Cons. Stato Sez. IV, Sent., 09-03-2011, n. 1522 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al TAR Lombardia gli odierni appellati impugnavano il provvedimento n. 150/09 del 25. 6. 2009 con cui il Comune di Rovato ha rilasciato alla società S. il permesso di costruire, previa demolizione dell’esistente, un fabbricato (di 2.467 mc per complessivi 15 appartamenti) su un lotto (contrassegnato dalle particelle n. 72,73 e 238) misurante 1.386 mq. di proprietà dell’appellante ed adiacente alla proprietà (contrassegnata dalla particella n. 227) degli appellati. Quest’ultima è situata in Rovato alla via Cocchetti nn. 25 e 29 e confina con l’altra proprietà (S.) situata nella medesima via, al n. 27.

A sostegno del ricorso al TAR contro la concessione rilasciata alla società S. gli odierni appellati (B., C., G., R. e S.) ponevano i seguenti motivi:

1. violazione dell’art. 11 d.pr. 380/01 per difetto di legittimazione della società concessionaria a chiedere il titolo edilizio in parola, atteso che sui lotti di proprietà della stessa esisterebbe un vincolo di inedificabilità che impedirebbe ai proprietari di chiederne lo sfruttamento edilizio;

2- violazione dell’art. 41 quinquies l. 1150/42 in quanto l’amministrazione ha consentito di realizzare l’intervento su area priva di capacità edificatoria per essere la stessa stata asservita ai fondi confinanti giusta atto di vincolo;

3. violazione dei principi generali che regolano la successione tra gli strumenti urbanistici, in quanto la sopravvenienza di un nuovo piano regolatore non consente di superare il pregresso vincolo pattizio; ed in ipotesi subordinata, il sopraggiungere dello strumento urbanistico consentirebbe al limite lo sfruttamento soltanto della differenza tra l’indice fondiario sopravvenuto e quanto già ceduto in precedenza, e non già lo sfruttamento integrale dell’indice fondiario;

4. violazione dell’art. 46, co. 4, d.p.r. 495/92, recante regolamento al codice della strada, che, per esigenze di scorrevolezza della circolazione, prevede che i cancelli debbano essere arretrati in modo da consentire la sosta fuori della carreggiata del veicolo in attesa di entrare in esso (precetto che è stato rispettato dal fabbricato dei ricorrenti, ma che non verrebbe rispettato dal progetto della controinteressata);

5. violazione dell’art. 10 n.t.a del PRG che prescrive per i suoli la cui conformazione non è esattamente orizzontale che il calcolo delle quote vada fatto facendo la media di quelle misurate ai due fronti che nel progetto in esame non è possibile verificare;

6. violazione dell’art. 12 d.p.r. 380/01 per essere stato assentito l’intervento edilizio senza la realizzazione di opere di urbanizzazione, che sarebbero particolarmente necessarie in quanto l’edificio da costruire prevede l’insediamento sul territorio comunale di 15 appartamenti.

Nel ricorso era formulata altresì istanza di risarcimento del danno subito.

Si costituivano nel giudizio con separate difese la controinteressata S. srl ed i danti causa di questa (F.M. ed altri), che deducevano l’infondatezza dei motivi di ricorso ed allegavano nota di deposito documenti.

Con ordinanza del 21. 12. 2009, n. 6344 il Consiglio di Stato accoglieva l’appello cautelare con motivazione incentrata sul danno che avrebbe subito la controinteressata dalla sospensione dei lavori.

Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo ha anzitutto ricostruito le vicende proprietarie ed edilizie inerenti le aree in proprietà delle parti; tale ricostruzione è opportuno qui richiamare perchè rilevante ai fini della decisione. In particolare:

– i lotti di proprietà rispettivamente dell’appellante e degli appellati appartenevano in origine ad una medesima persona, tale G.G., che il 4. 12. 1976 ne alienava una parte (mappali 231 e 232) a tale G.C., dante causa dei ricorrenti, ed il 1. 9. 76 ne alienava un’altra parte (mappale 227) a favore del figlio G.G. (anch’egli ricorrente), trattenendone per sé una terza parte (mappali 72, 73, e 238) che alienerà successivamente, il 7. 7. 1981, ai signori Facchi e Rolfi;

– il 19. 3. 1977, quindi circa quattro anni prima di alienare tali ultimi mappali ai controinteressati Facchi e Rolfi, il signor G.G. – su richiesta del Comune di Rovato che non riteneva esserci volumetria sufficiente nel comparto per concedere le licenze edilizie che chiedevano G.C. e G.G. – stipulava un atto notarile unilaterale con cui vincolava in edificabilità il proprio fondo,

– più precisamente, la formula usata dal disponente G.G. risultava la seguente: "G.G. vincola tutta l’area di proprietà in Rovato foglio 2 mappali 72 e 73 per modo che sulle aree suddette di proprietà dei signori G.G. e G.C. possano eseguirsi le progettate costruzioni",

– il 7. 7. 1981 l’atto notarile con cui G.G. vendeva ai controinteressati i mappali 72 e 73 citava l’esistenza del vincolo di inedificabilità, e specificava anche che la parte acquirente dichiara di ben conoscere tale atto di vincolo,

– la questione del vincolo di circa trenta anni prima tornava di attualità in tempi più recenti e dava origine al giudizio innanzi al TAR, perché il 24. 4. 2009 i controinteressati Facchi e Rolfi stipulavano con la S. srl un contratto preliminare di compravendita dei terreni di proprietà (poi seguito da definitivo del 17.7.2009), e su tale presupposto il 25. 6. 2009 la S. srl otteneva il contestato permesso per costruire su tali terreni un fabbricato destinato ad ospitare 15 appartamenti.

Il TAR adìto ha accolto la tesi dei ricorrenti per cui i terreni dei controinteressati non disponevano in realtà di capacità edificatoria sufficiente ad ospitare il carico urbanistico assentito, perché ancora gravati dal vincolo costituito dal loro dante causa il 19.3.1977. Il giudice di prime cure ha anche precisato che l’aumento dell’indice del fondo servente, nel frattempo intervenuto, ne maggiora la capacità edificatoria della differenza tra l’indice attuale e quello preesistente; cionondimeno, prosegue la sentenza, "il fondo servente non si vede restituire la volumetria già utilizzata dal fondo dominante né quella eventualmente ancora utilizzabile dallo stesso in base all’accordo privato".

Pertanto il TAR ha accolto il ricorso, annullando il permesso di costruire impugnato; ha poi respinto la domanda risarcitoria.

La società S. ha impugnato la sentenza, chiedendone l’annullamento alla stregua di mezzi ed argomentazioni riassunti nella sede della loro trattazione in diritto da parte della presente decisione. L’appellante ha altresì domandato la dichiarazione di nullità del predetto patto di asservimento.

Si sono costituiti nel giudizio d’appello i ricorrenti in primo grado (sig.ri B., C., G., R. e S.), resistendo al gravame ed esponendo in successiva memoria le proprie argomentazioni difensive, che si hanno qui per riportate.

Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2011 il ricorso è stato discusso e trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1.- L’appello è infondato.

1.1.- Dopo un ampio riepilogo dell’intera vicenda, la società S. espone (pp.20 e ss.gg.) motivi di appello tutti incentrati sul mancato o insufficiente esame da parte del TAR degli argomenti difensivi da essa svolti in primo grado, i quali possono essere sintetizzati come segue:

a – il vincolo del 1977 venne costituito esclusivamente per consentire ai beneficiari del medesimo la costruzione di un edificio altrimenti impedito dalle disposizioni urbanistiche comunali all’epoca vigenti; su tale valenza del vincolo si sostiene che la sentenza "sorvola" limitandosi ad osservare che esso permane durevole nel tempo;

b- l’area dell’appellante, nel corso degli anni, ha subito varianti di destinazione urbanistica, che hanno modificato la capacità edificatoria) prevedendo un indice di 1,80 mc/mq in luogo del precedente 1mc/mq) ed anche questi elementi sarebbero stati ignorati dalla decisione (la quale, inoltre, non ha preso in considerazione la buona fede della società acquirente);

c- la predetta evoluzione dell’edificabilità dell’area non è stata oggetto di impugnativa da parte dei soggetti appellati;

d – tali sopravvenienze avrebbero di fatto caducato il vincolo di asservimento, alla cui esistenza peraltro non avrebbero mai fatto cenno;

e- della volumetria asservita si deve tenere conto nell’ambito dell’indice di comparto unitario di cui i fondi dell’appellante fanno parte, sicchè il volume ammissibile risulterebbe di 4620 mc., quindi ben superiore a quello del progetto assentito ed annullato, restando irrilevante l’entità dell’asservimento;

f- il predetto sistema di computo della volumetria risponde ai principi dettati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. a.p., n.3/2009);

g- non è stata qualificata la portata dell’asservimento,il quale avrebbe comunque il valore di una mera presupposizione, con la conseguenza che il negozio recante l’asservimento avrebbe dovuto essere considerato "tamquam non esset" o, al massimo costitutivo una "servitus inaedificandi" ampiamente prescritta, o, mancando di corrispettivo, come atto di liberalità, tuttavia nullo per difetto di forma ( art. 782 cod.civ.).

h- sono stati erroneamente valutati i fatti, con riferimento alla relazione istruttoria redatta dal Comune, per la quale l’asservimento non risulta preclusivo della concessione nella considerazione unitaria del comparto;

i- conseguentemente è errato il conteggio dell’indice con riferimento ai singoli lotti del frazionamento, emergendo, in base alla relazione istruttoria, che nonostante il vincolo il lotto conservasse complessivamente una volumetria residua di 1295 mc.;

l – la sentenza ha erroneamente applicato i principi giuridici regolanti l’asservimento e l’orientamento giurisprudenziale espresso dal Consiglio di Stato (a.p., n.3/2009), per il quale nel computo della volumetria vanno inseriti gli edifici esistenti, atteso che l’istituto dell’asservimento ha la finalità di accrescere le potenzialità edificatorie e di assicurare l’ordinato assetto del territorio. Sotto questo profilo il Comune di Rovato, nel rilasciare il permesso edilizio impugnato, avrebbe fatto corretta applicazione dell’istituto, tutelando i pubblici interessi ad esso sottesi.

2.- Nessuna delle argomentazioni in esame riveste utilità o rilevanza con riguardo alla fattispecie di cui si controverte.

– Va premesso, sul piano generale, che il TAR non ha affatto trascurato gli argomenti sopra riassunti, ma ha affrontato tutti i profili giuridici da essi sollevati, chiarendo i motivi per i quali le tesi proposte non hanno trovato accoglimento.

Nel merito della questione controversa (stabilire se, in corretta applicazione dell’istituto dell’asservimento urbanistico e della normativa locale, come evolutasi nel tempo, il lotto interessato dal permesso della società S. avesse o meno la volumetria necessaria) la Sezione ritiene corrette le motivazioni addotte dal giudice di primo grado.

2.1.- In ordine al primo profilo, che investe la portata dell’atto di asservimento. il Collegio non può che confermarne la valenza sia sul piano formale che sostanziale, dovendosi escludere qualsiasi ipotesi di invalidità negoziale dell’atto notarile. In particolare non ha fondamento la tesi che l’atto avrebbe in realtà il valore di una mera presupposizione, con la ulteriore conseguenza che il negozio recante l’asservimento avrebbe dovuto essere considerato "tamquam non esset" o, al massimo costitutivo una "servitus inaedificandi" (ampiamente prescritta), o, mancando di corrispettivo, come atto di liberalità, tuttavia nullo per difetto di forma ( art. 782 cod. civ.); al contrario la sentenza ha correttamente confermato (p.10), sulla base delle tabelle presentate dal tecnico comunale, sia che l’asservimento è stato disposto in favore dei due fondi confinanti, sia la sua misura volumetrica.

Sugli effetti sostanziali dell’atto, poi, non è contestabile che la formula utilizzata per l’asservimento (come sottolineato dal TAR) vincola "tutta l’area di proprietà in Rovato foglio 2 mappali 72 e 73" in modo che sulle aree confinanti (in proprietà dei ricorrenti in primo grado) possano eseguirsi le progettate costruzioni". E poiché come affermato da pacifica giurisprudenza l’asservimento è una fattispecie obbligatoria che crea una relazione pertinenziale durevole e cristallizzata nel tempo (Cons. di Stato, a.p., n.3/2009), gli atti in questione hanno irreversibilmente determinato una indiscutibile corrispondente sottrazione di volumetria al lotto che poi è pervenuto in proprietà S., e della quale deve tenersi conto ai fini della volumetria assentibile sul lotto dell’appellante. L’incidenza del vincolo è infatti divenuta effettiva sotto il profilo pubblicisticourbanistico al momento del rilascio della concessione edilizia agli appellati che si è fondata sulla volumetria raggiungibile proprio in forza dell’asservimento.

2.2- Deve ora trattarsi delle questioni sollevate con riguardo agli effetti delle varianti che hanno modificato la capacità edificatoria del lotto acquistato dalla S., problematica connessa con quella delle modalità di computo della volumetria assentibile in favore della concessionaria; secondo quest’ultima la sentenza avrebbe ignorato l’evoluzione normativa dell’edificabilità dell’area, la quale, oltre a non menzionare alcun vincolo da asservimento, non è stata oggetto di impugnativa da parte dei soggetti appellati. La tesi non ha pregio.

Sul punto deve anzitutto osservarsi che anche qui il primo giudice, a differenza di quanto sostenuto, ha affrontato la problematica sollevata, precisamente ove ha correttamente riconosciuto che l’aumento dell’indice di edificabilità del fondo servente (che trova applicazione al momento del rilascio della concessione) gli restituisce la precedente maggiore capacità edificatoria (in misura corrispondente alla differenza tra il vecchio ed il nuovo indice). Ma nel contempo la pronunzia ha chiarito che detta sopravvenienza non è idonea ad elidere il fatto giuridico per cui che una parte della volumetria originaria è stata trasferita sul fondo confinante, mediante formale asservimento delle aree necessarie.

Devesi in sostanza concordare sull’orientamento del primo giudice per cui l’aumento dell’indice del fondo servente giova allo stesso, ricostruendo solo virtualmente la capacità edificatoria perduta per effetto dell’asservimento, poiché questo non si vede comunque restituire né la volumetria già utilizzata dal fondo dominante né quella oggetto dell’accordo privato.

In altri termini, l’asservimento si colloca pienamente, e senza necessità di richiami specifici da parte della normativa, nel novero degli elementi che, avendo natura analoga alle preesistenze edilizie, debbono essere necessariamente considerati al fine di stabilire la volumetria assentibile in sede concessoria (sul punto cfr. CDS, sez. IV 3766/2008). Diversamente ragionando, cioè assentendo costruzioni senza considerare gli asservimenti pregressi, sarebbe agevole aggirare ogni indice fondiario imposto dal PRG, e pervenire ad un indebito vantaggio per il fondo asservito, quale la possibilità di realizzare ancora volumetrie edilizie e con risultato di valicare la potenzialità edificatoria stabilita dalle norme per l’intero complesso di lotti.

2.3.- Né le cennate conclusioni possono essere contrastate da quanto il Comune sostiene nella relazione istruttoria, cioè la possibilità di computare comunque tutta la superficie dei mappali 72 e 73 per assentire il progetto presentato dalla S. s.r.l.; secondo l’amministrazione il vincolo di non edificabilità derivante dall’asservimento nel 1977 dei mappali 72 e 73 costituito nel 1977 (in favore degli altri lotti e degli odierni appellati) sarebbe stato "inutiliter" dato, posto che ciò che era stato poi effettivamente edificato sia sui mappali 231, 232 che sul mappale 227 (di terzi) poteva in realtà essere legittimamente edificato anche utilizzando le superfici dei rispettivi lotti. Osta a tale tesi il fatto che l’asservimento, sulla base dei caratteri sopra evidenziati, opera lo spostamento giuridico di volumetria dal fondo asservito verso il fondo beneficiario indipendentemente dal fatto che successivamente detta volumetria venga o meno utilizzata.

L’orientamento, peraltro, si pone in contrasto con il canone interpretativo dell’art. 1367 c.c., privando illegittimamente di efficacia un atto privato che, come già sopra ricordato, produce effetti non soggetti a limiti di tempo (arg. ex CdS, a.p., 3/09).

2.4.- Quanto al fatto che i ricorrenti, in prime cure, non abbiano impugnato le norme sopraggiunte e recanti l’aumento della capacità edificatoria, si tratta di circostanza che nella fattispecie non può assumere rilievo alcuno ai fini della controversia; ed infatti, nella relazione depositata il 2. 10. 2009, il Comune riconosce che, nel rilasciare il titolo edilizio applicando l’indice vigente, non ha tenuto in considerazione il vincolo di inedificabilità esistente sul fondo in esame perché la parte richiedente non ne aveva evidenziato l’esistenza. La illegittimità del permesso, pertanto, non deriva dalla sopraggiunta modificazione dell’indice applicato (che quindi non doveva essere impugnata), ma decisivamente dalla mancata considerazione delle volumetrie sottratte al fondo della STEMA ad effetto dell’asservimento.

2.5.- Infine nessun rilievo ai fini del contendere può darsi alla buona fede della società acquirente; trattasi di elemento che potrebbe assumere rilevanza solo nei rapporti civilistici tra l’acquirente società S., ed i suoi danti causa nell’acquisto del fondo, ma che non può determinare il superamento degli ostacoli giuridici al legittimo assenso della costruzione.

3.- Conclusivamente nella fattispecie, considerata la misura dell’area inedificata, l’indice vigente ed applicato (mc.1,8/mq.) e la volumetria asservita, deve confermarsi l’illegittimità del permesso di costruire per insufficienza della capacità edificatoria del fondo acquistato dalla società STEMA rispetto al progetto edilizio dalla stessa presentato.

4.- Il ricorso in appello deve pertanto essere respinto in tutte le sue richieste, meritando integrale conferma la sentenza impugnata.

5.- Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio, attesa la sufficiente complessità delle questioni sollevate.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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