Cons. Stato Sez. VI, Sent., 09-03-2011, n. 1466 Indennità di anzianità e buonuscita

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso n. 12237 del 1998, proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, il signor R.I., dipendente con la qualifica di Assistente Capo presso il Ministero dell’interno, ha richiamato che quale indennità di buona uscita gli era stata liquidata la somma netta di lire 48.570.37 e che successivamente, essendogli stato comunicato dall’ENPAS che vi era stato un errore di calcolo a suo vantaggio, di lire 20.057.945, per l’erronea aggiunta dell’indennità di funzione allo stipendio, ha restituito la somma indebitamente corrisposta mediante trattenute mensili sulla pensione dall’ 1 marzo 1994 al 28 febbraio 1998. In seguito, in applicazione della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (recante il computo dell’indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti) l’INPDAP ha riliquidato al ricorrente l’indennità di buonuscita, per una somma di lire 2.976.945, trattenendo la somma di lire 20.057.945 e, perciò, senza considerare che tale somma era già stata recuperata.

L’interessato ha chiesto quindi il riconoscimento del suo diritto alla percezione della somma di lire 20.057.945 in quanto illegittimamente trattenuta dall’ Amministrazione, che ne aveva già ottenuto la restituzione, oltre interessi e rivalutazione monetaria fino al soddisfo.

2. Il Tribunale amministrativo, con la sentenza n. 2644 del 2004 ha respinto il ricorso compensando tra le parti le spese del giudizio.

Nella sentenza si afferma che il ricorrente non ha offerto elementi idonei a dimostrare la indebita decurtazione dei detti 20 milioni di lire e che anzi, dalla documentazione contabile esibita in giudizio dall’ Amministrazione, tale decurtazione non risulta operata, emergendo al contrario che la riliquidazione della cd. "buona uscita", avente quale base di calcolo l’indennità integrativa speciale, non avrebbe potuto raggiungere la cifra di oltre 23 milioni, pretesa dal ricorrente. Sull’indennità integrativa speciale percepita dal ricorrente (poco più di un milione di lire annue) andava infatti calcolata una percentuale del 60%, e quindi, sulla somma lorda così determinata, si doveva operare un ulteriore riduzione dell’80% dovendosi, infine, eseguire il ricalcolo ai fini della buonuscita soltanto su questa esigua somma, peraltro da computare per differenza rispetto a quanto già erogato. Che non vi sia stata la detta decurtazione all’atto della riliquidazione risulta confermato, infine, dal mandato di pagamento della somma di lire 2.976.234 (n.792 del 1997 acquisito agli atti) nel cui prospetto non si accenna ad alcuna compensazione.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con l’accoglimento della domanda proposta con il ricorso di primo grado.

4. All’udienza dell’8 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. Nell’appello, in censura della sentenza di primo grado, si deduce: a) dal mandato n. 792 del 1997 risulta che la somma dovuta al ricorrente per la indennità di buonuscita è di lire 64.567.710 lorde e che, trattenute lire 59.291.443 per precedente erogazione, gli sono stati erogati lire 2.976.324; b) non si è però tenuto conto che al ricorrente erano state addebitate lire 20.057.945 (con provvedimento del 1992), e che tale somma, in quanto da lui restituita, avrebbe dovuto essere detratta dalla suddetta cifra di lire 59.291.443 come buonuscita versata; c) per cui al ricorrente avrebbe dovuto essere corrisposto l’importo di circa lire 23.000.000 e non di lire 2.976.334 versati a saldo; d) è inconferente, infine, il richiamo delle modalità per il calcolo della indennità integrativa speciale nella indennità di buonuscita fatto nella sentenza, non essendo ciò in discussione ma la duplicazione della trattenuta di lire 20.057.945.

2. L’INPDAP si è costituito in giudizio eccependo la prescrizione dei diritti invocati ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 ("Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato") e dell’art. 2948 c.c..

L’eccezione non può essere accolta in quanto dedotta la prima volta in sede di appello, secondo quanto statuito al riguardo con giurisprudenza amministrativa costante, confermata da ultimo dall’art. 104, comma 1, del Codice del processo amministrativo (ex multis, Cons. Stato, VI: 28 ottobre 2010, n. 7643; 5 ottobre 2010, n. 7284).

3. L’appello è comunque infondato nel merito.

Infatti:

– con l’appello, come già in primo grado, si deduce che la somma versata al ricorrente in sede di riliquidazione della buonuscita per la inclusione in essa della indennità integrativa, pari a lire 2.976.234, non è quella spettante, poiché gli sarebbe dovuta attribuire la somma lorda di lire 25.344.012, derivante dalla sottrazione dalla cifra della liquidazione della somma di lire 59.281.443 diminuita, a sua volta, di quella di lire 20.057.745 già restituita;

– con ciò si contesta, in sostanza, la correttezza del calcolo eseguito al fine della detta riliquidazione; la censura è però infondata poiché il calcolo della riliquidazione della buonuscita con la inclusione della indennità integrativa speciale deve essere eseguito non in riferimento alle cifra complessiva della buonuscita già definita ma -come correttamente affermato dal primo giudice- all’effetto al riguardo dell’applicazione degli specifici parametri di cui alla legge 29 gennaio 1994, n. 87, cioè, in particolare, assumendo a riferimento del calcolo la indennità integrativa speciale annua in godimento, secondo la modalità, per cui "ai dipendenti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lett. b), della legge n. 87/1994, sia riconosciuta, in sede di indennità di buonuscita una frazione pari al 48 per cento (e cioè dell’80 % del 60%) della indennità integrativa speciale" (Cons. Stato, VI, 18 agosto 2010, n. 5870);

– rispetto all’applicazione della modalità di calcolo così prescritta il ricorrente non offre alcuna dimostrazione che siano stati commessi errori a causa dei quali la somma corrisposta non è quella dovuta.

4. Per quanto considerato l’appello è infondato e deve essere perciò respinto.

Sussistono motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.

respinge l’appello in epigrafe.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *