Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-02-2011) 10-03-2011, n. 9665 Lettura di atti, documenti, deposizioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

V.A., L.C., F.P., C. S., M.M., M.C. e M. C., ricorrono, a mezzo dei loro difensori contro la sentenza 20 maggio 2008 della Corte di appello di Catania la quale, concesse anche al V. ed al MA. le attenuanti generiche e ritenuta quanto al solo M.C. la continuazione con il fatto già giudicato di cui alla sentenza della Corte di Appello di Catania dell’11 aprile 2000, esecutiva il 13/2/2001, in parziale riforma della sentenza 28 ottobre 2005 del Tribunale di Catania, ha determinato la pena: in anni quattro e mesi otto di reclusione, Euro 21.000,00 di multa quanto a V.A.; in anni quattro di reclusione ed Euro 18.000,00 di multa quanto a L.C. e C.S.; in anni tre e mesi sei di reclusione, Euro 20.000,00 di multa quanto a MA.Ca.; in anni tre di reclusione, Euro 14.000,00 di multa quanto a F.P. ed a M.M.; in mesi sei di reclusione, Euro 1.200,00 di multa ex art. 81 cpv. C.P. quanto a M.C.; ha modificato da perpetua in temporanea e per la durata di cinque anni la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per il V., il MA., il L., il C. ed il M. e ha confermato nel resto la sentenza appellata.

Tutti i ricorrenti deducono nella decisione impugnata violazione di legge e vizio di motivazione nei termini che verranno ora esaminati.
Motivi della decisione

1.1) motivi di impugnazione di MA.Ca..

Il difensore dopo aver evidenziato la peculiarità della posizione del ricorrente rispetto agli altri imputati, ha sostenuto con un primo motivo che la Corte di appello ha fondato la sua decisione su materiale inutilizzabile e dato dalle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari dai testi Ce., D.M., m. e Ch., già ritenuti inutilizzabili dal primo giudice.

Con un secondo motivo si lamenta sempre sull’esame dei testi Ce., m. e Ch., la violazione dell’art. 500 cod. proc. pen..

Con un terzo motivo si prospetta ancora violazione di legge in ordine all’utilizzo processuale delle dichiarazioni del tossicodipendente Mo. rese alla Polizia giudiziaria il 29 ottobre 1992 ed acquisite in violazione del disposto dell’art. 512 c.p.p..

Con un quarto motivo si evidenzia la non utilizzabilità delle dichiarazioni dell’agente R. sul contenuto degli involucri lanciati dal veicolo che aveva a bordo il Ma..

Con un quinto motivo si sostiene la sussistenza dell’attenuante di cui al comma quinto del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

Con un sesto motivo si illustra l’errore di conteggio nella sanzione nel senso che, dopo aver indicato la pena pecuniaria di base, pari a 20 mila Euro.20 mila non ha operato la riduzione ex art. 62 bis c.p..

1.2) motivi di impugnazione di L.C..

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo dell’art. 500 c.p.p., in ordine all’esame del teste c..

Con un secondo…..motivo si lamenta violazione di legge in relazione al disposto ex art. 195 c.p.p., comma 4, con conseguente inutilizzabilità delle dichiarazioni per tale via ottenute senza redazione del verbale ex art. 357 c.p.p.. Con un terzo motivo si prospetta l’inutilizzabilità delle sommarie informazioni testimoniali rese da Mo., in violazione degli artt. 191 e 512 c.p.p., attesa la prevedibilità che tale persona si rendesse irreperibile.

Con un quarto motivo si evidenzia violazione di legge e vizio di motivazione in punto di omesso riconoscimento dell’attenuante D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73. 1.3) motivi di impugnazione di F.P..

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo dell’illegittimo utilizzo delle dichiarazioni rese da Mo., in violazione degli artt. 191 e 512 c.p.p., attesa la prevedibilità che tale persona si rendesse volontariamente irreperibile per sottrarsi all’esame testimoniale.

In conclusione, per il ricorrente, i verbali delle dichiarazioni del Mo. acquisiti ex art. 512 c.p.p., non sono utilizzabili ex art. 526 c.p.p., comma 1 bis, ai fini di fondare il giudizio di responsabilità trattandosi di soggetto che si è volontariamente sottratto all’esame da parte dell’imputato e/o del suo difensore.

Con un secondo motivo si lamenta la negazione dell’attenuante D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, della quale ricorrevano le condizioni soggettive ed oggettive.

1.4) motivi di impugnazione di M.M..

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della violazione degli artt. 512 e 514 c.p.p., in relazione all’utilizzo delle dichiarazioni del Mo., raggiunto da più citazioni e mai presentatosi in udienza, con una frettolosa ed approssimativa dichiarazione di irreperibilità.

Con un secondo motivo si lamenta che la decisione di responsabilità sia stata ottenuta sulla scorta di insufficiente compendio probatorio e fondato principalmente su dichiarazioni di persone psicolabili in quanto dedite all’uso di droghe e sentiti in contesti di assunzione delle stesse sostanze.

