Corte Costituzionale, Sentenza n. 246 del 2012, in tema di concorso dello Stato al finanziamento della spesa sanitaria

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 45 del 14-11-2012

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale della Tabella n. 2
(Stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze),
unita’ di voto 2.4 (Concorso dello Stato al finanziamento della spesa
sanitaria), prevista dall’art. 2, comma 1, della legge 12 novembre
2011, n. 184 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno
finanziario 2012 e bilancio pluriennale per il triennio 2012-2014),
promosso dalla Regione siciliana con ricorso notificato il 13 gennaio
2012, depositato in cancelleria il 19 gennaio 2012 ed iscritto al n.
14 del registro ricorsi 2012.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 23 ottobre 2012 il Giudice
relatore Aldo Carosi;
uditi l’avvocato Beatrice Fiandaca per la Regione siciliana e
l’avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del
Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – La Regione siciliana ha promosso questione di legittimita’
costituzionale della Tabella n. 2 (Stato di previsione del Ministero
dell’economia e delle finanze), unita’ di voto 2.4 (Concorso dello
Stato al finanziamento della spesa sanitaria), prevista dall’art. 2,
comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 184 (Bilancio di previsione
dello Stato per l’anno finanziario 2012 e bilancio pluriennale per il
triennio 2012-2014), pubblicata nel supplemento ordinario n. 234/L
alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 265 del 14
novembre 2011 (pag.173), denunciandone il contrasto con gli articoli
36 e 37 dello statuto siciliano (regio decreto legislativo 15 maggio
1946, n. 455, recante «Approvazione dello statuto della Regione
siciliana») e delle relative norme attuative, adottate con decreto
legislativo 3 novembre 2005, n. 241 (Norme di attuazione dello
Statuto speciale della Regione siciliana, recanti attuazione
dell’articolo 37 dello Statuto e simmetrico trasferimento di
competenze), nonche’ con gli articoli 81 e 119, quarto comma, della
Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione), ed altresi’ in violazione del principio di leale
collaborazione, che deve informare tutti i rapporti fra Stato e
Regioni.
La Tabella n. 2 prevede per il 2012 uno stanziamento pari a
8.833.324.987,00 euro a titolo di concorso dello Stato al
finanziamento della spesa sanitaria di tutte le Regioni.
Diversamente, osserva la ricorrente, il corrispondente stanziamento
per tutte indistintamente le Regioni, iscritto nell’anno finanziario
2011, ammontava ad 11.599.324.987,00 euro, con un decremento, quindi,
pari a 2.766.000.000,00 euro rispetto all’anno precedente.
Secondo la Regione siciliana, tale riduzione, disposta per di
piu’ in mancanza di qualunque clausola posta a salvaguardia delle
prerogative garantite alla Regione dallo statuto di autonomia,
risulterebbe costituzionalmente illegittima in quanto lesiva delle
attribuzioni della Regione siciliana in materia finanziaria e del
principio di leale collaborazione.
Espone la ricorrente che la quantificazione nello stato di
previsione della spesa del Ministro dell’Economia e delle Finanze,
all’unita’ di voto 2.4 di cui sopra sarebbe stata cosi’ determinata
nei minori importi rispetto allo stanziamento previsto per l’anno
2011 perche’ lo Stato continuerebbe ad omettere di dare integrale
copertura agli oneri al medesimo spettanti e relativi alla
compartecipazione alla spesa sanitaria della Regione siciliana.
Infatti, per effetto di quanto previsto dall’articolo 1, comma 143,
della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione
della finanza pubblica), lo stanziamento dell’unita’ di voto 2.4
previsto nel Bilancio dello Stato per l’esercizio finanziario 2012
avrebbe dovuto registrare un incremento stimato in circa 600 milioni
di euro.
Tale cifra, prosegue la Regione siciliana, corrisponderebbe
all’importo che, nell’anno 2011, aveva trovato copertura finanziaria,
a seguito d’intesa con lo Stato, a carico del Fondo per le aree
sottoutilizzate (FAS – poi divenuto Fondo per lo sviluppo e la
coesione sociale).
La ricorrente evidenzia difatti che l’art. 1, comma 143, della
legge n. 662 del 1996, aveva disposto che «a decorrere dall’anno 1997
la misura del concorso della Regione siciliana al finanziamento del
Servizio sanitario nazionale, e’ elevata al 42,5 per cento».
Con la successiva legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato –
legge finanziaria 2007), all’art. 1, comma 830, si prevedeva che «al
fine di addivenire al completo trasferimento della spesa sanitaria a
carico del bilancio della Regione siciliana, la misura del concorso
della Regione a tale spesa e’ pari al 44,85 per cento per l’anno
2007, al 47,05 per cento per l’anno 2008 e al 49,11 per cento per
l’anno 2009».
