Cons. Stato Sez. VI, Sent., 09-03-2011, n. 1476 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

arbieri e l’avvocato Resta per delega dell’avvocato Trovato;
Svolgimento del processo

1. Il signor A.P., con ricorso n. 1040 del 2005, proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ha chiesto l’annullamento del decreto del Soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio del Lazio, del 3 agosto 2005, con cui "E’annullato il provvedimento n. 10/2003 del 23 maggio 2003 del Comune di Sermoneta (LT) con cui si esprime parere favorevole ai sensi dell’art. 32 della legge 47/85 e art. 39 della legge 724/94 sulla domanda di sanatoria presentata dal sig. P.A. per la realizzazione di un fabbricato ad uso abitazione con connesso magazzino".

Nella motivazione del detto decreto: si richiamano le leggi regionali del Lazio 19 dicembre 1995, n. 59 e 6 luglio 1998, n. 24 e n. 25 e successive modificazioni, relative a "Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico" e si indica che l’area interessata dall’intervento è assoggettata a vincolo paesistico con decreto ministeriale del 7 gennaio 1966 (G.U. n. 41 del 1966); si afferma "la non conformità delle opere realizzate rispetto alle norme di tutela del citato P.T.P. in quanto la superficie del lotto di proprietà non raggiunge il lotto minimo consentito, la copertura del manufatto è realizzata con materiali non compatibili con le norme di pianificazione paesistica vigenti per l’area"; si considera che il "PTP ambito territoriale n. 10 approvato con deliberazione della Giunta Regionale 10 luglio 1999 n. 4481 classifica l’area interessata dall’intervento quale "Categoria A4" e indica le seguenti prescrizioni e modalità d’uso all’art. 29 "…Sono ammesse le sole costruzioni necessarie per la residenza agricola, purché con le seguenti limitazioni: lotto minimo ha 3; indice di cubatura fondiario 0,015 mc/mq.." e che "il richiamo motivazionale al PTP non è sufficiente a giustificare il contrasto esistente tra l’opera…e i contenuti del vincolo…"; per cui, considerato che "l’omesso esame del Piano territoriale paesistico e la non conformità dell’intervento realizzato con le relative prescrizioni, costituiscono profili di illegittimità dell’atto adottato dall’autorità delegata", si valuta, conclusivamente, che "l’autorizzazione o il parere non adempie all’obbligo legale di una motivazione esauriente e completa" sulla compatibilità dell’opera rispetto al vincolo.

2. Il Tribunale amministrativo, con la sentenza in forma semplificata n. 1804 del 2005, ha dichiarato il ricorso irricevibile per tardività.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con istanza cautelare di sospensione dell’esecutività.

L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza 21 marzo 2006, n. 1444.

4. All’udienza dell’8 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. Nell’appello, censurata anzitutto la sentenza impugnata per avere errato nel dichiarare la tardività del ricorso, si ripropongono i motivi avanzati in primo grado avverso l’impugnato provvedimento della Soprintendenza del 3 agosto 2005, con cui si in particolare si deduce: il provvedimento si fonda su una autonoma, e perciò indebita, valutazione tecnicodiscrezionale, recando un giudizio sulla non compatibilità dell’intervento con le esigenze di salvaguardia dell’area vincolata, mentre deve essere basato sulla sola esistenza di circostanze di fatto o elementi specifici non esaminati dall’autorità delegata; esso è comunque erroneo poiché l’approvazione del Piano Territoriale Paesistico (PTP) è successiva alla esecuzione degli abusi e, in ogni caso, l’autorizzazione comunale era stata subordinata alla condizione della sostituzione del manto di copertura; le opere in oggetto non ricadono in zona gravata da vincoli paesaggistici comportanti inedificabilità assoluta tanto da risultare insuscettibili di sanatoria; non si è provveduto alla comunicazione di avvio del procedimento né è stato osservato l’art. 10bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni; il provvedimento è stato adottato oltre il termine perentorio di 60 giorni disposto dall’art. 1, comma 5, della legge 8 agosto 1985, n. 431, poiché, nella specie, le note della Soprintendenza di richiesta di documentazione, prot. 8109/B del 16 luglio 2003 e prot. 5852/B del 18 maggio 2005, non sono idonee a sospendere o interrompere il decorso del termine avendo evidente finalità dilatoria.

2. Il Collegio ritiene di prescindere dalla questione di tardività del ricorso di primo grado essendo l’appello comunque infondato nel merito.

Infatti:

con giurisprudenza costante è stato affermato che in sede di rilascio della concessione in sanatoria, ai sensi dell’art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (e quindi dell’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724), il parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo è obbligatorio anche per le opere realizzate anteriormente all’imposizione del vincolo, dovendo essere esercitata la funzione amministrativa secondo la norma vigente al tempo in cui si esplica; per cui, nel caso di specie, il detto parere andava acquisito poiché l’area interessata dall’intervento edilizio di cui si tratta è comunque oggetto di vincolo paesistico apposto sin dal 1966 gravando inoltre su di essa la disciplina poi disposta dal PTP approvato con le leggi regionali del Lazio 6 luglio 1998, n. 24 e n. 25, (Cons. Stato, IV, 30 giugno 2010, n. 4178; VI, 17 maggio 2010, n. 3064; Ad. plen., 22 luglio 1999, n. 20), non avendo rilievo al riguardo se il vincolo comporti inedificabilità assoluta o relativa;

secondo giurisprudenza altresì costante è stato chiarito che: a) il potere di annullamento della Soprintendenza dell’autorizzazione rilasciata dal Comune (quale sub delegato), "non comporta un riesame complessivo delle valutazioni discrezionali compiute dalla Regione e da un ente subdelegato, tale da consentire la sovrapposizione o sostituzione di una propria valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione, ma si estrinseca in un controllo di mera legittimità che si estende a tutte le ipotesi riconducibili all’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione" (Cons. Stato, VI, 13 febbraio 2009, n. 772); b) il comune deve perciò avere eseguito la valutazione di propria competenza motivando adeguatamente la compatibilità con il vincolo paesaggistico dell’opera assentita, poiché, in caso contrario, il provvedimento comunale è illegittimo per carenza di motivazione o di istruttoria (Cons. Stato, VI, 4 dicembre 2009, n. 7609); c) di conseguenza, laddove l’autorità statale "ravvisi una carenza motivazionale o istruttoria nell’atto oggetto del suo scrutinio, (costituente vizio di legittimità)" è "chiamata ad evidenziare tali vizi con motivazione che deve necessariamente impingere – per risultare a sua volta immune da vizi di legittimità – nella valutazione della non compatibilità dell’intervento edilizio programmato rispetto ai valori paesaggistici compendiati nel vincolo" (Cons. Stato, VI, 14 ottobre 2009, n. 6294);

nella specie l’autorizzazione comunale n. 10/2003, rilasciata il 23 maggio 2003, non reca alcuna valutazione sulla compatibilità delle opere in oggetto, né rispetto al vincolo apposto nel 1966 né rispetto alle prescrizioni del PPT (pure citato nelle premesse del provvedimento) relativa allo "Ambito territoriale n.10 – Latina" in cui l’intervento ricade, per il quale ai sensi dell’art. 29 delle Norme Tecniche di Attuazione, relativo alla "Categoria A4 – aree di paesaggio agrario", "Sono ammesse le sole costruzioni necessarie per la residenza agricola, purché con le seguenti limitazioni: lotto minimo ha.3; indice di cubatura fondiario 0,015 mc/mq; massima altezza delle costruzioni m. 6,50; copertura a tetto con manto laterizio";

– emerge, di conseguenza, il difetto di motivazione dell’autorizzazione comunale e che l’organo statale nel proprio provvedimento, correttamente, da un lato, ha basato su tale difetto l’annullamento dell’atto comunale e, dall’altro, ha provveduto alla necessaria valutazione di compatibilità dell’intervento con esito negativo a ragione, in particolare, del contrasto con le disposizioni del PTP;

– riguardo alla asserita mancanza di partecipazione procedimentale, si deve osservare che: a) all’avvio del procedimento in questione era in vigore il decreto del Ministero per i beni e le attività culturali, 19 giugno 2002, n. 165 ("Regolamento di modifica del D.M. 13 giugno 1994, n. 495, recante: "Regolamento concernente disposizioni di attuazione degli articoli 2 e 4 della L. 7 agosto 1990, n. 241"), il cui art. 2 aveva escluso l’obbligo della comunicazione di avvio nella fattispecie di cui si tratta; b) anche con riguardo all’applicazione dell’art. 10bis della legge n. 241 del 1990, che "non sembra inutile ricordare che, ancor prima della entrata in vigore dell’art. 21octies (inserito dalla legge n. 15/05 nell’ordito normativo della legge n. 241/90), la giurisprudenza ne aveva anticipato i contenuti, ritenendo la ininfluenza dell’omessa comunicazione d’avvio a fronte della conclamata irrilevanza causale dell’apporto partecipativo del privato sul contenuto del provvedimento finale. Ora, nel caso di specie è evidente, per quanto detto a proposito della natura pressoché vincolata del provvedimento di annullamento, attesa la contrarietà dell’intervento edilizio con le previsioni del PTP, che il coinvolgimento degli appellanti nella vicenda procedimentale propedeutica al disposto annullamento non ne avrebbe potuto modificare il contenuto dispositivo" (Cons. Stato, n. 1070 del 2010, cit.); c) che già la nota della Soprintendenza prot. 8109/B del 16 luglio 2003 (come poi quella prot. 5852/B del 18 maggio 2005) è stata inviata anche all’interessato, per cui si ritiene applicabile, nella specie, l’interpretazione non formalistica dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, convalidata da costante giurisprudenza, per cui il vizio non sussiste se all’interessato sia stata comunque data aliunde nozione dell’avvio del procedimento, con la conseguente possibilità di rappresentarvi le proprie valutazioni;

le suddette note della Soprintendenza, infine, non risultano avere scopo dilatorio, poiché con esse si è richiesta documentazione all’evidenza necessaria per l’esercizio delle funzioni di competenza, poiché riguardante la planimetria, documentazione fotografica, nonché lo stralcio del P.T.P. "con localizzazione puntiforme e relativa normativa" (nota del 16 luglio 2003) nuovamente richiesto con la nota successiva perché ancora mancante.

3. Per quanto considerato l’appello è infondato e deve essere perciò respinto.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza. Esse sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.

respinge l’appello in epigrafe.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese del presente grado del giudizio a favore del Ministero per i beni e le attività culturali, appellato, che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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