Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 16-02-2011) 10-03-2011, n. 9683 violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 15 gennaio 2010, la Corte d’Appello di Salerno confermava la decisione del Tribunale di Salerno con la quale, il 31 marzo 2008, C.R. era stato condannato per i reati di cui all’art. 609 bis c.p., art. 609ter c.p., u.c., art. 609octies c.p. e art. 81 c.p. in danno del figlio minore di anni 5.

In particolare, il predetto era accusato di aver indotto il minore al compimento di atti sessuali consistenti nel farsi spalmare crema sull’organo sessuale, nello spogliare il bambino e nell’inserirgli parzialmente nell’ano il proprio organo sessuale nonchè oggetti di varia natura, tra cui tamponi, supposte, "pomate magiche", nel farsi baciare e massaggiare il pene, nell’orinargli e defecargli addosso, il tutto nel corso di incontri sessuali ai danni del predetto e di altri bambini ai quali partecipavano altri adulti nei confronti dei quali si era separatamente proceduto.

Avverso la decisione della Corte d’Appello il C. proponeva, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione.

Con un primo motivo di ricorso deduceva la insufficienza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in ordine alla valutazione delle emergenze probatorie risultanti dall’istruzione dibattimentale, nonchè travisamento del fatto.

Rilevava, inoltre, il vizio di motivazione anche in relazione alla asserita attendibilità della persona offesa ed alla presenza di riscontri obiettivi al suo narrato.

Osservava a tale proposito, dopo aver premesso che l’affermazione di penale responsabilità poggiava esclusivamente sulle dichiarazioni del minore parte offesa, che queste erano connotate da contraddizioni e smentite, erano scaturite da domande suggestive e prive di riscontri obiettivi.

Rilevava, altresì, che la Corte territoriale aveva proceduto ad una erronea valutazione delle dichiarazioni medesime, non osservando le regole minime di rigorosa valutazione della prova specie nel caso in cui detta valutazione attenga alle dichiarazioni di un minore.

Affermava che, nella fattispecie, il minore, sentito più volte, ben poteva essere stato oggetto di suggestione e che, nonostante ciò, la Corte d’Appello ne aveva riconosciuto l’attendibilità basandosi solo sulle perizie e sulle consulenze di parte, ritenendo irrilevanti tutti gli elementi probatori che conducevano ad una diversa ricostruzione dei fatti e che analiticamente indicava.

In particolare, affermava che le perquisizioni effettuate per la ricerca di fotografie, materiale pedopornografico ed altri oggetti avevano dato esito negativo nonostante il bambino avesse indicato il luogo ove le foto sarebbero state custodite e gli oggetti (ceri, calice, mantelli) che sarebbero stati usati nel corso dei convegni sessuali; che analogo esito negativo era derivato dalle attività di intercettazione telefonica ed ambientale; che nessun abuso era stato riscontrato sugli altri bambini che sarebbero stai coinvolti nella vicenda; che nulla era emerso in ordine ad abusi che si sarebbero verificati durante la festa di compleanno del minore il (OMISSIS); che erano stati esclusi segni di violenza sul minore all’esito di esame clinico non essendo certa la natura dell’unica abrasione anale riscontrata.

Con il secondo motivo di ricorso deduceva il vizio di motivazione ed il travisamento della prova in relazione alla asserita correttezza del metodo di audizione del minore.

Rilevava, a tale proposito, che al minore erano state poste domande suggestive durante l’incidente probatorio, avvenute a due anni dai fatti e dopo che il minore era stato già sentito almeno nove volte, talvolta, peraltro, anche alla presenza della madre.

Affermava, inoltre, che non si era tenuto conto del contesto familiare connotato da un forte contrasto tra i genitori del minore Con il terzo motivo di ricorso deduceva la violazione dell’art. 603 c.p.p. in ordine alla mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ed il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta superfluità della richiesta di rinnovazione rispetto al thema decidendum.

