Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 10-02-2011) 10-03-2011, n. 9681 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 15/1/04, il Tribunale di Bari, sezione distaccata di Putignano condannava L.F. alla pena di mesi 10 di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa, pena sospesa, perchè ritenuta colpevole del reato di cui all’art. 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 per avere concorso nella detenzione e nel porto di gr. 20 di sostanza stupefacente del tipo cocaina.

La Corte di Appello di Bari, con sentenza del 20/1/2010, pronunciandosi sull’appello avanzato dalla prevenuta, ha confermato il decisum di prime cure.

Propone ricorso per cassazione la difesa della L. con i seguenti motivi:

– vizio di motivazione in relazione alle censure mosse sullo svolgimento dei fatti, in particolare, con riguardo alle modalità dell’inseguimento e dell’arresto e al lancio degli involucri di stupefacente dal finestrino anteriore destro dell’autovettura;

– pur in difetto di indizi gravi, precisi e concordanti il decidente ha ravvisato la sussistenza, sotto il profilo oggettivo, della fattispecie di reato contestata;

– non è rinvenibile in atti processuali prova di un positivo contributo della L. alla condotta del coniuge.

G.R.;

– ha errato il giudice di merito nel ritenere che lo stupefacente rinvenuto fosse destinato allo spaccio, anzichè all’uso personale;

– la Corte territoriale ha applicato nei confronti della imputata la legge meno favorevole tra quella del tempo in cui fu commesso il reato e quella vigente al momento della emissione della sentenza di secondo grado in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, violando, così il dettato di cui all’art. 2 c.p., comma 4.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

La argomentazione motivazionale. svolta dal giudice di merito a sostegno del decisum, si rivela del tutto logica e corretta.

La Corte territoriale ha ricostruito la vicenda, con puntuali richiami alle emergenze istruttorie, fornendo delle stesse una interpretazione estimativa pienamente plausibile.

Con i primi tre motivi di ricorso si palesa il tentativo di un riesame della piattaforma probatoria, su cui al giudice di legittimità è preclusa ogni rianalisi.

Osservasi, infatti, che nel momento del controllo di legittimità sulla motivazione, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore possibile ricostruzione dei fatti, nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (Cass. 1/10/02, Carta).

Di conseguenza il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dal giudice di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se detto giudice abbia esaminato tutti gli elementi a sua disposizione, se abbia fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbia esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Cass. 6/5/03, Curcillo), ciò perchè questa Corte è giudice della motivazione e della osservanza della legge e non del contenuto della prova, non competendole un controllo sul significato concreto di ciascun elemento di riscontro probatorio (Cass. 6/3/03, Di Folco).

Dal vaglio di legittimità a cui è stata sottoposta la sentenza impugnata emerge che il decidente ha fatto buon governo dei principi ut supra richiamati.

Del pari infondata si rivela la censura attinente alla erronea esclusione della destinazione ad uso personale della sostanza stupefacente, in quanto la Corte distrettuale non si limita a considerare sul punto solo il dato ponderale della droga, bensì evidenzia il comportamento del G., che cercò di sottrarsi al controllo degli agenti, investendo con l’autovettura da lui condotta gli stessi nel tentativo di fuggire; il comportamento della L., che durante l’inseguimento da parte dei militari ebbe a disfarsi della sostanza, nonchè la mancanza di qualsivoglia elemento da cui ricavare che lo stupefacente rinvenuto fosse destinato a soddisfare esclusivamente le esigenze del G. medesimo;

circostanze, queste, tutte ritenute, a giusta ragione, dal decidente, indicative della destinazione allo spaccio della cocaina rinvenuta.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la L. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la stessa, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.. deve, altresì, essere condannata al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000.00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 1.000.00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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