Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 10-02-2011) 10-03-2011, n. 9679 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Gup presso il Tribunale di Catania, con sentenza del 15/12/04, resa a seguito di rito abbreviato, dichiarava S.R. colpevole del reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, per avere partecipato, rivestendovi il ruolo di capo e/o promotore, alla detta associazione, ed inoltre del reato continuato di detenzione al fine di illecita cessione di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e marijuana, ed ancora del reato di truffa aggravata; dichiarava, altresì. So.Fi. colpevole del reato di detenzione al fine di illecita cessione di sostanza stupefacente del tipo marijuana.

Il Gup condannava il S. alla pena di anni 11 di reclusione ed il So. di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed Euro 4.000,00 di multa.

La Corte di Appello di Catania, chiamata a pronunciarsi sugli appelli avanzati dai rispettivi difensori dei prevenuti, con sentenza del 13/5/08, in parziale riforma del decisimi di prime cure, a seguito di rinuncia del S. a tutti i motivi di gravame, tranne quello attinente alla pena, che patteggiava ex art. 599 c.p.p., applicava a quest’ultimo, previa dichiarazione di non doversi procedere in relazione al reato di truffa, la pena in anni 6 di reclusione; per il So. ritenuto il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, e concesse le attenuanti generiche, rideterminava la pena in mesi 6 di reclusione ed Euro 1.200.00 di multa, con applicazione del condono ex L. n. 241 del 2006; con conferma nel resto.

Propongono autonomi ricorsi per cassazione gli imputati, a mezzo dei propri difensori, con i seguenti motivi:

– per S.: violazione degli artt. 129, 444, 546 e 599 c.p.p., rilevato il vizio di motivazione attinente alla insussistenza di elementi emergenti dall’incarto processuali, rilevanti ex art. 129 c.p.p.;

– per il So.: l’imputato andava assolto, rilevato che l’unica prova, posta a sostegno della affermata responsabilità in ordine al reato ascrittogli, è rappresentata da una intercettazione telefonica, che doveva essere ritenuta inutilizzabile, per vizi inerenti il decreto di autorizzazione del p.m.; peraltro erronea si palesa la analisi estimativa delle emergenze istruttorie, sulle quali il decidente ha argomentato in maniera apodittica e illogica;

– omessa motivazione in merito all’iter seguito nel quantificare la pena, dopo che la stessa Corte territoriale ha accolto le istanze inerenti alla concessione della attenuante di lieve entità e delle generiche;

– omessa motivazione al diniego dell’invocato beneficio della sospensione condizionale della pena.
Motivi della decisione

La diversità dei motivi di impugnazione rende necessaria una trattazione disgiunta delle stesse, per cui si procede all’esame dei ricorsi nei termini ut supra adottati nel riportare i motivi delle impugnazioni.

Il ricorso del S. è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile. La argomentazione motivazionale, svolta dal giudice di merito, si rivela del tutto logica e corretta. In primis si evidenzia che il prevenuto ha avanzato istanza di patteggiamento in appello, ex art. 599 c.p.p., previgente alla novella di cui al D.L. n. 92 del 2008, art. 2, comma 1, convertito in L. n. 125 del 2008, con rinuncia a tutti i motivi di appello, tranne a quello attinente alla pena.

Conseguentemente, resta precluso al prevenuto di dolersi di omessa motivazione in relazione alla sussistenza di cause di non punibilità, rilevato che, peraltro, la Corte territoriale ha compiutamente motivato sul punto, col richiamare le emergenze istruttorie, dalle quali è dato evincere con certezza il ruolo dal S. rivestito in una intensa attività, svolta in forma associata, finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, oltre che la fitta rete di rapporti e di collegamenti da costui intrattenuti con soggetti dediti a tale attività, come confermato anche dall’esito dei servizi investigativi svolti dalle forze dell’ordine.

Peraltro, secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, nella ipotesi di patteggiamento in appello, ex art. 599 c.p.p., comma 4 l’accordo intervenuto tra le parti sui motivi di gravame preclude la riproduzione nel giudizio di cassazione di tutte le questioni sulle quali è legittimamente intervenuta la rinuncia, in quanto le stesse parti, esercitando il potere dispositivo ad esse riconosciuto, hanno dato vita ad un negozio processuale liberamente stipulato che. una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato.

Il ricorso So. è fondato per quanto di ragione, come di seguito evidenziato.

La eccezione di inutilizzabilità della intercettazione telefonica, sollevata dalla difesa del prevenuto, non può trovare ingresso, non solo perchè la conversazione intercettata si innesta in una vasta indagine investigativa (con diversi decreti di intercettazione), da cui è sorta la necessità e l’urgenza di disporre la intercettazione in esame, ma soprattutto perchè la difesa dell’imputato non ha dimostrato, con la produzione dello specifico decreto, che ha dato luogo a quella intercettazione, la carenza dei presupposti di legge per ritenere la stessa validamente disposta.

Pari menti infondata si rivela la contestazione in relazione alla quantificazione della pena inflitta. avendo il giudice di merito dato contezza delle ragioni che lo hanno determinato ad applicare la ipotesi della lieve entità e di concedere le attenuanti generiche, in riforma del decisimi di prime cure, e, nel contempo, di ritenere equo e congruo il trattamento sanzionatorio fissato in mesi 6 di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa, con puntuale richiamo ai criteri dettati dall’art. 133 c.p.;

Sul punto questa Corte ha avuto modo di affermare che l’obbligo della motivazione sulla entità della pena irrogata deve ritenersi sufficientemente osservato qualora il giudice dichiari di ritenere adeguata la misura della pena applicata nel caso concreto, poichè tanto basta per fare ritenere che egli abbia tenuto conto, anche se intuitivamente e globalmente, di tutti gli elementi indicati nell’art. 133 c.p. in tema di valutazione della gravità del reato agli effetti della pena (Cass. 21/11/82, Ghinati; Cass. 2/7/98, n. 9120).

Fondato, di contro, si palesa il terzo motivo di ricorso (solo in attinenza alla doglianza inerente all’art. 163 c.p. e non all’art. 175 perchè la non menzione non risulta invocata con l’atto di appello), in quanto pur se la Corte territoriale nel riassumere i motivi di gravame richiama anche la istanza di concessione del beneficio de quo, omette totalmente in motivazione di dare alla stessa adeguato riscontro.

Conseguentemente la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla mancata valutazione sulla concedibilità o meno della sospensione condizionale della pena, per quanto riguarda la posizione del So..

Per il S., tenuto conto della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che l’imputato abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità del ricorso, lo stesso, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. deve essere, altresì, condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000.00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di S.R., che condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000.00 in favore della Cassa delle Ammende; annulla la impugnata sentenza per So.Fi., limitatamente alla omessa pronuncia sulla richiesta di sospensione condizionale della pena, con rinvio, per il relativo esame sul punto, ad altra sezione della Corte di Appello di Catania, altra sezione;

rigetta nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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