Cons. Stato Sez. IV, Sent., 09-03-2011, n. 1506 trasferimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio il signor M.A., agente del Corpo di Polizia penitenziaria presso la C.C. di Pisa, impugnava la nota del 23 luglio 2007, notificata in data 30 agosto 2007, con cui il Direttore Generale del personale e della Formazione aveva rigettato la sua istanza di trasferimento avanzata ai sensi della legge 104 del 1992, ritenendo non sussistente, perché scarsamente documentato, il requisito della esclusività, perché emerso (solo) dalle dichiarazioni dei parenti e affini entro il terzo grado del soggetto disabile, attestanti la loro indisponibilità a prestare la necessaria assistenza.

Il ricorrente aveva rappresentato in sede amministrativa: a) di essere l’unico figlio che risiede stabilmente in Atella con i propri genitori; b) che in data 22 febbraio 2006 il proprio padre, V.M., era stato riconosciuto persona portatrice di handicap; c) di essere l’unico familiare deputato alla assistenza del padre, usufruendo di distacco in sede utile dal 16 gennaio 2006; d) di avere ottenuto in data 4 settembre 2006 il riconoscimento del diritto a usufruire dei permessi mensili ex lege 104 del 1992 e di avere presentato istanza in data 5 luglio 2007.

Avverso il rigetto dell’istanza deduceva i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili.

Il giudice di primo grado rigettava il ricorso, sostenendo che la dimostrazione che i parenti ed affini del disabile, pur se residenti nelle sue vicinanze, non sono in grado di occuparsi della assistenza al medesimo non può trovare attuazione per mezzo di semplici dichiarazioni di carattere formale, attestanti impegni di vita di carattere ordinario e comune, bensì deve corrispondere alla necessità della produzione di dati ed elementi di carattere oggettivo, concernenti eventualmente stati psicofisici connotati da una certa gravità, idonei a giustificare la indisponibilità sulla base di criteri di ragionevolezza, tali da concretizzare una effettiva esimente da vincoli di assistenza familiare, nel contemperamento delle posizioni dei soggetti interessati.

Secondo il primo giudice, inoltre, il concetto di assistenza di rilevanza ai sensi della l.104 del 1992 non presuppone necessariamente un impegno fisico nel soddisfacimento delle esigenze quotidiane del familiare bisognevole, bensì si identifica con la "costante organizzazione e supervisione delle cure necessarie, delle buone condizioni di vita e delle relazioni affettive, anche senza assumere in proprio la intera effettuazione materiale della assistenza stessa"; secondo la sentenza, infine, i requisiti previsti per i permessi mensili coperti da contribuzione figurativa e l’invocato beneficio sono istituti diversi quanto a presupposti per l’assenso e quindi non sono comparabili tra di loro.

Avverso tale sentenza propone appello il medesimo ricorrente di primo grado, affidandosi ai seguenti motivi di appello.

In punto di fatto l’appellante rappresenta quanto già dedotto in primo grado e cioè che: il fratello del disabile, M.A., è deceduto in data 19 luglio 2007; la signora M.R., figlia del disabile, ha dichiarato la propria indisponibilità ad assistere il padre, a causa degli impegni di madre con due figli di 12 e 7 anni; ella ha sostenuto inoltre che i rapporti con il padre sono deteriorati perché è stata esclusa del tutto dall’eredità e non ritiene di avere obblighi assistenziali, e ciò sarebbe comprovato dall’atto di donazione di taluni beni da parte del disabile a favore degli altri figli, M.G.D., M.A. e M.D.; il genero del disabile Savalli Andrea, ugualmente, ha affermato di non poter assistere il suocero, a parte il poco tempo residuo, anche perché il deterioramento dei rapporti tra padre e figlia (sua moglie) gli rende impossibile avere rapporti con il suocero.

Pertanto, secondo parte appellante, risulterebbe evidente che nessuno tra i parenti individuati dalla sentenza sarebbe in grado, per motivi oggettivi e soggettivi, di prestare la necessaria assistenza al signor Maio Vito.

Secondo la prospettazione dell’atto di appello, in definitiva, il Maio Vito sarebbe nella situazione di ottenere una sede di servizio vicina al domicilio del familiare da assistere, ai sensi di legge, in quanto presta effettivamente assistenza continua ed esclusiva a favore del padre, con il quale convive e perché usufruisce per fare tale assistenza di tre giorni di permesso mensile previsti dalla legge 104 del 1992; inoltre, è comprovato che non vi siano altri familiari in grado di assistere il disabile, né tali dichiarazioni sono contestate in alcuna sede, amministrativa o giurisdizionale.

Se è nei poteri dell’amministrazione effettuare una dovuta approfondita analisi della dimostrazione della assistenza continua, non può essere negato il beneficio in caso di effettiva assistenza continuativa, sulla base della considerazione che il rapporto possa essere instaurato da altri familiari.

La argomentazione del primo giudice, secondo cui il disabile potrebbe essere accudito addirittura da tre parenti non conviventi, che potrebbero alternarsi nell’arco della giornata, mentre potrebbero interrompersi le prestazioni assistenziali da parte dell’appellante, sarebbe illogica.

L’appellante contesta altresì la argomentazione del giudice di prime cure, laddove ha ravvisato una diversità di presupposti e di ratio tra i permessi mensili e il trasferimento ai sensi della legge 104 del 1992.

