T.A.R. Molise Campobasso Sez. I, Sent., 08-03-2011, n. 100 Amministrazione pubblica Bellezze naturali e tutela paesaggistica Energia elettrica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

i, i difensori, come da verbale di udienza;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I – La società ricorrente, avendo ottenuto l’autorizzazione regionale datata 12.12.2008, per la realizzazione e l’esercizio di un parco eolico da 30 Mw, in località Monteverde, nei pressi del Comune di Vinchiaturo, subiva poi l’annullamento della Soprintendenza molisana per i beni paesaggistici, con provvedimento n. 5709 del 16.2.2009, trattandosi di progetto incidente su area paesaggisticamente vincolata. Avendo chiesto il riesame dell’atto caducatorio, la ricorrente otteneva che la Soprintendenza esprimesse un parere favorevole al riesame in data 10.7.2009, a condizione che fosse eliminata dal progetto la pala n. 10, a causa dell’impatto sull’area monumentale e archeologica di Santa Maria di Monteverde. La stessa Soprintendenza, però, con atto del 7.4.2010, dichiarava improduttivo di effetti il parere del 10.7.2009, avviando una procedura per la sottoposizione a vincolo paesaggistico dell’intera area di Vinchiaturo. La ricorrente insorge, per impugnare i seguenti atti: 1)il provvedimento di annullamento di ufficio, in via di autotutela, prot. n. 2945 datato 7.4.2010, notificato il 16.4.2010, con il quale la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Molise, in persona del Soprintendente p. t., ha dichiarato, ai sensi dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990, l’illegittimità e la conseguente improduttività di effetti del parere espresso dalla medesima Soprintendenza, con la nota 10.7.2009 n. 7215; 2)ogni atto presupposto, connesso, collegato, conseguente, comunque lesivo, inclusi tutti gli atti riguardanti il procedimento di autorizzazione relativo al progetto di parco eolico presentato dalla società ricorrente. La ricorrente deduce i seguenti motivi: 1)violazione di legge (artt. 134142 comma 1 lett. m., 146159 del D.Lgs. n. 42/2004 e s.m.i., art. 17 lett. n) D.P.R. n. 233/2007, art. 21nonies legge n. 241/1990), eccesso di potere (illogicità, irrazionalità, ingiustizia manifesta, pretestuosità, violazione dei principi fondamentali del diritto europeo in materia di energie rinnovabili), violazione artt. 3 e 97.Costituzione; 2)violazione di legge (art. 3 – art. 21nonies legge n. 241/1990), eccesso di potere (mancata comparazione tra i fini che il vincolo paesaggistico intende tutelare e gli interessi economici coinvolgenti il progetto da realizzare, violazione dei principi fondamentali del diritto europeo in materia di energie rinnovabili), violazione artt. 3, 9, 41, 97 Costituzione; 3)violazione di legge (artt. 3 e 21nonies legge n. 241/1990), eccesso di potere (irragionevolezza del termine), violazione artt. 3 e 97 Costituzione. La ricorrente chiede, infine, il risarcimento dei danni derivanti dalla lesione dell’interesse legittimo alla realizzazione del parco eolico.

Con successiva memoria, la società ricorrente ribadisce e precisa le proprie deduzioni e conclusioni.

Si costituisce l’Amministrazione statale intimata, deducendo, con successiva memoria e note di deposito, l’inammissibilità, l’improcedibilità e l’infondatezza del ricorso. Conclude per la reiezione.

Intervengono "ad opponendum" la Provincia di Campobasso e le seguenti associazioni e onlus: Italia Nostra, U.i.l. – B.a.c., Movimento Consumatori, Lega Autonomie Locali – Molise e AltraItalia Ambiente. Chiedono tutte la reiezione del ricorso.

All’udienza del 3 novembre 2010, la decisione è differita ad una successiva camera di consiglio, ai sensi dell’art. 75 comma secondo del c.p.a. Nella camera di consiglio del 30 novembre 2010, la causa è introitata per la decisione.

II – Il ricorso è ammissibile e procedibile, ma infondato.

