Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-05-2011, n. 10570 Imposta reddito persone fisiche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La CTR del Lazio, con sentenza n. 103/19/05, depositata il 22.6.2005, ha confermato la decisione con la quale era stato annullato l’avviso di accertamento nei confronti di D.B., in controversia in materia di IRPEF, ritenendolo tardivo e reputando inapplicabile la proroga ex lege n. 413 del 1991, trattandosi di un ipotesi di accertamento parziale.

Per la cassazione di tale sentenza, hanno proposto ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate.

L’intimato non ha presentato difese.
Motivi della decisione

Va, preliminarmente, rilevata l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non ha partecipato al pregresso grado di giudizio: a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle Entrate, avvenuta con D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 e divenuta operativa dal 1 gennaio 2001 ( D.M. 28 dicembre 2000, ex art. 1), si è verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale deve ritenersi che la legittimazione "ad causam" e "ad processum" nei procedimenti introdotti successivamente al 1 gennaio 2001 spetta all’Agenzia, e la proposizione dell’appello da parte o nei confronti della sola Agenzia, senza esplicita menzione dell’ufficio periferico che era parte originaria, si traduce nell’estromissione di quest’ultimo (cfr. S.U. n. 3116 e n. 3118 del 2006, n. 22641 del 2007).

Con l’unico motivo, l’Agenzia delle Entrate, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 413 del 1991, art. 57 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis e vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, critica la sentenza impugnata per non aver ritenuto applicabile la proroga disposta dall’art. 57 citato, tenuto conto che: a) non è dato rinvenire alcuna esclusione dalla proroga dei termini di cui all’art. 57 citato, comma 2, nei casi di accertamenti parziali D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 41 bis; b) la disposizione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, richiamata dalla CTR, non era conferente alla fattispecie in esame, non avendo il contribuente presentato la dichiarazione integrativa.

Il ricorso è inammissibile per difetto di interesse. L’atto impugnato, secondo quanto si legge nella parte espositiva del ricorso (nessun altro riferimento ad esso è contenuto nella trattazione del motivo, nè nelle conclusioni), è "l’avviso di accertamento n. 5270004213" notificato da parte dell’Ufficio "nel dicembre 1996" relativo "all’anno d’imposta 1985". Alla stregua di tali riferimenti temporali, è ben evidente che la soluzione positiva della controversa applicabilità della proroga del termine biennale di cui alla L. n. 413 del 1991, art. 57, comma 2, a coloro i quali hanno ricevuto l’accertamento parziale, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 41 bis, non gioverebbe alla ricorrente, in quanto, anche computando la proroga, secondo la tesi da lei propugnata, il termine per l’accertamento sarebbe, ugualmente, spirato, allo scadere dell’ottavo anno (sei anni, in base all’originario disposto di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 2, qui applicabile, più due di proroga).

Va, ancora, precisato che i dati fattuali contenuti nel ricorso non sono emendabili attraverso l’esame di altri fonti e della stessa sentenza, dovendo, qui, ribadirsi il principio costantemente ribadito da questa Corte (da ultimo, Cass. n. 5660/2010), secondo il quale il requisito della "esposizione sommaria dei fatti di causa", prescritto, a pena di inammissibilità, per il ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è integrato quando in esso vengano indicati, in maniera specifica e puntuale, tutti gli elementi utili perchè il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, così da acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Nulla deve statuirsi per le spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.
P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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