I successivi commi 831 ed 832 del medesimo articolo, a loro
volta, avevano rispettivamente previsto:
– la sospensione delle riportate disposizioni fino alla data del
30 aprile 2007, data entro la quale si auspicava il raggiungimento di
un’intesa finalizzata all’emanazione di nuove norme di attuazione
dello statuto della Regione siciliana in materia sanitaria, alla cui
mancata concretizzazione si correlava la fissazione, per l’anno 2007,
del concorso della Regione alla suddetta spesa sanitaria nella misura
del 44,09 per cento (inferiore quindi dello 0,76 per cento rispetto
alla percentuale destinata ad applicarsi in caso di acquisizione
della prefigurata intesa);
– la retrocessione alla Regione siciliana, da disporsi in sede di
definizione delle norme di attuazione statutaria richiamate dal
precedente comma 831, di una percentuale non inferiore al 20 per
cento e non superiore al 50 per cento del gettito delle accise sui
prodotti petroliferi immessi in consumo sul territorio regionale;
detta retrocessione, secondo quanto testualmente sancito dalla citata
norma, «aumenta simmetricamente, fino a concorrenza, la misura
percentuale del concorso della Regione alla spesa sanitaria, come
disposto dal comma 830».
Secondo la Regione siciliana la semplice lettura delle suddette
disposizioni evidenzierebbe che la disciplina del 1996 costituisca
norma a regime, destinata ad operare per un periodo di tempo
indefinito, a meno che nuove disposizioni, temporanee o con effetti
permanenti, non dispongano diversamente. Diversamente, prosegue la
ricorrente, la norma contenuta nella legge finanziaria per il 2007,
stante il testuale dettato, dovrebbe ritenersi un’eccezione,
temporaneamente limitata, rispetto a quanto in via ordinaria disposto
in materia di co-finanziamento regionale della spesa sanitaria, e
destinata a trovare applicazione per il solo tempo dalla medesima
specificamente individuato. Non sarebbe quindi possibile, se non
contravvenendo ai fondamentali canoni di ermeneutica giuridica,
ritenere che la disposizione che aumentava la compartecipazione della
Regione siciliana al 49,11 per cento dovesse trovare applicazione non
soltanto per l’anno 2009, come letteralmente era sancito, ma anche
per gli anni a venire.
Ne’, lamenta la Regione ricorrente, al fine di poter individuare
una giustificazione per tale minore allocazione di risorse nella voce
di bilancio impugnata, la legge 12 novembre 2011, n. 183
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – legge di stabilita’ 2012), ha correlativamente disposto
la retrocessione alla Regione siciliana di una percentuale del
gettito delle accise sui prodotti petroliferi immessi in consumo nel
territorio regionale, come era invece previsto dai commi 831 e 832
del menzionato art. 1 della legge n. 296 del 2006.
Una simile situazione ha determinato l’effetto di sottrarre parte
del gettito tributario che sarebbe spettato alla Regione in base
all’art. 36 dello statuto regionale.
Quanto affermato, secondo la ricorrente, si desumerebbe
agevolmente dalla comparazione fra le due tabelle relative,
rispettivamente, all’anno finanziario 2012 ed all’anno finanziario
2011. Nella prima di esse il concorso dello Stato al finanziamento
della spesa sanitaria del «Bilancio di previsione dello Stato per
l’anno finanziario 2012 e bilancio pluriennale per il triennio
2012-2014», ammonta ad 8.833.324.987,00 euro, mentre il
corrispondente stanziamento, iscritto nell’anno finanziario 2011,
ammontava ad 11.599.324.987,00 euro, con un decremento, quindi, pari
a 2.766.000.000,00 euro.
Dall’esame delle suddette tabelle, prosegue la ricorrente, si
ricaverebbe quindi la quantificazione del vulnus arrecato anche alla
Regione siciliana, la quale e’ invece «gia’ titolare di tutto il
gettito dei cespiti tributari secondo il sistema delineato dalle
disposizioni statutarie richiamate», ma si troverebbe cosi’ costretta
a destinare parte di tale gettito per alimentare anche la
compartecipazione alla spesa sanitaria che sarebbe stata invece di
spettanza dello Stato. Il maggior onere conseguentemente posto a
carico della Regione risulterebbe per quanto sopra esposto
illegittimo, poiche’ pregiudicherebbe la possibilita’ per la Regione
di esercitare le proprie funzioni per carenza di adeguate risorse
finanziarie.
