Cons. Stato Sez. IV, Sent., 09-03-2011, n. 1518 giudici di pace

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al TAR Campania, sezione di Salerno, il sig. M.G. premetteva che, con domanda dell’8 aprile 1993, aveva chiesto di essere nominato, avendone tutti i requisiti, giudice di pace e che il Consiglio giudiziario di Salerno aveva nondimeno respinto la richiesta in via preliminare "per carenza di prestigio", sulla base della comunicazione della Prefettura di Salerno dalla quale si rilevavano a suo carico alcuni procedimenti penali.

Lamentando che in quest’ultimi egli aveva rivestito il ruolo di soggetto passivo (parte denunziante e non imputato) e rappresentando che nel precedente di cui al rapporto dei Carabinieri la querela sporta "ex adverso" (peraltro subito rimessa) aveva solo carattere manifestamente ritorsivo nei suoi confronti, il G. proponeva ricorso al Consiglio Superiore della Magistratura, il quale lo respingeva con il provvedimento di cui alla nota prot. n. P9514278 del 18 ottobre 1995. L’organo di autogoverno, richiamato il requisito previsto dall’art. 5 della legge n.374/1991, motivava sull’insussistenza di elementi apprezzabili per disattendere la determinazione di esclusione adottata dal Consiglio giudiziario.

Avverso siffatta determinazione insorgeva con il dott. G. lamentando carenza assoluta di motivazione e mancanza del necessario dispositivo.

Con la sentenza in epigrafe, il TAR, ordinati incombenti istruttori, ha accolto l’impugnativa, ma il Ministero della Giustizia ha impugnato la pronunzia, chiedendone l’annullamento alla stregua di mezzi ed argomentazioni riassunti nella sede della loro trattazione in diritto da parte della presente decisione.

Si è costituito nel giudizio il dott. G., resistendo al gravame, presentando memoria con ricorso incidentale, limitatamente al capo di sentenza che, pur accogliendo il ricorso, ha disposto la compensazione delle spese); l’appello è sostenuto da motivi che si hanno qui per riportati.

Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1.- Con la decisione impugnata il TAR ha accolto un ricorso, proposto dell’odierno appellato, contro il provvedimento del CSM che, su reclamo presentato dal ricorrente contro la sua mancata nomina a giudice di pace da parte del Consiglio giudiziario, ne ha esplicitato le ragioni, rilevando elementi indicanti carenza di prestigio da parte dell’aspirante.

Il giudice di prime cure ha ritenuto fondata la censura di difetto di motivazione, essendosi l’amministrazione limitata ad un "apodittico e pregiudiziale rifiuto di presa in considerazione" delle ragioni prospettate dall’interessato.

1.1.- Avversa la sentenza il Ministero, eccependo anzitutto l’inammissibilità del ricorso perché proposto contro una delibera (11.10.1995) con la quale il CSM si è semplicemente limitato a rispondere alle richieste formulate dal dott. G.; peraltro, aggiunge l’appellante, già con precedente deliberazione si era provveduto a nominare giudici di pace, senza comprendervi il ricorrente, sicchè egli avrebbe dovuto censurare quel provvedimento e non la delibera successiva (dell’11.10.1995), la quale avrebbe dunque un carattere confermativo e non sarebbe perciò atto impugnabile.

Ritiene il Collegio di poter prescindere da tali eccezioni poiché l’appello è fondato nel merito.

1.2.- Deduce in sintesi il Ministero che:

a- ha errato il TAR nel ritenere insussistente la motivazione del provvedimento del CSM 11.18.1995, che invece opera uno specifico riferimento alla precedente deliberazione (14.7.1993), adottata dal Consiglio giudiziario, in sede in sede di nomina dei giudici di pace; in quella sede, infatti, il ricorrente era stato escluso per difetto del requisito del prestigio, richiesto dall’art. 5 del DPR n. 374/1991;

b- le valutazioni da compiersi in base a tale normazione rivestono natura discrezionale, e sono sindacabili dal giudice amministrativo solo nei limiti della palese illogicità, sicchè la scelta di escludere un aspirante alla nomina a giudice di pace non può integrare un vizio di legittimità per eccesso di potere.

Il Collegio condivide entrambe le prospettazioni, per le ragioni e con le precisazioni che seguono.

Quanto al primo profilo occorre muovere dal rilievo che la deliberazione impugnata è un atto del CSM, il quale, riscontrando un ricorso dell’interessato contro delibera di esclusione dalla nomina a giudice di pace, ne ha esplicitato le ragioni. Ciò comporta che, nella fattispecie, la motivazione dell’esclusione non possa che emergere dalla necessaria composizione dei due deliberati, essendo peraltro noto sia il potere dell’amministrazione di esplicitare in sede di reclamo le ragioni del provvedimento contestato, sia di farlo "ob relationem" ad altro precedente atto. E, nel caso in esame, la ragione dell’esclusione risiede esplicitamente (come risulta dalla lettura della nota di comunicazione 18.10.1995) nel ritenuto difetto del requisito di cui all’art. 5 della legge citata.

E’ quindi del tutto fuori luogo la valutazione operata dal TAR secondo la quale il ricorrente non è stato posto in grado di conoscere (sia in sede di esclusione dalla nomina che in sede reiezione del ricorso amministrativo al CSM) le ragioni poste a fondamento della valutazione negativa. Se l’erroneità di questo orientamento è infatti provata dalla stessa nota 18.10.1995, analoghe considerazioni vanno svolte con riguardo alla presunta mancata conoscenza dei motivi dell’esclusione; quest’ultima è del resto comprovata dal fatto che il ricorso di primo grado ha introdotto la controversia facendo esplicito riferimento alla nota della Prefettura di Salerno indicante i procedimenti a carico del ricorrente e la cui esistenza è stata posta a base del provvedimento del CSM di motivata reiezione del ricorso amministrativo.

– In ordine al secondo aspetto (il carattere discrezionale delle valutazioni), correttamente ritenuto assorbito dal TAR sussistendo a sua avviso il difetto di motivazione, le contestate deliberazioni del Consiglio giudiziario e del CSM sul reclamo non sono tuttavia censurabili, operando (la prima), ed esplicitando (la seconda), una valutazione ampiamente legittima in base all’art. 5 della legge citata; questa norma infatti prevede che "la nomina deve cadere su persone capaci di assolvere degnamente, per indipendenza, equilibrio e prestigio acquisito…."

Ed invero la giurisprudenza di questo Consesso ha già avuto modo di affermare sul punto, con orientamento dal quale non si ritiene in questa sede di discostarsi, che la valutazione del requisito del prestigio "costituisce espressione di un’amplissima discrezionalità finalizzata in modo diretto ed immediato alla tutela del corretto e adeguato esercizio della funzione giurisdizionale" (per il principio v. Cons. di Stato, sez. IV, n. 270/2008). Del tutto logico appare quindi al Collegio che, nella nomina a giudice di pace, i procedimenti penali che l’aspirante abbia eventualmente in corso concorrano a formulare una valutazione sul requisito del prestigio del candidato previsto dalla legge.

2- Conclusivamente l’appello deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza e reiezione del ricorso di primo grado.

3.1- Con riferimento alle spese del giudizio di primo grado, la cui compensazione disposta dal TAR è stata contestata in sede di appello incidentale, deve essere respinta la pretesa di addossarle all’amministrazione, sia per l’ampia discrezionalità in materia (prima della legge n.51/2006, inoltre, non sussisteva l’obbligo di motivare la compensazione), sia perchè la riforma della sentenza di primo grado (in forza dell’accoglimento del presente appello) comporta la soccombenza anche nel relativo giudizio e quindi l’accollo delle spese ai sensi dell’art. 91 CPC.

3.2- Le spese del doppio grado di giudizio seguono il principio della soccombenza (art. 91 c.p.c) e sono perciò poste a carico dell’appellato.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, accoglie l’appello proposto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Ministero della Giustizia, delle spese di entrambi i gradi di giudizio, che liquida complessivamente in Euro tremila, oltre accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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