Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-02-2011) 10-03-2011, n. 9864

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 15 marzo 2010, il Tribunale di Reggio Calabria, accogliendo parzialmente la richiesta di riesame avanzata nell’interesse di B.C. avverso l’ordinanza emessa il 15 dicembre 2009 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale con la quale era stata disposta nei confronti del predetto la misura della custodia cautelare in carcere per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74, ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente ad alcuni episodi di spaccio, confermandola nel resto.

Propone ricorso per cassazione il difensore, il quale deduce vizio di motivazione in riferimento alla contestazione del reato associativo, posto che la figura dell’indagato non emergerebbe quale capo o organizzatore del contestato sodalizio, essendo stato qualificato come semplice collaboratore dei figli e si contesta, in fatto, la sussistenza dei presupposti indiziari in ordine ai singoli episodi di spaccio oggetto di contestazione cautelare.

Il ricorso è palesemente inammissibile, perchè, da un lato, le censure prospettate nell’atto di impugnazione si mantengono su un terreno genericamente assertivo e, sotto altro ed assorbente profilo, si limitano a proporre null’altro che una rilettura dei fatti posti a fondamento della ordinanza impugnata. I motivi rassegnati risultano, dunque, solo formalmente evocativi dei prospettati vizi di legittimità, ma in concreto sono articolati esclusivamente sulla base di rilievi di merito, tendenti ad una rivalutazione delle relative statuizioni adottate dal giudice del riesame. Statuizioni, per di più, sviluppate sulla base di un esauriente corredo argomentativo, proprio sui punti – disamina della struttura del sodalizio e delle attribuzioni in concreto ricoperte dall’indagato nonchè interpretazione delle intercettazioni in riferimento alle singole condotte di spaccio – in relazione ai quali il ricorrente ha svolto le proprie censure, evidentemente tese ad un improprio riesame del fatto, estraneo al perimetro entro il quale può svolgersi il sindacato riservato a questa Corte.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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