Con un terzo motivo si prospetta la sussistenza dell’attenuante del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5. 1.5) i motivi di impugnazione di V.A. e C. S..

I motivi di impugnazione per tali due imputati sono contenuti in un unico atto difensivo con motivi anche comuni.

Con un primo motivo di ricorso viene prospettata – per entrambi gli accusati- inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della ritenuta responsabilità considerato che: gli iniziali coimputati che hanno scelto il rito abbreviato sono stati assolti dalla Corte di appello e che identico proscioglimento hanno conseguito gli accusati minori di età; che non è mai stata accertata alcuna cessione di sostanza stupefacente; che le dichiarazioni valorizzate provengono da persone tossicodipendenti una delle quali, il Mo., si è reso irreperibile; che non sono decisivi i riconoscimenti fotografici del V., tra l’altro basati sulla foto del ricorrente all’età di 16 anni.

Con un secondo motivo per il solo V. – si lamenta la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per l’acquisizione delle foto del ricorrente all’atto del suo ingresso in carcere, al fine di evidenziare la differenza tra le foto usate e quelle recenti.

Con un terzo motivo si prospetta – per entrambi gli accusati – violazione e vizio di motivazione in ordine ai mancato riconoscimento dell’attenuante D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, comma 5.

Con un quarto motivo si evidenzia per i due ricorrenti la violazione delle norme in punto di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e determinazione della pena ex art. 133 c.p., segnalandosi in proposito l’errore nel giudizio di equivalenza posto che l’unica aggravante contestata ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 6) era stata esclusa dal giudice di primo grado.

2.) le ragioni della decisione di annullamento con rinvio in punto di violazione dei disposto dell’art. 512 c.p.p..

Preliminarmente va rilevata la fondatezza del gravame del Ma. in ordine alla valorizzazione a suo danno delle dichiarazioni rese nei corso delle indagini preliminari dai testi Ce., D. M., m. e Ch., già ritenute inutilizzabili dal primo giudice.

In secondo luogo va osservato che le dichiarazioni del Mo. sono state, variamente e con diversa caratura, utilizzate per tutte le pronunce di colpevolezza; da ciò la decisività del loro apporto e la necessità, laddove dichiarate "inutilizzabili", di una nuova valutazione dei profili delle singole responsabilità da parte del giudice dell’annullamento con rinvio.

Il Tribunale, nella prospettazione del materiale processuale, usato ai fini della decisione nei confronti di tutti gli odierni ricorrenti, ha specificamente indicato le dichiarazioni rese da Mo.Sa. nella fase delle indagini preliminari (verbali di spontanee dichiarazioni del 29 ottobre 1992 e di sommarie informazioni dei 9 gennaio 1993), che sono state ritenute pienamente utilizzabili ex art. 512 c.p.p., "non essendo stato il Mo. mai reperito, nonostante le ricerche all’uopo effettuate, in occasione delle citazioni dello stesso per l’esame testimoniale, che avrebbe dovuto svolgersi all’udienza dei 14.3.2000, e per la testimonianza che lo stesso avrebbe dovuto rendere, con riferimento alle posizioni riunite degli imputati Ma., Va. e R. all’udienza dell’11 gennaio 2005.

La corte distrettuale, decidendo sull’appello degli imputati, ha ritenuto corretta l’applicazione nella specie del disposto dell’art. 512 c.p.p..

Tutti i ricorrenti (il V. ed il C. in modo meno specifico) contestano diffusamente il giudizio di responsabilità a loro carico, nella parte in cui esso è stato ottenuto dai giudici di merito sulla scorta delle dichiarazioni del teste Mo., di cui sarebbe stata data irrituale lettura ex art. 512 c.p.p..

Il tema è stato affrontato: nel 1^ e nel 3^ motivo del Ma.;

nel 1^ motivo del V. e del C.; nel 3^ motivo del L.; nel 1^ motivo del F. e del M..

In particolare il Ma., nel suo ricorso, riprende i termini in fatto delle citazioni del teste, le quali hanno avuto il seguente progressivo sviluppo:

a) il Mo., ritualmente citato dai Carabinieri presso il domicilio di Via (OMISSIS), risulta regolarmente presente all’udienza del 25 febbraio 2003;

b) rinviato il processo, per omessa traduzione di uno degli imputati, il Tribunale diffida il teste a ricomparire alla successiva udienza, fissata per il 20 maggio 2003;

c) all’udienza del 20 maggio 2003, il Mo. peraltro non si presenta;

d) seguono due ulteriori rituali citazioni del teste per le udienze del 13 gennaio 2004 e del 15 giugno 2004;

e) il Mo. quindi – pur ritualmente citato – non compare in nessuna delle tre ultime udienze e si allontana dal domicilio di Via (OMISSIS);

f) successivi accertamenti indicano che il teste era emigrato a (OMISSIS), luogo in cui, tuttavia, risultava sconosciuto;

g) all’udienza dell’11 gennaio 2005, il Tribunale dichiara Mo. irreperibile, acquisendo, così, le dichiarazioni da lui rese, dinanzi alla polizia giudiziaria, nella fase delle indagini preliminari, richiamando la regola dell’art. 512 c.p.p..