In tal modo, secondo la ricorrente, si determinerebbe «un grave
squilibrio finanziario» a carico del bilancio regionale, creando
un’alterazione del rapporto tra complessivi bisogni regionali e
l’insieme dei mezzi finanziari disponibili per farvi fronte, come
risulterebbe dall’esame comparato delle tabelle dei bilanci di
previsione statale e regionale. E, parimenti, sarebbe possibile
quantificare il grave vulnus alle finanze della Regione, da
determinarsi in misura proporzionale alla diminuita partecipazione
della stessa alla ripartizione del fondo, seppure questo sia indicato
complessivamente per tutte le Regioni. In tal modo assumerebbe
concretezza la violazione dei parametri evocati, in accordo ai
principi gia’ affermati dalla giurisprudenza della Corte
costituzionale con la sentenza n. 145 del 2008.
La Tabella in questione, secondo la Regione siciliana, sarebbe
altresi’ lesiva, per le stesse ragioni gia’ enunciate, degli artt. 81
e 119, quarto comma, Cost. in relazione all’art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001, oltre che del principio di leale
collaborazione. Tale art. 10 stabilisce, infatti, che «sino
all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della
presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a
statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano per le
parti in cui prevedono forme di autonomia piu’ ampie rispetto a
quelle gia’ attribuite» e, pertanto, l’art. 119 Cost. dovrebbe
ritenersi applicabile anche alla Regione siciliana nella misura in
cui a tale disposizione e’ correlato un onere di contribuzione dello
Stato alle funzioni alla medesima attribuite. La riduzione dello
stanziamento finanziario, che coinvolge la ricorrente, avrebbe quindi
dovuto essere quantomeno determinato sentita la Regione interessata,
nel rispetto quindi del principio di leale collaborazione che,
secondo consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, deve
ispirare i rapporti fra Stato e Regioni.
2. – Si e’ costituita la Presidenza del Consiglio dei ministri,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
deducendo l’inammissibilita’ e l’infondatezza delle censure
regionali.
La difesa erariale premette che la legge statale determina
annualmente il fabbisogno sanitario, cioe’ il livello complessivo
delle risorse del Servizio sanitario nazionale (SSN) al cui
finanziamento concorre lo Stato. Tale fabbisogno – prosegue la difesa
erariale – nella sua componente cosiddetta indistinta (una quota del
finanziamento e’ vincolata al perseguimento di determinati obiettivi
sanitari), e’ finanziato dalle seguenti fonti:
a) – entrate proprie degli enti del SSN in un importo definito e
cristallizzato in seguito ad un’intesa fra lo Stato e le Regioni;
b) – imposta regionale sulle attivita’ produttive – IRAP (nella
componente di gettito destinata al finanziamento della sanita’),
nonche’ addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone
fisiche – IRPEF, entrambe le imposte quantificate nella misura dei
gettiti determinati dall’applicazione delle rispettive aliquote base
nazionali, vale a dire non tenendo conto dei maggiori gettiti
derivanti dalle manovre fiscali regionali eventualmente attivati
dalle singole Regioni;
c) – compartecipazione delle Regioni a statuto speciale e delle
Province autonome di Trento e di Bolzano: tali enti compartecipano al
finanziamento sanitario fino a concorrenza del fabbisogno non
soddisfatto dalle fonti di cui ai precedenti punti a) e b), tranne la
Regione siciliana, per la quale l’aliquota di compartecipazione e’
fissata dal 2009 nella misura del 49,11 per cento del suo fabbisogno
sanitario;
d) – bilancio dello Stato: esso finanzia il fabbisogno sanitario
non coperto dalle precedenti fonti di finanziamento attraverso la
compartecipazione all’imposta sul valore aggiunto – IVA (destinata
alle Regioni a statuto ordinario) ed attraverso il Fondo sanitario
nazionale (destinato alla Regione siciliana).
Annualmente, dunque, prosegue il Presidente del Consiglio dei
ministri, in relazione al livello del finanziamento del SSN stabilito
per l’anno di riferimento, al livello delle entrate proprie, ai
gettiti fiscali attesi e, per la Regione siciliana, al livello della
compartecipazione regionale al finanziamento, e’ determinato, a
saldo, il finanziamento a carico del bilancio statale nelle due
componenti della compartecipazione IVA e del Fondo sanitario
nazionale. La composizione del finanziamento del SSN nei termini
suddetti e’ evidenziata nei cosiddetti "riparti" (assegnazione del
fabbisogno alle singole Regioni ed individuazione delle fonti di
finanziamento) proposti dal Ministero della Salute su i quali si
raggiunge un’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e che sono
poi recepiti con propria delibera dal Comitato interministeriale per
la programmazione economica – CIPE.