III – La Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Molise, con l’impugnato provvedimento datato 7.4.2010, ha dichiarato – ai sensi dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990 – l’illegittimità e la conseguente improduttività di effetti del parere favorevole espresso dalla stessa Soprintendenza, con nota del 10.7.2009 prot. n. 7215, in ordine al riesame dell’annullamento dell’autorizzazione regionale datata 12.12.2008, per la realizzazione e l’esercizio di un parco eolico da 30 Mw, in località Monteverde, nei territori dei Comuni di Vinchiaturo e Mirabello Sannitico. Ciò, in considerazione del fatto che l’area interessata dall’intervento progettato presenta molteplici profili di interesse culturale, di natura paesaggistica, architettonica e archeologica. Infatti, l’intero territorio comunale di Vinchiaturo è sottoposto al vincolo paesistico, stante il D.M. 18.7.1994; inoltre, il sito prescelto per il parco eolico è posto in contiguità fisica e visiva con l’antica chiesa e il monastero benedettino di Santa Maria di Monteverde (beni sottoposti a vincolo architettonico in data 31.5.1995); infine, nella zona circostante, è presente l’area archeologica di Santa Maria di Monteverde, tutelata a mente del decreto 17.2.1996.

IV – La vicenda, nei fatti, è articolata e complessa. La società ricorrente, avendo ottenuto l’autorizzazione regionale datata 12.12.2008, per la realizzazione e l’esercizio di un parco eolico da 30 Mw, subisce, in sede di controllo successivo, l’annullamento della Soprintendenza, con provvedimento del 16.2.2009. Avendo chiesto il riesame dell’atto caducatorio, la ricorrente ottiene che la Soprintendenza esprima un parere favorevole al riesame in data 10.7.2009, a condizione che sia eliminata dal progetto la pala n. 10, a causa dell’impatto di essa sull’area monumentale e archeologica di Santa Maria di Monteverde. La stessa Soprintendenza, però, con atto datato 7.4.2010, dichiara improduttivo di effetti il parere del 10.7.2009. E" evidente che l’atto impugnato del 7.4.2010 non è solo il ripensamento interlocutorio di un precedente parere, ma è un atto che rimuove dal mondo giuridico un precedente parere favorevole che ha valore di nullaosta. L’impugnato atto di autotutela, ponendo un ostacolo insormontabile al riesame da parte della Soprintendenza, equivale a implicito diniego della richiesta di riesame: in quanto tale, produce perduranti effetti, che incidono negativamente sulla sfera di interessi della società ricorrente. Pertanto, il ricorso appare ammissibile, sotto il profilo dell’interesse a ricorrere.

V – La ricorrente società non perde l’interesse alla decisione del ricorso, neppure dopo le sopravvenute determinazioni dell’autorità di tutela, in ordine all’apposizione di un vincolo indiretto sul territorio di Vinchiaturo. Invero, la Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise, con decreto n. 23 del 18.8.2010, ha concluso il procedimento di tutela indiretta dell’area oggetto del contenzioso, dettando per essa prescrizioni di fruizione, valorizzazione e conservazione. La società ricorrente,ha dichiarato in udienza di aver impugnato, con autonomo ricorso, anche il nuovo provvedimento di vincolo indiretto. Nondimeno, permane l’interesse della ricorrente alla decisione del ricorso in epigrafe, atteso che la sopravvenuta apposizione del vincolo indiretto opera su un piano diverso, con modalità ed effetti diversi rispetto al precedente diniego di riesame dell’annullamento dell’autorizzazione regionale. Invero, l’eventuale rimozione giurisdizionale dell’impugnato provvedimento di autotutela sortirebbe l’effetto di riattivare il procedimento di riesame, rendendo ipoteticamente possibile una reviviscenza dell’autorizzazione regionale annullata dalla Soprintendenza, talché l’interesse sostanziale della ricorrente a ottenere il nulla osta potrebbe essere soddisfatto in pieno. Viceversa, il vincolo indiretto posto a protezione del bene culturale, mediante la salvaguardia di un’area più vasta – come disciplinato dall’art. 45 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (cd. Codice dei beni culturali) richiederebbe un nuovo apprezzamento discrezionale della situazione da parte dell’autorità preposta alla tutela (cfr.: Cons. Stato VI, 29.4.2009 n. 1939). Permane dunque in capo alla ricorrente l’interesse alla decisione del ricorso, il quale resta procedibile.

VI – Nondimeno, i motivi del ricorso devono essere disattesi, perché infondati.

La ricorrente deduce che il parco eolico da essa progettato sorgerebbe a una distanza di 550 metri dal perimetro dell’area archeologica, talché l’interferenza con quell’area può essere valutata solo da un punto di vista paesaggistico. Ne consegue – a dire della ricorrente – che la competenza al rilascio del parere spetti alla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici e non alla Direzione Regionale per i beni culturali. Non si applicherebbero, dunque, al caso di specie le normative di cui all’art. 17 lett. n) del D.P.R. 20 novembre 2007 n. 233 e agli artt. 1 e 3 della legge 1° giugno 1939 n. 1089. La ricorrente rileva, inoltre, che la Soprintendenza aveva già svolto una completa valutazione della compatibilità paesaggistica del progetto, né vi era alcuna plausibile ragione perché annullasse di ufficio un parere ormai reso, peraltro dopo nove mesi, cioè in un tempo prolungato ed entro un termine che la ricorrente ritiene non più ragionevole. A dire della ricorrente, sarebbe mancata, nella specie, un’adeguata comparazione tra gli interessi paesaggistici e quelli economici e ambientali, anche in spregio ai principi del diritto europeo in materia di energie rinnovabili. Infine, la ricorrente osserva che l’area interessata da vincoli è già compromessa da interventi antropici (tra i quali una cava dismessa) e per essi l’Amministrazione non avrebbe posto in essere alcuna misura di recupero.

VII – Invero, come già rilevato, la zona interessata dall’intervento progettato presenta molteplici profili di interesse culturale, di natura paesaggistica, architettonica e archeologica. Infatti, l’intero territorio comunale di Vinchiaturo è sottoposto a vincolo paesistico, con D.M. 18.7.1994; inoltre, il sito prescelto per il parco eolico è posto in contiguità fisica e visiva con l’antica chiesa e il monastero benedettino di Santa Maria di Monteverde (beni sottoposti a vincolo architettonico in data 31.5.1995); infine, nella zona circostante, è presente l’area archeologica di Santa Maria di Monteverde, tutelata a mente del decreto 17.2.1996. Dai provvedimenti menzionati, appare evidente che le realtà archeologiche, artistiche e architettoniche individuate e sottoposte a tutela costituiscano – ciascuna autonomamente dall’altra – altrettante emergenze del territorio considerato, la cui salvaguardia è regolata dalla specifica disciplina di tutela recata da ciascun singolo provvedimento. Contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, la disciplina di tutela di tali emergenze non può essere genericamente compresa o assorbita all’interno del vincolo paesaggistico. Invero, il provvedimento di vincolo paesaggistico è precedente a tutti gli altri e se fosse stato sufficiente ad assicurare adeguato presidio tutorio a tutte le emergenze territoriali di valore storicoartistico, architettonico e archeologico, non vi sarebbe stata ragione di disporre, in momenti successivi al primo vincolo, specifici provvedimenti a loro presidio. Il vincolo paesaggistico tutela i generali valori estetici del territorio, senza tuttavia approfondire le peculiarità culturali delle singole emergenze meritevoli di considerazione e salvaguardia, ovvero li valuta in un unico contesto, ma in relazione al loro valore paesaggistico. Alla luce di ciò, appare evidente che il parere reso in data 10.7.2009 dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Molise sia solo un atto incompleto, con il quale si da nuova valutazione della compatibilità dell’impianto eolico con i valori paesaggistici, genericamente favorevole, a condizione che sia rimossa dal progetto la pala n. 10. Trattandosi di un contesto caratterizzato dalla compresenza di diversificati valori storicoartistici, architettonici e archeologici, bene ha fatto la Soprintendenza a ritenere – in sede di autotutela amministrativa – che della questione debba essere investita la Direzione regionale per i beni culturali. Invero, a tenore dell’art. 17 comma terzo lett. n) del D.P.R. 26 novembre 2007 n. 233 – recante norme di organizzazione per il Ministero dei beni culturali – l’espressione del parere di compatibilità, quando è la risultante di un’attività istruttoria condotta anche con riguardo alle valenze storicoartistiche e archeologiche espresse dal sito, deve rientrare nella competenza intersettoriale della Direzione regionale per i beni culturali.

Vi sono ulteriori considerazioni, che inducono a ritenere legittimo l’impugnato atto di autotutela, ancorché svolta a distanza di nove mesi dall’atto annullato. Quando vengono in rilievo superiori interessi pubblici, invero, il principio della ragionevolezza del lasso di tempo, entro cui si può esercitare l’autotutela, deve essere contemperato con quello per cui atti che esplicano effetti giuridici e materiali irreversibili o prolungati nel tempo devono essere adeguati al quadro normativo di riferimento, stante il generale principio di legalità (cfr.: Cons. Stato VI, 18.8.2009 n. 4958). E, nel caso di specie, effettivamente vengono in rilievo superiori interessi pubblici.

VIII – La costruzione e l’esercizio di impianti da fonti rinnovabili – soggetta ad autorizzazione unica regionale – deve rispettare le normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storicoartistico, a tenore dell’art. 12 comma terzo del D.Lgs. 29 dicembre 2003 n. 387 (cfr.: Corte Cost., 26.3.2010 n. 119). Le argomentazioni dedotte da parte ricorrente sembrano non voler considerare che la tutela del paesaggio costituisce un valore di rango superiore (o almeno pari) rispetto all’ambiente e alla libertà di iniziativa economica. Se, nella previsione costituzionale, il principio di protezione ambientale è pretermesso, a mente dell’art. 41 della Costituzione, l’iniziativa economica è libera, ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale. Viceversa, per l’art. 9 secondo comma, la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione, senza limitazioni, condizioni o vincoli teleologici. Mentre la tutela del paesaggio e dei beni culturali è incondizionata e assoluta, la garanzia della libertà economica è subordinata alla sua "funzione sociale", rientrando sicuramente nella generale accezione della funzionalizzazione anche la salvaguardia delle bellezze naturali, del patrimonio pubblico e dei beni destinati alla fruizione collettiva.

Pertanto, la disciplina costituzionale del paesaggio erige il valore esteticoculturale a principio primario dell’ordinamento (Cons. Stato V, 12.6.2009 n. 3770), mentre la limitazione della libertà di iniziativa economica per ragioni di utilità sociale appare giustificata non solo nell’ottica costituzionale, ma anche in quella dei princìpi di cui all’art. 6 della C.e.d.u. (Convenzione europea dei diritti) e dell’art. 1 del relativo Protocollo addizionale, poiché, in essi, la garanzia dell’autonomia privata non è incompatibile con la prefissione di limiti a tutela dell’interesse generale (cfr.: Corte Cost. 22.5.2009 n. 162).

Il principio di precauzione, in virtù del quale la legge individua gli strumenti per il perseguimento della tutela del paesaggio e dei beni culturali, ha portata generale (cfr.: T.A.R. Veneto Venezia III, 8.3.2006 n. 565). E la disciplina dei piani paesistici non assorbe ogni profilo di tutela, atteso che la legge consente di utilizzare, volta per volta, criteri discrezionali per verificare la compatibilità con il paesaggio di una determinata opera o intervento sul territorio (cfr.: Cons. Stato IV, 5.7.2010 n. 4244; T.A.R. Campania VII 3.11.2009 n. 6825; T.A.R. Lombardia Brescia 12.1.2001 n. 2). Anche un’area non disciplinata da piano paesistico può essere sottoposta a vincoli, dal che consegue che l’autorità di tutela, operando il suo apprezzamento tecnicoamministrativo, deve evitare il pregiudizio dei beni protetti. Ciò, tuttavia, non comporta che la detta autorità debba tenere da conto l’utilità economica delle opere progettate, secondo quanto previsto dell’art. 152 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42. E" vero che la riduzione delle emissioni nocive attraverso l’utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili costituisce oggetto di impegni internazionali assunti dallo Stato italiano (come il Protocollo di Kyoto dell’11 dicembre 1997, recepito con la legge 1° giugno 2002 n. 120), ma è altresì vero che pure la salvaguardia del paesaggio costituisce oggetto di impegni internazionali (come la Convenzione europea del paesaggio, siglata a Firenze il 20.10.2000 e ratificata con legge 9 gennaio 2006 n. 14). Pertanto, alla concezione totalizzante dell’interesse paesaggistico non può sostituirsi una concezione totalizzante dell’interesse ambientale, che ne postuli la tutela a ogni costo mediante lo sviluppo di impianti di energia alternativa, che abbiano un grave e irreversibile impatto paesaggistico. Ciò equivale a dire che il conflitto tra tutela del paesaggio e tutela dell’ambiente e della salute non può essere risolto in forza di una nuova aprioristica gerarchia che inverta la scala dei valori, ma deve essere operato in concreto mediante una ponderazione comparativa di tutti gli interessi coinvolti, potendosi configurare una preminenza valoriale a favore del paesaggio, o tutt’al più un’equivalenza ponderata tra il paesaggio, l’ambiente e il diritto d’intrapresa economica (cfr.: T.A.R. Molise I, 8.4.2009 n. 115).

