Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-02-2011) 10-03-2011, n. 9688 Diritti d’autore, Opera dell’ingegno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 26 giugno 2009, la Corte d’Appello di Napoli confermava la sentenza con la quale, il 9 maggio 2007, C. D. veniva condannato dal Tribunale di Napoli per il reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1, lett. c) e comma 2, lett. a).

Avverso tale decisione il predetto proponeva ricorso per cassazione.

Con un unico motivo deduceva il vizio di motivazione e la violazione della L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1, lett. c) e comma 2, lett. a) come da interpretare alla luce della giurisprudenza comunitaria e delle successive decisioni di questa Corte in ordine alla mancata apposizione del contrassegno SIAE sui supporti audiovisivi e rilevando come tale giurisprudenza, afferente all’art. 171 ter cit., lett. d), assumesse rilievo anche con riferimento alla lett. c) del medesimo articolo, non potendosi ritenere che la sola mancanza del contrassegno possa assumere valore di elemento indiziario dell’illecita duplicazione nè, tantomeno, tale valore potrebbe essere attribuito ad altri elementi quali le modalità di vendita e l’assenza di documenti autorizzativi.

Aggiungeva che la concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, negata dalla Corte d’Appello, era in realtà compatibile con il reato contestato e la recidiva ben poteva essere esclusa dal giudice con conseguente riconoscimento delle attenuanti generiche.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Occorre preliminarmente osservare come il ricorrente abbia richiamato decisioni di questa Corte che si riferiscono alla violazione di cui all’art. 171 ter, comma 1, lett. d).

Infatti, in tema di diritto d’autore, relativamente ai reati di detenzione per la vendita di supporti privi del contrassegno Siae, secondo la giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia Europea 8 novembre 2007, Schwibbert) dopo l’entrata in vigore della direttiva Europea 83/189/CEE, la quale ha previsto una procedura di informazione comunitaria nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche, l’obbligo di apporre sui compact disk contenenti opere d’arte figurativa il contrassegno SIAE in vista della loro commercializzazione nello Stato membro interessato, costituisce una "regola tecnica" che, qualora non sia stata notificata alla Commissione della Comunità Europea, non può essere fatta valere nei confronti di un privato.

Con riferimento al reato di cui all’art. 171ter, comma 1, lett. d) si è osservato che l’obbligo di apposizione del contrassegno Siae sui supporti rappresentati da musicassette, fonogrammi, videogrammi o sequenze di immagini in movimento è stato introdotto, per la prima volta, dal D.Lgs. n. 685 del 1994, successivamente all’entrata in vigore della menzionata direttiva comunitaria, senza che ne sia stata fatta comunicazione alla Commissione (Sez. 3 n. 13816,2 aprile 2008).

Sulla base di tale presupposto, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto l’inopponibilità nei confronti dei privati dell’obbligo di apposizione del predetto contrassegno quale effetto dalla mancata comunicazione alla Commissione dell’Unione Europea di tale "regola tecnica" in adempimento della direttiva Europea 83/179/CE, rilevando che ciò comporta l’assoluzione del soggetto agente con la formula "il fatto non è previsto dalla legge come reato" (cfr. Sez. 3, n. 13816, 2 aprile 2008; n. 34553, 3 settembre 2008; Sez. 2, n. 30493, 22 luglio 2009) La successiva entrata in vigore del D.P.C.M. 23 febbraio 2009, n. 31, di approvazione della regola tecnica oggetto del procedimento di notifica alla Commissione UE n. 2008/0162/1, ha reso nuovamente perseguibili penalmente le condotte successive al 21 aprile 2009.

Si è peraltro esplicitamente osservato che, nonostante il richiamato indirizzo interpretativo, continuava ad essere vietata e sanzionata penalmente qualsiasi attività comportante l’abusiva diffusione, riproduzione o contraffazione delle opere dell’ingegno (Sez. 3, n. 34555, 3 settembre 2008).

Il ricorrente, tuttavia, richiama altra giurisprudenza di questa Corte, peraltro non uniforme, che esclude valore probatorio o indiziario dell’illecita duplicazione o riproduzione dei supporti audiovisivi alla semplice mancanza, sugli stessi del contrassegno Siae (Sez. 3, n. 44892,20 novembre 2009; Sez. 3, n. 27109, 4 luglio 2008; Sez. 7, n. 21579, 29 maggio 2008. Difformi Sez. 3 n. 34266, 27 agosto 2008; Sez. 3 n. 129, 8 gennaio 2009) ricavandone la conclusione che, nella fattispecie, verrebbe meno anche il reato sanzionato dalla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. c).

Contrariamente a quanto affermato in ricorso, tuttavia, pur considerando irrilevante la mancanza del contrassegno predetto, l’abusiva duplicazione può essere agevolmente dimostrata dalla sussistenza di altri elementi quali, ad esempio, le modalità di tempo e di luogo della vendita, il confezionamento, il tipo di supporto utilizzato, l’assenza di loghi o marchi del produttore, l’utilizzo di copertine o locandine fotocopiate etc. Nella fattispecie, emerge chiaramente dal contenuto della decisione di primo grado che il ricorrente venne sorpreso mentre era intento alla vendita di 550 supporti audiovisivi esposti su un telo poggiato in terra nei pressi di un mercato rionale, con copertine palesemente contraffatte e che, ad un esame a campione, rivelavano la abusiva duplicazione.

Con riferimento al mancato riconoscimento della attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 deve invece osservarsi che la Corte territoriale, con apprezzamento congruo e privo di cedimenti logici, ha fondato il proprio diniego sulla circostanza che il valore dei supporti (67 CD e 483 DVD) ne escludeva l’applicabilità.

Tale opzione interpretativa risulta perfettamente allineata alla giurisprudenza di questa Corte che ha affermato come tale circostanza attenuante comune sia configurabile anche con riferimento al delitto di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, ma a condizione di una simultanea presenza di un lucro perseguito o conseguito dall’autore del reato ed un evento dannoso o pericoloso a detrimento della P.O. connotati dalla speciale tenuità (Sez. 3 n. 12644,11 aprile 2006;

Sez. 1 n. 36299, 8 ottobre 2001).

Si è però specificato che l’applicazione di detta circostanza attenuante è incompatibile con la fattispecie di reato prevista dall’art. 171 ter, comma 2, lett. a) il quale prevede una pena più grave quando il numero dei supporti abusivamente detenuti per il commercio sia superiore alle cinquanta unità (Sez. 3 n. 13819, 2 aprile 2008).

Per quanto riguarda infine, la asserita mancata concessione delle attenuanti generiche, deve osservarsi che la questione è priva di fondamento, avendo il giudice di prime cure riconosciuto le attenuanti medesime seppure con un giudizio di equivalenza che tuttavia, correttamente, la Corte territoriale non ha ritenuto censurabile in considerazione della gravità del fatto contestato.

L’impugnata decisione, pertanto, è del tutto immune da censure.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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