Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 10-02-2011) 10-03-2011, n. 9682 Reato continuato e concorso formale Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 13 maggio 2010, il Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Trento, in riferimento al reato di cui agli artt. 110 e 81 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 ha applicato su richiesta delle parti a C.N., la pena nella misura di anni 2 mesi 8 di reclusione oltre alla multa di 12 mila Euro, ad O.F., la pena nella misura di anni 2 e mesi 9 di reclusione ed Euro 12.000 di multa, ad A.N., la pena nella misura di anni quattro e giorni 2 di reclusione, oltre 18 mila Euro di multa.

2. L’imputato C., tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione per l’annullamento della sentenza emessa ex art. 444 c.p.p., per violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), lamentando la mancanza di motivazione in relazione al mancato richiamo da parte del giudice delle fonti di prova, nonchè circa la corretta qualificazione giuridica dei fatti.

3. Anche l’imputato O. ha proposto ricorso per cassazione per l’annullamento (con o senza rinvio) della sentenza emessa per violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), per illogicità, contraddittorietà ed insufficienza manifesta della motivazione. La sentenza impugnata presenterebbe un evidente vuoto motivazionale nella parte in cui sembra verificare, ex art. 129 c.p.p., la eventuale sussistenza di circostanze che possano comportare la immediata declaratoria di proscioglimento dell’imputato: il giudice avrebbe utilizzato solo clausole di stile; in particolare in ordine alla qualificazione dei fatto, non vi è alcun cenno agli elementi che avrebbero condotto il giudice a ritenere integrato il reato consumato piuttosto che tentato.

4. L’imputato A. ha parimenti proposto ricorso, chiedendo una rivalutazione del proprio caso, in quanto lamenta di essere stato giudicato senza difensore di fiducia, e senza che siano stati ascoltati i testi che erano stati richiesti.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono inammissibili per genericità.

Osserva la Corte che i ricorrenti non hanno indicato specificamente le risultanze delle indagini preliminari dalle quali emergerebbe l’assoluta inidoneità degli elementi di accusa a loro carico e la sussistenza, invece, di elementi dimostrativi dell’estraneità degli imputati ai fatti contestati, ma si sono limitati ad una doglianza generica circa l’assenza di motivazione sugli elementi che avrebbero potuto condurre ad una declaratoria di proscioglimento e sulle ragioni per le quali è stata ritenuta corretta la qualificazione giuridica del fatto.

Al riguardo, è principio pacifico in giurisprudenza che, nell’ipotesi di impugnazione di una decisione assunta in conformità alla richiesta formulata dalla parte secondo lo schema procedimentale previsto dall’art. 444 c.p.p., l’esigenza di specificità delle censure deve ritenersi più pregnante rispetto ad ipotesi di diversa conclusione del giudizio, dato che la censura sul provvedimento che abbia accolto la richiesta dell’impugnante deve impegnarsi a demolire, prima di tutto, proprio quanto richiesto dalla stessa parte (cfr. Sez. Unite, n. 11493 del 24/6/1998, Rv, 211468). Inoltre è stato ritenuto (per tutte, Sez. 3, n. 1693 del 1/6/2000, Rv. 216583) che, nel giudizio definito ai sensi dell’art. 444 c.p.p., è inammissibile, per genericità, l’impugnazione nella quale sia stata lamentata la mancata verifica o comunque l’omissione di motivazione in ordine alla sussistenza di cause di non punibilità, quando la censura non sia accompagnata dalla indicazione specifica delle ragioni che avrebbero dovuto imporre al giudice l’assoluzione o il proscioglimento ex art. 129 c.p.p.. Il presente ricorso, in conclusione, va dichiarato inammissibile.

Alla dichiarazione di inammissibilità del gravame conseguono, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere del pagamento delle spese del procedimento e di una somma di millecinquecento a favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del giudizio e della somma di millecinquecento Euro alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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