Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-02-2011) 10-03-2011, n. 9875 misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 17.9.10 il Tribunale per i minorenni di Bari in funzione di Tribunale della libertà revocava la misura cautelare della permanenza in casa applicata – in forza di ordinanza del GIP dello stesso Tribunale – al minore C.F., indagato per il delitto di concorso (con Di M.R. e T.M.) in estorsione aggravata ai danni di D.P.L..

Tramite il proprio difensore ricorreva il C. contro detta ordinanza, di cui chiedeva l’annullamento per un unico articolato motivo con cui lamentava vizio di motivazione in quanto l’intervento dei CC. che avevano eseguito l’arresto nel pomeriggio del 31.8.10 era stato preceduto, quella stessa mattina, dalla denuncia di pregresse reiterate estorsioni presentata dalla parte offesa D.P. e dalla teste G.. Costoro avevano fatto solo i nomi del D.M. e di tale D.F.A.; l’obiezione che i due denuncianti non avessero fatto immediatamente anche il nome del C. sol per la marginalità del suo ruolo costituiva una mera illogica congettura operata dai giudici del merito; inoltre, la motivazione dell’ordinanza del riesame era inesistente laddove non aveva analizzato le dichiarazioni della G., presente a tutte le precedenti estorsioni (tranne la prima); l’impugnato provvedimento era, ancora, meritevole di censura nella parte in cui aveva attribuito valore alla chiamata in correità operata dal D.M. sebbene contrastante con le dichiarazioni della G. e del D. P., di cui il Tribunale aveva affermato una pretesa fragilità psicologica in realtà smentita dalla scaltrezza con cui la persona offesa aveva occultato in una scarpa un’ingente somma di denaro dichiaratamente non propria.

1 – Il ricorso è inammissibile per carenza di interesse concreto ed attuale ad impugnare.

E’ pur vero che la giurisprudenza largamente prevalente ammette in linea di massima la ricorribilità per cassazione da parte dell’indagato contro provvedimenti in materia cautelare che si siano limitati a revocare la misura anzichè annullarla per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 273 c.p.p., comma 1:

ciò è dipeso vuoi dall’introduzione dell’art. 405 c.p.p., comma 1 bis (ad opera della L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 3), che aveva previsto l’obbligo per il PM di richiedere l’archiviazione ove questa Suprema Corte avesse affermato l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, fatta salva l’eventuale acquisizione di ulteriori elementi a carico dell’indagato, vuoi dal poter essere l’impugnazione funzionale ad una futura eventuale riparazione per ingiusta detenzione.

Ora, com’è noto, l’art. 405 c.p.p., comma 1 bis è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte cost. con sentenza 28.1.09 n. 121 perchè ribaltava il rapporto fisiologico tra procedimento incidentale de liberiate e procedimento principale e introduceva un vulnus al principio di impermeabilità del secondo rispetto agli esiti del primo, principio che vale a scandire, salvaguardandola, la distinzione fra indagini preliminari e processo.

Quanto alla possibilità di una futura riparazione da ingiusta detenzione, la stessa prevalente giurisprudenza è ben chiara nello statuire che detto interesse non può presumersi, ma deve essere espressamente allegato dall’indagato – affinchè il giudice ne valuti concretezza ed attualità – con la specificazione in termini positivi ed univoci degli elementi di fatto che comprovano che non sono stati acquisiti nè sono ragionevolmente acquisibili ulteriori elementi a suo carico o che l’attività investigativa del P.M. si è esaurita:

cfr. Cass. Sez. 6 n. 2210 del 6.12.2007, dep. 15.1.2008; Cass. Sez. 3 n. 41877 del 10.10.2007, dep. 14.11.2007; Cass. Sez. 6 n. 27580 del 16.4.2007, dep. 12.7.2007; Cass. Sez. 5 n. 4447 del 5.12.2006, dep. 5.2.2007; Cass. Sez. 6 n. 9943 del 15.11.2006, dep. 8.3.2007; Cass. Sez. 6 n. 38855 del 16.10.2007, dep. 19.10.2007; Cass. Sez. 6 n. 2210 del 6.12.2007, dep. 15.1.2008; Cass. Sez. 6 n. 4222 del 26.11.2007, dep. 28.1.2008.

In termini sostanzialmente coincidenti si vedano altresì Cass. Sez. 6 n. 9943 del 15.11.2006, dep. 8.3.2007, e Cass. Sez. 6 n. 4222 del 26.11.2007, dep. 28.1.2008, che aggiungono però che non è configurabile un interesse all’impugnazione in funzione del mero conseguimento della pronuncia della S.C. sulla insussistenza degli indizi di colpevolezza, in quanto – in realtà – il giudice di legittimità non si pronuncia sulla mancanza di indizi, riguardando il suo sindacato, a meno che non sia dedotta la violazione di legge sostanziale, il difetto di motivazione sul fumus commissi delicti.

L’orientamento che richiede l’esplicita allegazione della concretezza e dell’attualità dell’interesse ad impugnare per ottenere l’annullamento – anzichè la mera revoca – di un’ordinanza custodiale si inserisce nel più che consolidato solco giurisprudenziale secondo cui l’interesse ad impugnare deve sempre presentare i caratteri della concretezza e dell’attualità, di guisa che l’impugnante deve chiarire quale risultato intenda perseguire, non soltanto teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole (cfr. Cass. Sez. Un, 25.6.97 n. 7, Chiappetta, rv. 208165), atteso che non esiste un interesse assoluto delle parti private (e, per certi versi nemmeno della parte pubblica, nei sensi espressi da Cass. Sez. Un. 24.3.95 n. 9616, Boldo, rv. 202018; Cass. Sez. Un. 11.5.93 n. 6203, Amato, rv.

193743) alla mera correttezza giuridica delle decisioni che le riguardano nè all’esatta osservanza delle norme processuali (v., ancora, Cass. Sez. Un. 25.1.2005 n. 4419).

In breve, è ineludibile che l’impugnante alleghi in modo chiaro e preciso quale vantaggio concreto ed attuale – e non ipotetico e futuro – si ripromette di conseguire.

Nel caso in esame, invece, il ricorso non allega alcunchè.

L’inammissibilità del ricorso assorbe ogni delibazione sulle censure in esso esposte, per altro verso precluse in sede di legittimità perchè tutte riguardanti meri apprezzamenti in punto di fatto e basate sulla – inammissibile – pretesa di cristallizzare gli elementi di indagine a carico del ricorrente soltanto al momento della prima denuncia inerente ai fatti poi sfociati nel suo arresto in flagranza di reato.

All’inammissibilità del ricorso non segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, trattandosi di minorenne.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalle legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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