Si può anche ritenere che le diverse valutazioni ambientali (v.a.s., v.i.a., valutazione d’incidenza ambientale, tutela dei parchi e della aree protette) e urbanistiche (piani urbanistici e programmi di opere pubbliche) siano operate all’interno del procedimento della conferenza di servizi regionale, alla stregua delle valutazioni paesaggistiche, ma ciò non esclude che vi sia una divaricazione delle discipline settoriali. Fino a quando l’autorità statale preposta alla tutela del paesaggio e dei beni culturali ha il potere di annullare, in sede di controllo, gli atti regionali – ancorché l’intervento statale debba esprimersi nella ponderazione procedimentale di una conferenza di servizi regionale appositamente convocata – si deve ritenere che la tutela del paesaggio abbia comunque portata generale e speciale considerazione di valore, rispetto a ogni forma di pianificazione degli interventi urbanistici, economici e infrastrutturali sul territorio, costituendo necessario presupposto per essi (cfr.: Cons. Stato IV, 5.7.2010 n. 4244; idem V, 12.6.2009 n. 3770).

Se è vero che i conflitti tra tutela del paesaggio e tutela dell’ambiente (e indirettamente della salute) che si possono innescare nello sviluppo di fonti di energia alternativa, in caso di grave e irreversibile impatto paesaggistico, possono e devono essere risolti in concreto, attraverso una ponderazione comparativa tra tutti gli interessi coinvolti, e ciò deve avvenire all’interno della conferenza di servizi – non già nell’esercizio unilaterale dei vari poteri pubblici implicati – nondimeno, all’autorità tutoria non compete – neppure in virtù dei princìpi generali della normativa sul procedimento amministrativo, né del citato art. 152 del D.Lgs. n. 42 del 2004 – di comparare e ponderare, nel procedimento, gli interessi tutelati con gli altri interessi economici e di salvaguardia ambientale, intrinseci alle politiche di promozione delle energie da fonti alternative, atteso che detta comparazione avviene in un momento e nell’esercizio di un potere diverso, in sede di conferenza di servizi regionale (cfr.: Corte Cost. 6.11.2009 n. 282). In conclusione, l’imposizione e la tutela del vincolo paesaggistico, come di altri vincoli, non richiedono che gli interessi privati siano ponderati unitamente e in coerenza con gli interessi pubblici connessi alla tutela paesaggistica (cfr.: Cons. Stato V, 12.6.2009 n. 3770).

Nel caso di specie, la consistenza e la concorrenza di interessi paesaggistici, archeologici, storici e architettonici coinvolti appaiono quantitativamente e qualitativamente preponderanti, al punto da risultare rilevanti nella determinazione della competenza della Direzione regionale, la quale dovrà valutare se le emergenze tutelate siano preclusive di ogni forma di intervento, anche in considerazione dell’art. 1 lett. a) della L.R. n. 22/2009 che, per gli impianti eolici, prevede una fascia di rispetto minima di due chilometri dal perimetro dei complessi monumentali e di 500 metri dal perimetro delle aree archeologiche.

Quanto all’aspetto dedotto di presunta compromissione antropica in atto del sito in argomento, esso è privo di pregio e di rilievo, atteso l’orientamento di un’autorevole giurisprudenza, a tenore del quale l’affermazione che in una zona sono state realizzate opere che ne pregiudicano i valori paesaggistici e culturali non può valere a giustificare ulteriori illegittimità (cfr.: Cons. Stato VI, 9.12.2008 n. 61100; T.A.R. Lazio Roma II, 2.10.2009 n. 9622).

I motivi del ricorso sono dunque infondati. Il parco eolico progettato dalla ricorrente sorge a una distanza di 550 metri dal perimetro dell’area archeologica, nondimeno l’interferenza con quell’area deve essere valutata da un punto di vista archeologico e storicoarchitettonico, oltre che paesaggistico. Ne consegue che la competenza al rilascio del parere spetti non alla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici, ma alla Direzione Regionale per i beni culturali, in applicazione delle normative di cui all’art. 17 lett. n) del D.P.R. n. 233 del 2007 e agli artt. 1 e 3 della legge n. 1089 del 1939. Stante la rilevanza degli interessi pubblici in gioco, è da ritenersi ragionevole il decorso di un tempo di nove mesi per l’autotutela amministrativa. Inconferente è il rilievo della mancata comparazione tra gli interessi paesaggistici e quelli economici ed ambientali, atteso che non spetta all’autorità ministeriale effettuare tale comparazione. Non vi è, nella specie, alcuna violazione dei princìpi del diritto europeo in materia di energie rinnovabili. Infine, priva di pregio è l’osservazione che l’area interessata da vincoli è già compromessa da interventi antropici.

IX – In conclusione, il ricorso non può essere accolto. Si ravvisano giustificate ragioni per la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge perché infondato.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina all’Autorità amministrativa di dare esecuzione alla presente sentenza.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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