Infine, con ultimo motivo, l’appello lamenta la erroneità della sentenza impugnata, perché avrebbe contraddetto il principio di cui all’art. 115 cpc secondo cui la decisione giurisdizionale deve essere basata unicamente sulle allegazioni delle parti, mentre nella specie sarebbero state omesse le valutazioni delle prove offerte dalla parte ricorrente.

Si sono costituite le appellate amministrazioni statali, chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato.

Con ordinanza dell’8 luglio 2008 della Sezione n.3576 del 2008 è stata accolta la istanza cautelare e sospesa la esecutività della impugnata sentenza.

Alla udienza pubblica dell’8 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

In sostanza, con il primo motivo di appello, parte appellante contesta le conclusioni del primo giudice, che ha ritenuto non sufficientemente dimostrato il requisito della esclusività – e cioè che il figlio in questione sarebbe l’unico a potersi occupare materialmente del disabile – in quanto dell’invalido potrebbero occuparsi sia la figlia che il genero.

Il Collegio osserva che la dimostrazione che i parenti ed affini dell’handicappato, pur se residenti nelle sue vicinanze, non sono in grado di occuparsi della assistenza al disabile non può trovare attuazione per mezzo di semplici dichiarazioni di carattere formale, attestanti impegni di vita di carattere ordinario e comune, bensì richiede la necessità della produzione di dati ed elementi di carattere oggettivo, concernenti eventualmente stati psicofisici connotati da una certa gravità, idonei a giustificare la indisponibilità sulla base di criteri di ragionevolezza, tali da concretizzare una effettiva esimente da vincoli di assistenza familiare, nel contemperamento delle posizioni dei soggetti interessati.

Nella specie, tale indisponibilità è asseritamente dimostrata dalle dichiarazioni della figlia, unitamente alla produzione di documenti comprovanti donazioni a favore di altri figli e non a lei, che dimostrano l’assunto della lontananza sentimentale, ma occorre valutare se esse sono in grado di comprovare la esistenza di adeguate ragioni psicofisiche tali da costituire un impedimento o una esimente rispetto a doveri di solidarietà familiari.

Il concetto di assistenza di rilevanza ai sensi della l.104 del 1992 non presuppone necessariamente un impegno fisico nel soddisfacimento delle esigenze quotidiane del familiare bisognevole, bensì si identifica con la "costante organizzazione e supervisione delle cure necessarie, delle buone condizioni di vita e delle relazioni affettive, anche senza assumere in proprio la intera effettuazione materiale della assistenza stessa".

E’ vero, come detto dal primo giudice, che i requisiti previsti per i permessi mensili coperti da contribuzione figurativa e l’invocato beneficio sono istituti diversi quanto a presupposti per l’assenso e quindi non sono comparabili tra di loro.

Ferma restando la necessità di esaminare caso per caso le singole fattispecie, il criterio ispiratore della decisione di accordare il beneficio previsto dall’art. 33 comma 5, l. n. 104 del 1992 resta quello di tutelare le situazioni di assistenza già esistenti, la cui interruzione crei pregiudizio allo stato di fatto favorevole al portatore di handicap, che già godeva dell’aiuto del familiare prima che quest’ultimo si dovesse allontanare per lavoro.

Per la legge 5.2.1992 n. 104 art. 33 terzo comma "a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa".

Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità.

Ai sensi del quinto comma il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.

Alla formula dell’assistenza "in via esclusiva" richiesta dall’art. 33 comma 5, l. n. 104 del 1992 ai fini del riconoscimento del trasferimento deve essere riconosciuto il significato dell’indisponibilità (e non dell’inesistenza) oggettiva e soggettiva di altre persone in grado di sopperire alle esigenze assistenziali; circostanza da provare con ogni mezzo consentito dall’ordinamento, salvo l’onere di verifica da parte della p.a..

Tale indisponibilità, per come rappresentata (non la assoluta impossibilità), sussiste nella specie.

Una più rigorosa interpretazione vanificherebbe la tutela offerta dal Legislatore ai soggetti portatori di handicap, già assistiti dal lavoratore richiedente, tanto più che la tutela dell’assistenza ai soggetti bisognosi può essere naturalmente favorita nell’ambito dell’autonomia organizzativa di ciascuna amministrazione entro i limiti del rispetto dei principi di buon andamento e di imparzialità, sempre che la p.a. stessa riconosca un interesse pubblico specifico da perseguire coniugabile con quello di tutela dell’assistenza al soggetto portatore di handicap (così, Consiglio Stato, sez. VI, 25 giugno 2007, n. 3566).

L’amministrazione deve esercitare la propria discrezionalità in ordine alla verifica: delle esigenze particolari di tutti i soggetti coinvolti (assistito, dipendente pubblico, familiari ulteriori), dell’equa ripartizione dell’onere assistenziale fra i vari familiari, della effettiva sussistenza della continuità attuale dell’assistenza (Consiglio Stato; I, 25 agosto 2004, n.9772). (v. Consiglio Stato, III, 26 settembre 2000, n.1623).

Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va accolto e, in riforma della impugnata sentenza, va accolto il ricorso originario.

La condanna alle spese del giudizio segue il principio della soccombenza; le spese sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, così provvede:

accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, accoglie il ricorso originariamente proposto, annullando gli atti impugnati in primo grado. Condanna il Ministero appellato al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidandole in complessivi euro quattromila.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *