Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-05-2011, n. 10560 Imposta locale sui redditi – ILOR

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il giorno 28.3.2006 è stato notificato alla "Liguoro Raffaele & C. sas di Liguoro Raffaele" un ricorso dell’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata 15.2.2005), che ha accolto l’appello della società contribuente contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli n. 693/02/2002. che aveva respinto il ricorso della medesima società avverso avviso di accertamento notificato il 30.8.1999 concernente ILOR per il periodo d’imposta 1993.

Non ha svolto attività difensiva la parte intimata.

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 23.2.2011, in cui il PG ha concluso per l’accoglimento/rigetto del ricorso.

2. I fatti di causa.

Con il menzionato avviso di accertamento l’Amministrazione – sulla premessa che la società contribuente avesse cooperato in un meccanismo finalizzato all’evasione dell’IVA negli scambi intracomunitari, ed in particolare avesse operato come società – filtro a favore di tale "Gruppo Boccia", prestandosi ad effettuare ogni necessario incombente fiscale, senza però versare l’imposta- aveva determinato induttivamente a carico della odierna intimata un reddito di L. 1.610.266.000 pari all’ammontare dell’IVA correlata alle cessioni fatturate, e ciò in coerenza con la presunzione che – pur non avendo la società venduto effettivamente la merce e non avendo conseguito il prezzo indicato in fattura – la stessa avesse comunque lucrato l’IVA relativa, mai versata all’Erario.

L’impugnazione di detto avviso era stata respinta dalla adita Commissione Provinciale, ma Fappello interposto da parte della contribuente è stato accolto dalla Commissione Regionale di Napoli.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che: a) non era risultata alcuna correlazione o intesa tra la odierna intimata ed il "Gruppo Boccia" e neppure prova alcuna che la prima avesse illegittimamente e fraudolentemcnte operato; b) la determinazione presuntiva dell’imponibile era stata compiuta senza tenere conto dei costi, delle spese e degli oneri relativi, e perciò in violazione del D.P.R. n. 917 del 1996, art. 75 comma 4: c) la determinazione induttiva del reddito attraverso medie di redditività, non suffragata da altri concreti elementi valutativi relativi al singolo soggetto non è procedimento idoneo a conseguire il risultato di un valido accertamento, essendo insito nel concetto di media la possibilità che singole situazioni si discostino notevolmente da essa.

4. Il ricorso per cassazione.

Il ricorso per cassazione è sostenuto con quattro motivi d’impugnazione e – dichiarato il valore della causa nella misura di Euro 378.464,00 – si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese processuali.
Motivi della decisione

5. Il motivi d’impugnazione.

Il primo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: "Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2627 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 4".

Il secondo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: "Omessa, insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 ed al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1".

Il terzo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica:"Violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 2 e degli artt. 2697 e 2727-2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5 ed al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1".

Il quarto motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica:"Violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 39 e 42 del D.P.R. 22 dicembre 1996, n. 917, art. 75, comma 4 e dell’art. 2697 nonchè dei principi generali sul contenuto tributario, illogica motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5 ed al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62 comma 1".

I quattro motivi dianzi rubricati sono tutti inammissibili.

Ed invero è principio pacifico e costante nella giurisprudenza di questa Corte (per tutte Cass. Sez. 3. Sentenza n. 24540 del 20/11/2009) quello secondo cui: ‘"Nel caso in cui la decisione impugnata sia fondata su una pluralità di ragioni, tra di loro distinte e tutte autonomamente sufficienti a sorreggerla sul piano logico-giuridico, è necessario, affinchè si giunga alla cassazione della pronuncia, che il ricorso si rivolga contro ciascuna di queste, in quanto, in caso contrario, le ragioni non censurate sortirebbero l’effetto di mantenere ferma la decisione basata su di esse. (Nella specie, in applicazione del principio enunciato, la S.C. ha rigettato il ricorso avanzato da un lavoratore dipendente che aveva censurato la parte della sentenza di merito relativa alla correttezza della formazione della prova testimoniale ma aveva omesso di criticare la giustificazione della decisione che faceva leva, in aggiunta alla valutazione di detta prova, anche sull’impossibilità di riconoscere l’interruzione della prescrizione del diritto di credito vantato dallo stesso lavoratore)".

Orbene, nella specie di causa – come si è detto nella narrativa, sub lettera c) del capo 3 – il giudice di appello ha espressamente argomentato nel senso che "la determinazione induttiva del reddito attraverso medie di redditività, non suffragata da altri concreti elementi valutativi relativi al singolo soggetto non è procedimento idoneo a conseguire il risultato di un valido accertamento, essendo insito nel concetto di media la possibilità che singole situazioni si discostino notevolmente da essa".

Siffatta ratio decidendi sarebbe stata idonea anche autonomamente a consentire l’accoglimento dell’appello, inficiando integralmente la metodologia su cui si assume essere stato basato l’accertamento, sicchè non vi è dubbio che non avendo l’Agenzia qui ricorrente censuratola specificamente, i motivi di impugnazione espressamente proposti sono tutti inammissibili ed il ricorso deve essere respinto, appunto perchè -anche in ipotesi di loro integrale accoglimento- la sentenza impugnata resisterebbe comunque alle censure.

In realtà, quand’anche si accogliessero i motivi di impugnazione che la parte ricorrente ha proposto con riferimento alle ratio decidendi riassunte sub a) e b) del capo 3 della presente decisione (sussistenza di validi presupposti per il ricorso all’accertamento induttivo; dovere del giudice di non limitarsi all’annullamento dell’accertamento per l’ipotesi di omesso computo dei costi e di provvedere alla rideterminazione del ricavo sulla scorta risultanze di causa), resterebbe pur sempre non contraddetta l’ulteriore ed autonoma ratio decidendi su cui è fondata la sentenza di primo grado e di cui sopra si è detto, sicchè sarebbe del tutto frustraneo provvedere qui all’esame dei motivi di impugnazione non idonei al raggiungimento del risultato che la parte ricorrente si ripromette di ottenere.

Nulla sulle spese, atteso che la parte intimata non si è costituita.
P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *