Cons. Stato Sez. VI, Sent., 09-03-2011, n. 1483 Bellezze naturali e tutela paesaggistica Competenze e procedure amministrative Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. I signori M.P.P. e A.V., con ricorso n. 1498 del 1988, proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, hanno chiesto l’annullamento del decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali del 16 gennaio 1988 con il quale è stata annullata l’autorizzazione, ex art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, per i lavori di ristrutturazione di un fabbricato rurale (originariamente destinato a stalla), da destinare a prima abitazione, concessa con deliberazione della Giunta comunale di Impruneta n. 485 del 4 giugno 1987.

Il provvedimento ministeriale è così motivato: "Considerato che tale opera reca pregiudizio alla conservazione delle caratteristiche ambientali dei luoghi interessati dall’intervento poiché la ristrutturazione proposta, con le variazioni dei prospetti e lo scavo attorno al fabbricato per l’ampliamento dello spazio disponibile, ai lati e sul retro dell’immobile, risultano alterativi dell’acquisita cornice paesistica di contesto".

2. Il Tribunale amministrativo, con la sentenza n. 6039 del 2006, ha respinto il ricorso compensando tra le parti la spese del giudizio.

Nella sentenza si dichiara l’infondatezza: del primo motivo di ricorso, con cui si asserisce la tardività del provvedimento impugnato per violazione del termine perentorio stabilito dall’art. 15, comma 9, della legge 8 agosto 1985, n. 431, poiché, si afferma nella sentenza, per giurisprudenza consolidata il termine di sessanta giorni assegnato al Ministero attiene al solo esercizio del potere di annullamento, non avendo il relativo provvedimento natura recettizia; del secondo motivo, per cui il Ministero avrebbe compiuto una indebita valutazione di merito, mentre con esso si è rilevato il difetto di motivazione dell’autorizzazione comunale e perciò un tipico vizio di legittimità; del terzo motivo, infine, con cui è ritenuta inadeguata la motivazione del provvedimento impugnato, nella quale, invece, risultano specificate le ragioni di incompatibilità paesaggistica dell’intervento, nel quadro di una valutazione rispetto al piano paesistico che lascia in concreto un margine di apprezzamento della situazione concreta.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado.

4. All’udienza dell’8 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. Nell’appello la sentenza di primo grado è censurata, in quanto:

– il provvedimento della Soprintendenza è fuori termine trattandosi di atto recettizio, come tutti gli atti di annullamento, sospensione, revoca e abrogazione, ed essendo comunque violato il valore costituzionale di certezza delle situazioni giuridiche soggettive per il tempo trascorso tra la ricezione dell’autorizzazione comunale da parte della Soprintendenza (19 novembre 1987), la trasmissione da questa al Comune del provvedimento di annullamento (26 gennaio 1988), la sua notificazione agli interessati (21 marzo 1988);

– per avere errato in punto di diritto ritenendo che la questione in controversia fosse quella del vizio di legittimità dell’autorizzazione comunale per asserito difetto di motivazione e non, come invece dedotto nel ricorso, quella della indebita valutazione di merito compiuta dalla Soprintendenza, in modo peraltro apodittico e senza alcuna considerazione delle determinazioni di segno positivo espresse in sede subregionale;

– è evidente la carenza di motivazione del provvedimento impugnato, in cui non si tiene conto della documentata non visibilità del manufatto né si esplicita il motivo della asserita incompatibilità ambientale di un intervento non comportante modifica volumetrica, mentre le modifiche ai prospetti sono necessarie per il riadattamento di una ex stalla e lo scavo circostante è altresì necessario per la fruizione delle nuove aperture del fabbricato, con l’effetto di essere venuti a introdurre un vincolo di inedificabilità assoluta non previsto per la zona da alcuna disciplina.

2. Le censure sono infondate.

Infatti:

s econdo giurisprudenza risalente e costante, da cui non vi è motivo di discostarsi per il caso in esame, "il termine di sessanta giorni stabilito dall’art. 82 comma 2 dpr n. 616 del 1977, nel testo modificato dall’art. 1 dl n. 312 del 1985, conv. nella legge n. 431 del 1985, ancorché perentorio, attiene al solo esercizio del potere di annullamento dell’autorizzazione rilasciata dal Comune, sia perché è estranea alla previsione normativa l’ulteriore fase della comunicazione o notificazione, sia perché l’atto di annullamento non può essere considerato di natura recettizia (per tutte, Cons. Stato, VI, 29 gennaio 2008, n. 224)" (Cons. Stato, VI, 9 giugno 2009, n. 3557); nella specie si osserva, peraltro, che il periodo di tempo intercorso tra la ricezione dell’autorizzazione comunale da parte della Soprintendenza e la notificazione agli interessati del provvedimento di annullamento non risulta in concreto particolarmente lungo;

– secondo giurisprudenza altresì consolidata: a) il potere di annullamento della Soprintendenza non comporta il riesame delle valutazioni discrezionali compiute dalla Regione e da un ente subdelegato ma si esprime in un controllo di mera legittimità, esteso a tutte le ipotesi riconducibili all’eccesso di potere per difetto di motivazione o di istruttoria; b) il comune deve quindi avere eseguito la valutazione di propria competenza motivando adeguatamente la compatibilità con il vincolo paesaggistico dell’opera assentita, sussistendo, in caso contrario, illegittimità per carenza di motivazione o di istruttoria; c) per cui l’autorità statale, se ravvisa un tale vizio nell’atto oggetto del suo scrutinio, nel proprio provvedimento, perché sia a sua volta immune da vizi di legittimità, dovrà motivare sulla non compatibilità dell’intervento edilizio programmato rispetto ai valori paesaggistici compendiati nel vincolo (Cons. Stato: VI, 13 febbraio 2009, n. 772; 4 dicembre 2009, n. 7609; 14 ottobre 2009, n. 6294).

Nella specie, da un lato, si riscontra il presupposto della carenza di motivazione dell’atto del Comune poiché, come indicato nelle deduzioni dei ricorrenti e nella sentenza impugnata, limitato al recepimento della determinazione della Commissione beni ambientali (di data 29 aprile 1987), recante "parere favorevole", e, dall’altro, doverosamente, quindi, la Soprintendenza ha motivato sulla incompatibilità dell’intervento con il contesto paesaggistico;

– tale motivazione, infine, non risulta apodittica poiché vi si indicano specificamente gli interventi giudicati contrastanti con il detto contesto ("le variazioni dei prospetti e lo scavo attorno al fabbricato per l’ampliamento dello spazio disponibile, ai lati e sul retro dell’immobile"), che sono peraltro quelli caratterizzanti la trasformazione del manufatto.

3. Per quanto considerato l’appello è infondato e deve essere perciò respinto.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza. Esse sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.

respinge l’appello in epigrafe.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese del presente grado del giudizio a favore del Ministero per i beni e le attività culturali, appellato, che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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