Inoltre, prosegue la difesa erariale, il livello del
finanziamento sanitario (che e’ erogato alle Regioni in corso d’anno
anche ricorrendo, ove necessario, ad anticipazioni di tesoreria, al
fine di non condizionarlo all’andamento del ciclo economico e, in
ultima analisi, all’andamento delle entrate fiscali) e’ garantito da
un meccanismo di salvaguardia (ai sensi dell’art. 39, comma. 1, del
decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, recante «Istituzione
dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive, revisione degli
scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione
di una addizionale regionale a tale imposta, nonche’ riordino della
disciplina dei tributi locali», dell’art. 13 del decreto legislativo
18 febbraio 2000, n. 56, recante «Disposizioni in materia di
federalismo fiscale, a norma dell’art. 10 della legge 13 maggio 1999,
n. 133» e dell’art. 1, comma 321, della legge 23 dicembre 2005, n.
266, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato, legge finanziaria 2006») grazie al quale il
bilancio dello Stato (con apposito capitolo determinato annualmente
nella tabella ‘C’ della legge di stabilita’ – Fondo di garanzia)
provvede a compensare l’eventuale mancato gettito fiscale dell’IRAP
(sanita’) e dell’addizionale regionale all’IRPEF relativi agli
esercizi precedenti, a seguito della loro definitiva quantificazione.
L’unita’ di voto impugnata dalla Regione sarebbe quindi, secondo
il Presidente del Consiglio dei ministri, nella sua dimensione
finanziaria complessiva, sostanzialmente riconducibile al Fondo
sanitario nazionale ed al Fondo di garanzia (il quale comprende poi
altresi’ importi residuali diretti ad altre finalita’ sanitarie). Per
quanto sopra esposto, si prosegue, sarebbe di tutta evidenza come la
variabilita’ degli stanziamenti di bilancio dell’unita’ di voto in
questione dipenda tecnicamente dal livello del finanziamento
sanitario da coprire e dall’andamento dei gettiti fiscali (attesi ed
effettivi) che finanziano la sanita’.
Cio’ premesso, in ordine alla quota di Fondo sanitario nazionale
che finanzia il fabbisogno della Regione siciliana (il Fondo
sanitario complessivamente finanzia anche altre spese sanitarie
vincolate a determinati obiettivi), sottolinea il Presidente del
Consiglio dei ministri che, a decorrere dall’esercizio 2009, per la
relativa determinazione si e’ sempre tenuto conto, ai sensi dei
citati commi 830-832 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, di
un’aliquota di compartecipazione regionale pari al 49,11 per cento;
ed inoltre, prosegue la difesa erariale, su i riparti del fabbisogno
e sulla determinazione delle relative fonti di finanziamento, per
quanto attiene alla compartecipazione della Regione siciliana, per
gli esercizi 2009, 2010 e 2011, e’ stata raggiunta la prevista intesa
in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Pertanto, in concreto, tenuto conto che il Fondo sanitario
nazionale, nella componente che finanzia la Regione siciliana, e’
stato parametrato, in ciascuno degli esercizi 2009, 2010, 2011 e
2012, ad una compartecipazione regionale pari al 49,11 per cento del
fabbisogno sanitario regionale dei medesimi anni, secondo il
Presidente del Consiglio dei ministri non troverebbe fondamento
alcuno l’affermazione della ricorrente secondo la quale sarebbe il
bilancio 2012 ad arrecare pregiudizio alla finanza regionale.
Infatti, si prosegue, il differenziale che sussiste nella dimensione
finanziaria complessiva dell’unita’ di voto in oggetto nei due
esercizi osservati dalla Regione siciliana, al netto di variazioni
residuali su altri capitoli, dipenderebbe esclusivamente dalla
dimensione del citato Fondo di garanzia, che proprio nell’esercizio
2011 aveva assunto una consistenza ragguardevole (circa 6.000 milioni
di euro nel 2011, rispetto ai 3.250 milioni di euro stanziati per il
2012).
Tutto cio’ premesso, lo Stato eccepisce in via pregiudiziale
l’inammissibilita’ della questione di legittimita’ costituzionale
riferita alla Tabella n. 2 prevista dall’art. 2, comma 1, della legge
n. 184 del 2011.
In particolare, si osserva che non sussisterebbe un vero e
proprio interesse processuale a ricorrere. Difatti la ricorrente –
sostiene il Presidente del Consiglio dei ministri – non potrebbe
trarre alcun vantaggio immediato dalla dichiarazione di
illegittimita’ dell’atto impugnato, tanto che solo un eventuale
successivo atto, con cui si provvedesse ad imputare a carico del
bilancio regionale una quota di finanziamento della spesa sanitaria
regionale superiore a quella che la Regione siciliana ritiene in
linea con le previsioni di legge, potrebbe determinare l’an ed il
quantum del vulnus, rendendo concreta la lesione paventata. In
sostanza, argomenta la resistente che la Tabella impugnata non
determinerebbe la quota di partecipazione della Regione siciliana
alla spesa sanitaria, rimanendo impregiudicata la possibilita’ per lo
Stato, anche qualora fosse corretta la lettura del quadro normativo
fornito dalla ricorrente, di fissare tale partecipazione nella misura
pretesa dalla Regione.
La difesa erariale, dopo aver adombrato anche una violazione
(indiretta) del principio del ne bis in idem in ragione della
precedente sentenza di questa Corte n. 145 del 2008, nel merito
contesta le considerazioni di diritto in base al quale la Regione
ritiene che il concorso alla spesa sanitaria sia inequivocabilmente
disposto a regime dall’art. 1, comma 143, della legge n. 662 del
1996, in misura pari al 42,5 per cento, mentre dovrebbe ritenersi che
la misura del 49,11 per cento, – secondo la lettura che la ricorrente
offre dell’art. 1, commi 830, 831 e 832, della legge n. 296 del 2006
– avesse un carattere eccezionale e temporalmente limitato all’anno
2009.
In proposito, osserva la difesa erariale che se indubbiamente il
citato comma 830 determina la misura del concorso della Regione
siciliana alla spesa sanitaria nella misura del 44,85 per cento per
l’anno 2007, del 47,05 per cento per l’anno 2008 e del 49,11 per
cento per l’anno 2009 (e non "a decorrere dall’anno 2009") e se e’
vero che, probabilmente, la norma in questione avrebbe potuto
esplicitare in maniera incontrovertibile la propria efficacia di
termine iniziale, tuttavia non si puo’ ignorare che il medesimo comma
830 preliminarmente enuncia il fine perseguito dal legislatore con le
disposizioni che immediatamente seguono («Al fine di addivenire al
completo trasferimento della spesa sanitaria a carico del bilancio
della Regione Siciliana»). Ed invero, prosegue il Presidente del
Consiglio dei ministri, tale enunciazione renderebbe effettivamente
illogica l’interpretazione propugnata dalla ricorrente, stante che,
evidentemente, tale finalita’ (consistente nel completo trasferimento
della spesa sanitaria a carico del bilancio della Regione) non
potrebbe certo ottenersi attraverso un regresso alla precedente
aliquota di compartecipazione prevista dall’art. 1, comma 143, della
legge n. 662 del 1996, , che era appunto pari al 42,5 per cento.
Il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene poi che non
potrebbe ricavarsi dalle considerazioni espresse dalla Regione
ricorrente, stante la genericita’ delle censure e la loro
collocazione in una sfera di mera eventualita’, la dimostrazione da
parte regionale che la Tabella impugnata determini effettivamente una
«grave alterazione del rapporto tra insieme dei mezzi finanziari di
cui la Regione puo’ disporre e complessivi bisogni regionali», come
richiesto dalla giurisprudenza costituzionale.
La Tabella impugnata – secondo la difesa erariale – non avrebbe
la possibilita’ di incidere sulle risorse spettanti alla Regione
siciliana in base al proprio ordinamento finanziario, ma
determinerebbe solo il limite della disponibilita’ delle risorse che
saranno utilizzate in coerenza con le disposizioni vigenti.
Neppure, peraltro, secondo l’Avvocatura dello Stato, sarebbe dato
evincere dal ricorso quali siano i profili di incostituzionalita’
rispetto ai parametri contenuti negli artt. 36 e 37 dello statuto di
autonomia e le relative norme attuative, nonche’ agli artt. 81 e 119,
quarto comma, Cost., in relazione all’articolo 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001, oltre che al principio di leale
collaborazione.
Con riguardo a tale principio, osserva il Presidente del
Consiglio dei ministri che la funzione del complesso intervento
legislativo in esame – collegato anche alle altre disposizioni
urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica sopra menzionate –
dovrebbe piuttosto indurre a ritenere che sia proprio l’atteggiamento
di contrasto all’applicazione della normativa in oggetto, attuata
dalla controparte, a produrre una lesione ai principi di leale
collaborazione che dovrebbero essere rispettati da tutte le
Istituzioni della Repubblica nell’attuale difficile contingenza, come
gia’ affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 121 del
2010.

Considerato in diritto

1. – La Regione siciliana ha promosso questione di legittimita’
costituzionale della Tabella n. 2 (Stato di previsione del Ministero
dell’economia e delle finanze), unita’ di voto 2.4 (Concorso dello
Stato al finanziamento della spesa sanitaria), prevista dall’art. 2,
comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 184 (Bilancio di previsione
dello Stato per l’anno finanziario 2012 e bilancio pluriennale per il
triennio 2012-2014), in riferimento agli articoli 36 e 37 dello
statuto siciliano (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455,
recante (Approvazione dello statuto della Regione siciliana) e delle
relative norme attuative, adottate con decreto legislativo 3 novembre
2005, n. 241 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della
Regione siciliana, recanti attuazione dell’articolo 37 dello Statuto
e simmetrico trasferimento di competenze), nonche’ agli articolo 81 e
119, quarto comma, della Costituzione, in relazione all’articolo 10
della legge costituzionale 8 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della parte seconda della Costituzione), anche con riguardo al
principio di leale collaborazione nelle relazioni finanziarie tra
Stato e Regioni.
La Tabella n. 2 del bilancio di previsione 2012, approvato con la
legge precedentemente richiamata, determina il concorso dello Stato
alla spesa sanitaria e prevede – per il suddetto esercizio – uno
stanziamento pari a 8.833.324.987,00 euro a titolo di concorso dello
Stato al finanziamento della spesa sanitaria delle Regioni. La
partita di spesa oggetto di contestazione e’ di natura promiscua,
essendovi allocate risorse destinate a piu’ amministrazioni regionali
e con diverse causali, comunque collegate al finanziamento del
Servizio sanitario nazionale.
Costituitosi in giudizio, il Presidente del Consiglio eccepisce
che la Tabella, cosi’ sinteticamente compilata, riguarderebbe, nella
sua dimensione finanziaria complessiva, il fondo sanitario nazionale
e il fondo di garanzia, nonche’ "importi residuali diretti ad altre
finalita’ sanitarie", per cui "la variabilita’ degli stanziamenti di
bilancio dell’unita’ di voto in questione [dipenderebbe] tecnicamente
dal livello del finanziamento sanitario da coprire e dall’andamento
dei gettiti fiscali attesi ed effettivi che finanziano la sanita’".
In assenza di contestazione di parte ricorrente, il fatto deve
essere assunto per vero.
La Regione deduce che lo stanziamento della Tabella per l’anno
finanziario 2011, anch’esso articolato in modo indistinto per tutte
le Regioni beneficiarie del finanziamento, sarebbe stato pari ad
11.599.324.987,00 euro, superiore a quello impugnato per
2.766.000.000,00 euro.
In relazione al suddetto decremento, la ricorrente lamenta che –
pur nell’ambito del complessivo stanziamento privo di specificazione
sia con riguardo alle Regioni beneficiarie, che alle diverse causali
– vi sarebbe per la Regione siciliana un pregiudizio derivante
dall’applicazione di una percentuale superiore a quella fissata per
legge nel concorso al finanziamento del servizio sanitario effettuato
sul proprio territorio. Senza nessuna allegazione probatoria circa il
calcolo e la misura di detto decremento individuale, essa ne sostiene
la sussistenza per effetto della pretesa applicazione – da parte
dello Stato – di un concorso regionale pari al 49,11 per cento,
anziche’ del 42,5 per cento in forza dell’interpretazione del
combinato disposto degli artt. 1, comma 143, della legge 23 dicembre
1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) e
1, commi 830, 831 e 832, della legge 27 dicembre 2006, n. 296
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – legge finanziaria 2007). Lo Stato non avrebbe, infatti,
tenuto conto delle prescrizioni contenute nei commi 831 e 832 della
legge n. 296 del 2006, in base alle quali sarebbe stato sospeso il
processo di incremento del concorso regionale al Servizio sanitario
nazionale in attesa della correlata e simmetrica retrocessione, non
ancora avvenuta, a favore della Regione siciliana di una percentuale
– non inferiore al 20 per cento e non superiore al 50 per cento – del
gettito delle accise sui prodotti petroliferi immessi in consumo sul
territorio regionale. Detta retrocessione dovrebbe aumentare, in base
alla citata norma, «simmetricamente, fino a concorrenza, la misura
percentuale del concorso della regione alla spesa sanitaria, come
disposto dal comma 830» (art. 1, comma 832).
La perdurante assenza del procedimento compensativo conseguente
alla mancata attribuzione alla Regione siciliana di una percentuale
del gettito delle accise sui prodotti petroliferi immessi in consumo
sul territorio regionale, unitamente alla concomitante riduzione
dello stanziamento previsto nella Tabella n. 2, porrebbe in essere –
secondo la ricorrente – una violazione dell’art. 81 Cost., sotto il
profilo del prodotto squilibrio finanziario, dell’art. 119, quarto
comma, Cost., per la conseguente insufficienza delle risorse
destinate a finanziare integralmente le funzioni di competenza della
Regione, degli artt. 36 e 37 dello Statuto, per la mancata
attribuzione delle risorse di propria spettanza, dell’art. 10 della
legge costituzionale n. 3 del 2001, in quanto verrebbe riservato
all’ente territoriale in questione un trattamento di disfavore
rispetto alle altre Regioni a statuto ordinario. Viene infine
lamentata anche la violazione del principio di leale collaborazione
che dovrebbe ispirare le relazioni finanziarie tra lo Stato e le
Regioni.