La Corte d’Appello aveva infatti rigettato la richiesta di trascrizione di un’audiocassetta allegata alla relazione di uno dei consulenti tecnici del Pubblico Ministero e l’escussione del medico che per primo visitò il minore dopo le prime rivelazioni sugli abusi.

Con il quarto motivo di ricorso lamentava, infine, l’assoluta carenza di motivazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva in favore della parte civile costituita.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

In data 31 gennaio 2011 la difesa della parte civile depositava memoria con la quale chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso o comunque rigettare il ricorso dell’imputato.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Occorre preliminarmente ricordare, avendo il ricorrente incentrato la quasi totalità dei motivi sul vizio di motivazione, quali siano, in tale ipotesi, i limiti del sindacato di legittimità della sentenza impugnata.

La consolidata giurisprudenza di questa Corte è orientata nel senso di ritenere che il controllo sulla motivazione demandato al giudice di legittimità resta circoscritto, in ragione della espressa previsione normativa, al solo accertamento sulla congruità e coerenza dell’apparato argomentativo con riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo e non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti (si vedano ad esempio, limitatamente alla pronunce successive alle modifiche apportate all’art. 606 c.p.p. dalla L. n. 46 del 2006, Sez. 6 n. 10951, 29 marzo 2006; Sez. 6 n. 14054, 20 aprile 2006; Sez. 6 n. 23528, Sez. 3 n. 12110, 19 marzo 2009).

Con specifico riferimento al vizio di motivazione riferito alla valutazione di una dichiarazione testimoniale, è stata ulteriormente evidenziata l’impossibilità per il giudice di legittimità di accedere agli atti (tranne nel caso in cui gli stessi siano allegati al ricorso o in esso integralmente riprodotti) e la delicatezza del controllo di legittimità, che impone al giudice "di verificare se il "senso o significato probatorio" dedotto dal ricorrente sia congruo al "complesso" della dichiarazione", operazione di stretto merito che "in genere presuppone non solo la conoscenza degli altri elementi di prova, ma appunto anche la stessa valutazione complessiva di tutte le prove: la Corte, in questa prospettiva, deve limitarsi alla "verifica di legittimità" della corrispondenza tra il senso probatorio dedotto dal ricorrente e il contenuto complessivo delle dichiarazione, che è verifica del tutto peculiare, che si caratterizza per il non sostituirsi al compito esclusivo del giudice di merito, limitandosi ad accertare l’eventuale sussistenza del vizio processuale dedotto, senza alcun vincolo "contenutistico" per il successivo apprezzamento del giudice di merito nel caso di annullamento con rinvio sul punto" (così Sez. F. n. 32362, 26 agosto 2010. Nello stesso senso, Sez. 6 n. 18491, 14 maggio 2010).

Così delimitato l’ambito di operatività dell’art. 606 c.p.p., lett. e), si deve osservare che, sotto tale profilo, la sentenza impugnata risulta immune da censure avendo i giudici operato un’accurata analisi delle ragioni poste a sostegno della decisione di primo grado e dei rilievi della difesa sviluppati nei motivi di appello con una valutazione complessiva degli elementi fattuali offerti alla loro attenzione del tutto priva di contraddizioni, con la conseguenza che ciò che il ricorrente richiede è, in sostanza, una inammissibile rilettura del quadro probatorio e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.

Tale attività, come si è detto, non è pero consentita in sede di legittimità e, nella fattispecie, non sarebbe neppure possibile non disponendo questa Corte del complesso dei dati probatori acquisiti.

Ciò nonostante, la Corte territoriale ha fornito una puntuale ed esaustiva indicazione delle ragioni per le quali le dichiarazioni del minore, giudicate pienamente attendibili dal giudice di prime cure, non accusavano alcun cedimento a fronte delle censure mosse con l’atto di appello.

I giudici dell’appello operano, infatti, una dettagliata ricostruzione della sequenza degli avvenimenti che hanno portato all’apertura delle indagini e delle attività conseguenti poste in essere dall’ufficio del Pubblico Ministero.

Successivamente, ben consapevoli della rilevanza assunta dalle dichiarazioni del minore quali elemento portante e fondamentale dell’intero impianto accusatorio, i giudici del gravame hanno operato una accurata verifica non limitata ai soli contenuti, ma anche sull’attitudine del bambino a testimoniare e sull’assenza di elementi idonei ad inquinarne l’attendibilità, giungendo ad una valutazione positiva tanto sulla correttezza del metodo seguito per l’esame, quanto sulla spontaneità e attendibilità del dichiarato.

I criteri di valutazione adottati dai giudici del gravame risultano peraltro perfettamente in linea con la giurisprudenza di questa Corte.

Occorre a tale proposito ricordare che alle dichiarazioni della parte offesa, la cui testimonianza sia ritenuta intrinsecamente attendibile, viene riconosciuta la natura di vera e propria fonte di prova, ammettendo che sulla stessa, anche esclusivamente, possa essere fondata l’affermazione di colpevolezza dell’imputato, purchè la relativa valutazione sia adeguatamente motivata (Sez. 4 n. 30422, 10 agosto 2005; Sez. 4 n. 16860, 9 aprile 2004; Sez. 5 n. 6910, 1 giugno 1999).

A conclusioni analoghe e con richiami ad un maggiore rigore si è giunti anche con riferimento alle dichiarazioni del minore vittima di abusi sessuali.

Si è infatti chiarito (Sez. 3 n. 8962, 3 ottobre 1997, menzionata anche dalla Corte territoriale) che la particolarità dell’esame del minore vittima di abuso sessuale implica l’esame dell’attitudine psicofisica del teste ad esporre le vicende in modo utile ed esatto;

della sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne.

Viene inoltre ritenuta efficace l’indagine psicologica in ordine all’attitudine del bambino a testimoniare, sotto il profilo intellettivo ed affettivo, e la sua credibilità.

Il primo profilo riguarda la capacità di recepire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle e di esprimerle in una visione complessa, da considerare in relazione all’età, alle condizioni emozionali, che regolano le sue relazioni con il mondo esterno, alla qualità e natura dei rapporti familiari.

Il secondo profilo – da tenere distinto dall’attendibilità della prova, che rientra nei compiti esclusivi del giudice – è diretto ad esaminare il modo in cui il minore ha vissuto ed ha rielaborato la vicenda in maniera da selezionare sincerità, travisamento dei fatti e menzogna. E’ inoltre richiesto di evitare ogni trauma ulteriore, non strettamente ed assolutamente indispensabile.

L’assunto è stato successivamente ribadito (Sez. 3 n. 5003, 7 febbraio 2007; n.39994, 29 ottobre 2007; n. 29612, 27 luglio 2010).

Ciò posto, deve osservarsi che la valutazione operata dai giudici di merito tiene conto dei principi sopra sommariamente richiamati e l’analisi delle dichiarazioni del minore viene effettuata in modo accurato, tenendo in considerazione anche gli aspetti critici evidenziati dalla difesa nell’atto di appello che vengono confutati con argomentazioni del tutto coerenti ed immuni da cedimenti logici.

In altre parole, la ritenuta genuinità del racconto del minore, la sua coerenza, l’assenza di suggestioni esterne ed ogni elemento considerato sono oggetto di una verifica che non presenta quegli aspetti di contraddittorietà ed illogicità che il ricorrente propone.

Particolarmente meticolosa appare l’analisi non solo dei contenuti delle dichiarazioni, peraltro rese in contraddittorio in sede di incidente probatorio, ma anche delle valutazioni formulate dai numerosi periti e consulenti pervenendo ad una valutazione complessiva di attendibilità che, non presentando lacune o salti logici, supera agevolmente il vaglio di legittimità.