A fronte di tale realtà, come già detto, i ricorrenti tutti lamentano che il Tribunale, nell’acquisire le dichiarazioni rese dal teste ritenuto irreperibile, non abbia proceduto ad una corretta applicazione dell’art. 512 c.p.p., da interpretarsi alla luce delle innovazioni introdotte dall’art. 111 Cost., comma 5, essendo pacifico nella vicenda che il Mo., inoppugnabilmente edotto della pendenza del giudizio nel quale egli rivestiva il ruolo di teste, ha deciso di non comparire, non già perchè in condizioni di oggettiva impossibilità di farlo, ma molto più semplicemente per una pacifica scelta di carattere soggettivo.

Il motivo è fondato per più profili e travolge i giudizi di colpevolezza che su tali dichiarazioni hanno trovato fondamento e supporto probatorio.

E’ noto, per consolidato orientamento giurisprudenziale sul punto, che la "sopravvenuta ed imprevedibile irreperibilità" dei soggetti le cui dichiarazioni siano già state ritualmente acquisite in sede predibattimentale e dei quali non possa dirsi provata la "volontà di sottrarsi all’esame dibattimentale" rientra nei casi di "accertata impossibilità oggettiva" i quali, ex art. 111 Cost., comma 5, derogano alla regola della formazione della prova nel contraddittorio delle parti; con la conseguenza che, in tal caso, non rileva la prospettata violazione dell’arti. 6, comma 3, lett. d) C.E.D.U. (come interpretato dalle pronunce della Corte di Strasburgo), in quanto, come si evince dalle sentenze della Corte costituzionale n. 348 e 349 del 2007, le norme della predetta Convenzione, ancorchè direttamente vincolanti, nell’interpretazione fornitane dalla Corte di Strasburgo, per il giudice nazionale, non possono tuttavia comportare la disapplicazione delle norme interne, con esse ipoteticamente contrastanti, se e in quanto queste ultime siano attuative di principi affermati dalla Costituzione, cui anche le norme convenzionali devono ritenersi subordinate, condizione soddisfatta dall’applicabilità dell’art. 111 Cost., comma 5, (Cass. pen. sez. 5^, 16269/2010 Rv. 247258).

Tuttavia in tema di letture dibattimentali, la sopravvenuta impossibilità di ripetizione dell’atto, nei caso di irreperibilità del teste, ricorre esclusivamente se tale situazione, non solo sia "imprevedibile", con riferimento al momento dell’assunzione della prima dichiarazione, ma sia pure "oggettiva" nel senso che non vi siano elementi da cui desumere che il soggetto si sia volontariamente sottratto all’esame.

In tale ultima evenienza infatti non si configura l’ipotesi di impossibilità di formazione della prova in contraddittorio cui si riferisce l’art. 111 Cost., comma 5.

Nel caso di specie peraltro la volontà di sottrarsi all’esame era ragionevolmente desumibile – salvo diverse indicazioni che la corte distrettuale non ha precisato – dai comportamento del teste il quale, regolarmente citato per ben tre volte consecutive a comparire in udienza, non è comparso facendo successivamente perdere le sue tracce (Cass. pen. sez. 6^, 8384/2003 Rv. 223731).

Va infatti ribadito che, ai fini dell’utilizzabilità, mediante lettura, delle dichiarazioni predibattimentali di una persona per sopravvenuta imprevedibile irreperibilità, l’impossibilità di acquisizione della prova nel contraddittorio delle parti esige: un accertamento rigoroso (Cass. pen, sez. 6^, 3937/2000, Ibrahimi) il quale non è soddisfatto da una verifica burocratica o di "routine", ma impone l’adempimento, da parte del giudice, di quanto in suo potere per reperire il dichiarante, non esclusa, se del caso, l’ipotesi dell’accompagnamento coattivo ex art. 133 c.p.p., al quale nella vicenda non si è provveduto, nonostante la triplice reiterata ed ingiustificata assenza del Mo., soggetto non solo ritualmente citato, ma ben consapevole del dibattimento in atto, posto che egli era comparso alla prima udienza del 25 febbraio 2003 (cfr. ex plurimis: Cass. pen. sez. 2^, 22358/2010 Rv. 247434 Massime precedenti Conformi: N. 36747 del 2003 Rv. 225470).

Da ciò consegue l’inutilizzabilità di tutte le dichiarazioni del Mo. (per la sua scelta di sottrazione al dibattimento) che sono state considerate agli effetti delle singole pronunce di colpevolezza, con annullamento della gravata sentenza e rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Catania, per nuovo giudizio e nuova valutazione dei profili delle singole responsabilità dei ricorrenti, esclusi gli apporti probatori dianzi dichiarati inutilizzabili.

La decisione di annullamento con rinvio assorbe le altre questioni prospettate nei motivi.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Catania per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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