Il resistente, dopo una sintetica ricostruzione dei meccanismi
inerenti al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, precisa
che l’unita’ di voto impugnata dalla Regione e’, nella sua dimensione
finanziaria complessiva, sostanzialmente riconducibile al Fondo
sanitario nazionale e al Fondo di garanzia (comprende poi capitoli di
importi residuali diretti ad altre finalita’ sanitarie).
L’indeterminatezza degli stanziamenti di bilancio dell’unita’ di voto
in questione dipenderebbe tecnicamente dal livello del finanziamento
sanitario da coprire e dall’andamento dei gettiti fiscali (attesi ed
effettivi) che finanziano la sanita’. Peraltro, in ordine alla quota
di Fondo sanitario nazionale destinato alla Regione siciliana,
l’applicazione del 49,11 per cento non sarebbe una novita’, bensi’ un
criterio adottato gia’ a decorrere dall’esercizio 2009 in sede di
Conferenza Stato-Regioni e confermato nei successivi esercizi 2010,
2011 e 2012.
Sulla base di queste considerazioni, il resistente eccepisce in
via pregiudiziale l’inammissibilita’ delle questioni di legittimita’
costituzionale rivolte alla Tabella n. 2 prevista dall’art. 2, comma
1, della legge n. 184 del 2011. Non sussisterebbe nel caso di specie
un interesse a ricorrere, in quanto la Regione non potrebbe trarre
alcun vantaggio immediato dalla dichiarazione di illegittimita’ della
Tabella stessa. Infatti, solo "un eventuale successivo atto, con cui
si provvedesse ad imputare a carico del bilancio regionale una quota
di finanziamento della spesa sanitaria regionale superiore a quella
che la Regione ritiene in linea con le previsioni di legge, potrebbe
determinare l’an ed il quantum del vulnus rendendo concreta la
lesione paventata", dal momento che la Tabella impugnata "non
determina la quota di partecipazione della Regione siciliana alla
spesa sanitaria, rimanendo impregiudicata la possibilita’ per lo
Stato, qualora fosse corretta (…) la lettura del quadro normativo
fornito dalla ricorrente, di fissare tale partecipazione nella misura
pretesa dalla Regione".
Il resistente eccepisce comunque l’infondatezza del ricorso nel
merito perche’ l’interpretazione proposta dalla Regione siciliana non
sarebbe conforme agli elementari canoni ermeneutici che
comproverebbero al contrario la soluzione interpretativa adottata
nell’ultimo quadriennio, peraltro ben conosciuta dalla Regione
stessa. Secondo il Presidente del Consiglio la formulazione del
ricorso mirerebbe ad ottenere, per via indiretta, un pronunciamento
in ordine alla questione gia’ proposta e decisa dalla Corte
costituzionale con la sentenza di rigetto n. 145 del 2008. Sotto tale
profilo vi sarebbe violazione del giudicato costituzionale.
2. – Le questioni proposte dalla Regione siciliana devono essere
dichiarate inammissibili in riferimento ai parametri evocati.
Il ricorso e’ generico quanto alla motivazione e carente quanto
al petitum e quanto alla pretesa ridondanza della disposizione
impugnata sulla lesione delle proprie competenze.
In relazione al dedotto pregiudizio, la ricorrente si limita a
prospettare una riduzione delle risorse a propria disposizione,
meramente ipotizzata sulla base di considerazioni prive di sostegni
documentali specificamente riferibili al suo finanziamento. Rispetto
al precedente ricorso gia’ esaminato da questa Corte (sentenza n. 145
del 2008), il presente e’ affetto non solo da analoga carenza
dimostrativa in ordine al pregiudizio lamentato circa «il rapporto
tra complessivi bisogni regionali e insieme dei mezzi finanziari per
farvi fronte» (sentenze n. 145 del 2008, n. 29 del 2004, n. 138 del
1999 e n. 222 del 1994), ma dalla ulteriore, e ben piu’ grave,
mancata indicazione, sia pure sommaria, del decremento finanziario
delle proprie risorse derivante dalla norma contestata. La riduzione
della quota di propria spettanza all’interno dell’indistinto
stanziamento della Tabella n. 2 viene dedotta con percorso logico
meramente indiziario e sicuramente controvertibile, soprattutto in
ragione delle numerose variabili operanti nella suddetta posta di
bilancio e del fatto che tali eterogenei fattori possono
concretamente influire nei confronti della Regione stessa solo
attraverso un eventuale successivo atto legislativo o amministrativo
di parte statale, come ricordato dalla controparte.