La Corte effettua anche una collocazione cronologica degli eventi e delle dichiarazioni, evidenziando come l’assenza di riscontri denunciati dal ricorrente sia del tutto marginale ai fini della complessiva attendibilità del minore e perfettamente compatibile con i prevedibili meccanismi di difesa posti in essere dopo l’avvio delle indagini.

Anche la valutazione del dato clinico della lesione anale riscontrata viene effettuata in modo critico e perfettamente coerente, evidenziando come tale lesione, pur non potendosi considerare un vero e proprio riscontro obiettivo alla luce delle valutazione operate dai sanitari che visitarono il minore, risulti comunque compatibile con il racconto del minore circa gli abusi subiti.

Lo stesso dicasi per quanto riguarda il contesto familiare nel periodo in esame.

La solidità del quadro probatorio riconosciuta dai giudici di merito giustificava, inoltre, il rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, fondato sulla corretta applicazione del disposto dell’art. 603 c.p.p..

La richiamata disposizione, infatti, consente tale possibilità al giudice dell’appello solo nel caso in cui ritenga di non essere in grado di decidere allo stato degli atti.

Si tratta, pertanto, di un’evenienza del tutto eccezionale poichè deve superare la presunzione di completezza dell’indagine probatoria del giudizio di primo grado, alla quale il giudice può ricorrere solo quando la ritenga necessaria ai fini della decisione (così Sez. 3 n. 24294, 25 giugno 2010).

Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha compiutamente indicato le ragioni per le quali ha ritenuto superflua la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, evidenziando i motivi per i quali le prove richieste apparivano irrilevanti a fronte del quadro probatorio già acquisito.

Le prove richieste, inoltre, difettavano dell’essenziale requisito della decisività.

Come ricordato dalla giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, Sez. 6, n. 14916, 19 aprile 2010), infatti, la mancata assunzione di una prova decisiva ha rilievo solo nel caso in cui, dal confronto tra la prova richiesta e non ammessa e gli argomenti posti a sostegno della pronuncia impugnata, emerga chiaramente che l’assunzione della prova negata avrebbe certamente determinato il giudice a diverse conclusioni, o qualora la mancata acquisizione della prova medesima abbia inciso a tal punto sulla decisione da indurre il giudice alla redazione di una motivazione fondata su affermazioni apodittiche o congetturali (Sez. 1, n. 3182, 23 marzo 1995; Sez. Un. 38883, 23 marzo 1995).

Alla luce della richiamata giurisprudenza appare di tutta evidenza che la prova non ammessa non avrebbe in alcun modo intaccato l’esito dell’istruzione dibattimentale che aveva condotto il giudice di primo grado alla pronuncia di condanna.

Parimenti infondata, infine, è la questione relativa al difetto di motivazione in ordine alla provvisionale immediatamente esecutiva.

Premesso che la giurisprudenza di questa Corte ritiene che la decisione sull’assegnazione di una provvisionale in sede penale abbia carattere meramente delibativo e non acquisti efficacia di giudicato in sede civile, mentre la determinazione dell’ammontare della stessa è rimessa alla discrezionalità del giudice del merito che non è tenuto a dare una motivazione specifica sul punto, con la conseguenza che il relativo provvedimento non è impugnabile per cassazione, in quanto per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinato ad essere travolto dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento (Sez. 4 n. 10048, 10 ottobre 1991; Sez. 5 n. 40410, 15 ottobre 2004; Sez. 5 n. 5001, 7 febbraio 2007) va comunque rilevato che i giudici del gravame hanno compiutamente indicato le ragioni per le quali il risarcimento era stato riconosciuto.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con le consequenziali determinazioni indicate in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e delle spese sostenute nel grado dalla parte civile che liquida in complessivi Euro 2.500,00 oltre IVA e C.A. da porsi a carico dello Stato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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