Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 17-02-2011) 10-03-2011, n. 9845 determanazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 7.1.2008, il Tribunale di Foggia dichiarò F.D. e F.S. responsabili del reato di truffa e li condannò alla pena di mesi 6 di reclusione ed Euro 300,00 di multa, nonchè al risarcimento dei danni ed alla rifusione delle spese a favore della parte civile C.E.M. S.r.l..

Avverso tale pronunzia gli imputati proposero gravame ma la Corte d’appello di Bari, con sentenza in data 20.1.2010, confermò la decisione di primo grado e condannò gli imputati alla rifusione a favore della parte civile delle ulteriori spese di giudizio.

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputata F.D. deducendo:

1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al rigetto della eccezione di tardività della querela; la persona offesa ebbe conoscenza dell’irregolarità dei contratti di finanziamento dal febbraio 2002, tanto che fece inviare in data 15.4.2002 (e non 2007 come erroneamente indicato in sentenza) una raccomandata con avviso di ricevimento; la querela fu sporta alla fine di luglio 2002 e quindi evidente la tardività; inoltre la Corte territoriale sostiene che nella truffa contrattuale il momento consumativo non coincide con la consegna del bene ma con il successivo impedimento dell’agente, ma nel caso di specie la transazione del querelante con la Consum.it non è il momento dell’inadempimento, bensì quello della regolazione dei rapporti;

2. vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche nonostante la giovane età e l’incensuratezza;

3. vizio di motivazione in relazione al diniego della sospensione condizionale della pena la motivazione in ordine al danno sarebbe trascurabile e ciò che conta è il giudizio prognostico favorevole.

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

La sentenza impugnata, richiamando quella di primo grado, ha rilevato che l’invio della raccomandata in data 15.4.2002 (erroneamente indicata come 15.4.2007) fu determinato da un sospetto teorico e che il danno si verificò solo con il pagamento ingiusto di somme di denaro nel luglio 2002 (erroneamente indicato come 2003, a fronte dell’indicazione di cui all’imputazione).

Non si ravvisa alcuna violazione di legge nè illogicità o contraddittorietà in tale motivazione.

In tema di truffa, il momento consumativo del reato non può che corrispondere con quello in cui si è realizzato il danno, vale a dire con l’effettiva lesione del bene protetto dalla norma. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 46369 del 7.11.2003 dep. 3.12.2003 rv 228672).

D’altra parte questa Corte ha affermato che "in tema di truffa contrattuale il reato è con figurabile non soltanto nella fase di conclusione del contratto, ma anche in quella della esecuzione allorchè una delle parti, nel contesto di un rapporto lecito, induca in errore l’altra parte con artifizi e raggiri, conseguendo un ingiusto profitto con altrui danno" (Cass. Sez. 2A sent. n. 9323 del 20.1.1988 dep. 21.09.1988 rv 179203).

Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge censure di merito.

In tema di determinazione della pena, la concessione, o meno, delle attenuanti generiche costituisce un giudizio di fatto sottratto al controllo di legittimità: essa è demandata dalla legge al criterio discrezionale del giudice del merito che ha la funzione di adeguare la determinazione della pena all’entità dello episodio criminoso;

sicchè, quando detto giudice ha motivato in ordine alla concreta irrogazione della pena, con riferimento esplicito ai criteri di valutazione di cui all’art. 133 cod. pen., il relativo giudizio (anche di implicito rigetto della richiesta di concessione delle attenuanti in parola) non è censurabile in sede di legittimità.

(Cass Sez. 4, sent. n. 21 del 30.11.1988 dep. 3.1.1989 rv 180073.

Conf. mass. n. 175054; n. 155899; n. 139345).

Nella specie la ragione ostativa è stata ravvisata nella gravita dei fatti.

Il terzo motivo di ricorso è fondato.

Il diniego della sospensione condizionale della pena è motivato con la frase "in ragione di quanto sin qui esposto", ma nulla era stato esposto in ordine alla prognosi sfavorevole.

Perchè possa ritenersi sussistente un vizio di motivazione circa la denegata concessione del beneficio della sospensione condizionale non è necessario che il giudice prenda in considerazione le circostanze indicate nell’art. 133 cod. pen., ma, che egli fondi una prognosi negativa circa il futuro comportamento del colpevole con riferimento ad una o più delle dette circostanze purchè mostri di averle tutte presenti. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1936 del 15.12.1983 dep. 2.3.1984 rv 162937).

Del tutto inconferente è poi la considerazione che l’imputata potrebbe beneficiare dell’indulto, atteso che la sospensione condizionale della pena è causa di estinzione del reato.

La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio limitatamente alla decisione sulla sospensione condizionale della pena.

L’inammissibilità degli altri motivi di ricorso determina l’irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità di F. D..
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla decisione sulla sospensione condizionale della pena, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Bari.

Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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