Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 19-10-2010) 09-03-2011, n. 9340 Aggravanti comuni danno rilevante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- N.F., imputato di concorso nel delitto di cui agli artt. 110 e 56 c.p., art. 624 bis c.p., comma 1, art. 625 c.p., commi 2 e 7 – per avere, in concorso con D.M.V., non ricorrente, per procurarsi un ingiusto profitto, dopo essersi abusivamente introdotto nel giardino antistante l’abitazione di P.R., posto in essere atti univocamente diretti ad impossessarsi del cancello di ferro d’ingresso di detta abitazione, previo scardinamento dello stesso – propone ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo, del 23 settembre 2009, che, in riforma della sentenza assolutoria emessa dal giudice monocratico del locale tribunale, lo ha ritenuto colpevole del delitto contestato e, esclusa l’aggravante di cui all’art. 625, comma 7, lo ha condannato alla pena di un anno di reclusione e 200,00 Euro di multa.

All’affermazione di responsabilità il giudice del gravame è pervenuto alla stregua delle dichiarazioni rese dalla denunciante P.R. che ha sostenuto di avere notato, trovandosi a transitare, in auto, sull’autostrada A (OMISSIS) diretta all’aeroporto, due persone nel giardino della sua abitazione (una villetta abusivamente realizzata) che si agitavano a stretto contatto con la grata in ferro posta a protezione della porta d’ingresso, e di avere udito dei rumori, provenienti dallo stesso posto, indicati come dei colpi di martello. I Carabinieri di Carini, immediatamente intervenuti su richiesta della P., hanno sorpreso l’imputato ed il suo complice nel giardino della villetta – l’uno dei due impolverato e sporco di calce – e notato che la grata in ferro era stata divelta ed appoggiata a lato della porta d’ingresso, rinvenuta aperta, accanto alla quale è stato rinvenuto un arnese da scasso.

La corte territoriale ha quindi ritenuto non credibili le difese dei due imputati, i quali hanno sostenuto di essere giunti sul posto allo scopo di valutare l’opportunità di piantare una tenda in giardino e di avere trovato la grata in ferro già divelta. Difese apparse chiaramente inconsistenti non solo perchè della tenda in questione non è stata trovata traccia, ma anche perchè gli stessi imputati, avevano sostenuto, all’atto dell’intervento dei carabinieri, che la loro presenza nel giardino della P. era dovuta solo all’esigenza di soddisfare un bisogno fisiologico.

Avverso tale decisione propone, dunque, ricorso il N., che deduce violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata avendo i giudici del gravame affermato la penale responsabilità dell’imputato senza avere adeguatamente considerato le argomentazioni poste dal primo giudice a fondamento della decisione assolutoria e senza valutare gli argomenti difensivi articolati nella memoria depositata durante il giudizio di secondo grado.

-2- Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile essendo i relativi motivi manifestamente infondati, ovvero non proponibili nella sede di legittimità.

In realtà, formalmente deducendo i vizi di motivazione e di violazione di legge, sostanzialmente il ricorrente propone all’esame di questa Corte una rilettura del materiale probatorio posto dal giudice di merito a sostegno della sua decisione e dunque, una ricostruzione dei fatti diversa rispetto a quella accolta nella sentenza impugnata, svolgendo considerazioni di merito che sono del tutto estranee al giudizio di legittimità.

Peraltro, la corte distrettuale, in piena sintonia con gli elementi probatori acquisiti e nel rispetto della normativa di riferimento, ha, nel caso di specie, adeguatamente spiegato le ragioni del proprio dissenso rispetto alle tesi proposte dall’imputato con argomentazioni congrue e del tutto coerenti sul piano logico. In particolare, i giudici del gravame hanno giustamente osservato come: a) la presenza dell’imputato e del suo complice nel giardino dell’abitazione, b) la mancata prospettazione di ragioni plausibili di tale presenza – tali non potendosi ritenere le variegate giustificazioni sul punto fornite (soddisfare un bisogno fisiologico, piantare nel giardino una tenda di cui non è stata rinvenuta traccia alcuna)-, c) lo scardinamento della grata di accesso alla porta dell’abitazione, rinvenuta aperta, d) la presenza, accanto alla porta divelta, di un arnese da scasso, e) la presenza di polvere e di calce sugli abiti di uno dei due complici, non autorizzassero dubbi di sorta circa le ragioni di quella presenza, evidentemente legata, secondo il logico e condivisibile argomentare dei giudici del gravame, ad un piano ben preciso finalizzato all’asporto dei bei altrui.

Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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