La Regione non indica le risorse effettivamente incamerate
nell’esercizio precedente e non tenta neppure di estrarre con criteri
estimatori presuntivi la propria contestata quota di spettanza per
l’esercizio 2012, facendo cosi’ contemporaneamente mancare entrambi i
termini di riferimento della lesione dedotta in giudizio.
Peraltro, buona parte della prospettazione non appare diretta a
supportare i vizi di legittimita’ lamentati bensi’ a sollecitare un
avallo interpretativo della norma condizionante la redazione
dell’impugnata Tabella, limitatamente alla parte inerente alla
Regione siciliana, in modo da sorreggere il significato che la
Regione stessa ritiene debba esserle attribuito. Cio’ senza fornire
alcuna dimostrazione circa la concreta incidenza della sollecitata
interpretazione sui meccanismi di determinazione dello stanziamento
finanziario presente nella Tabella.
Neppure la perdurante incertezza sullo stato delle relazioni
finanziarie tra i due enti alla data del ricorso, ormai prossima alla
chiusura dell’esercizio finanziario, puo’ far superare i vizi della
prospettazione e della definizione dell’oggetto del ricorso stesso.
Cio’ non in quanto l’indeterminatezza delle reciproche relazioni
finanziarie non costituisca un potenziale vulnus ai principi del
coordinamento della finanza pubblica e della salvaguardia degli
equilibri di bilancio, i quali devono essere preservati nei
rispettivi bilanci secondo modalita’ di leale collaborazione tra
Stato e Regione, ma per il fatto che spetta a chi propone il ricorso
farsi parte diligente nella definizione del petitum e nella
produzione degli atti necessari a sorreggerlo.
E’ fuor di dubbio che nel settore della finanza pubblica
allargata le partite creditorie e debitorie afferenti alle relazioni
tra enti pubblici, ed in particolare tra Stato e Regione, debbano
essere rappresentate nei rispettivi bilanci in modo preciso,
simmetrico, speculare e tempestivo (non essendo compatibile con i
principi di programmazione nell’impiego delle risorse e di tutela
preventiva degli equilibri del bilancio che la specificazione della
quota di finanziamento di funzioni importanti come quelle inerenti al
servizio sanitario regionale sia determinata, nell’an e nel quantum,
ad esercizio inoltrato ed addirittura in periodo vicino al termine
dello stesso come nel caso di specie). Tuttavia, l’assenza di tali
elementi e la negativa incidenza sulla sana gestione finanziaria non
possono essere lamentate senza una puntuale individuazione delle
componenti economiche e contabili assunte a riferimento della
doglianza. Sotto questo profilo, e’ onere indefettibile del
ricorrente allegare la precisa quantificazione del pregiudizio
lamentato, i criteri utilizzati per la sua definizione e le partite
dei rispettivi bilanci finanziari dalle quali si ricavano le relative
censure. Fermo restando l’obbligo in capo allo stesso resistente di
rendere ostensibili gli elementi finanziari e contabili di propria
competenza, i quali non possono essere soltanto affermati bensi’
debbono essere puntualmente documentati, il ricorso non puo’
limitarsi ad ipotizzare, attraverso elementi argomentativi astratti e
non univoci, l’esistenza di squilibri economico-finanziari o di
violazioni di precetti costituzionali, ma deve puntualmente definirne
essenza e consistenza, se del caso richiedendo alla parte resistente,
ove non altrimenti reperibili, i dati finanziari analitici correlati
ai profili disfunzionali censurati.
3. – Per le evidenziate carenze nella formulazione della domanda
il presente ricorso deve essere dunque dichiarato inammissibile.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimita’
costituzionale della Tabella n. 2 (Stato di previsione del Ministero
dell’economia e delle finanze), unita’ di voto 2.4 (Concorso dello
Stato al finanziamento della spesa sanitaria), prevista dall’art. 2,
comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 184 (Bilancio di previsione
dello Stato per l’anno finanziario 2012 e bilancio pluriennale per il
triennio 2012-2014), pubblicata nel supplemento ordinario n. 234/L
alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 265 del 14
novembre 2011 (pag.173), promossa, in riferimento agli articoli 36 e
37 dello statuto della Regione siciliana, approvato con regio decreto
legislativo 15 maggio 1946, n. 455 e delle relative norme attuative,
agli articoli 81 e 119, quarto comma, della Costituzione, in
relazione all’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione),
nonche’ in violazione del principio di leale collaborazione, dalla
Regione siciliana con il ricorso indicato in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 novembre 2012.

F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 9 novembre 2012.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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