ai menzionati artt. 2 e ss. in tema di determinazione delle modalità di calcolo delle pensioni.

Le medesime considerazioni conducono anche a disattendere la domanda tesa a proporre la questione di legittimità costituzionale della disposizione di cui all’art. 1, comma 763, della l. 296/2006, nella parte in cui ha fatto salvi unicamente gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima dell’entrata in vigore della legge, per la ragione che, come si è visto, il progetto di riforma della CNPR non può essere approvato per il suo contrasto con la legge 414/91; e dunque la censura è manifestamente infondata.

Per quanto esposto il gravame è infondato e come tale va respinto, sussistendo giuste ragioni per disporre la piena compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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