T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 09-03-2011, n. 2136 Avanzamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in esame (principale e due motivi aggiunti), il ricorrente – colonnello medico preso in esame per l’avanzamento al superiore grado per l’anno 2009, risultato idoneo ma non iscritto nel relativo quadro di avanzamento – impugna, nei limiti del proprio interesse, il giudizio di avanzamento (mancata iscrizione nel relativo quadro di avanzamento) al grado superiore per l’anno 2009 in uno con il provvedimento prot. 2009/211009, datato 4 maggio 2009, notificatogli il successivo giorno 25, con il quale è stato dichiarato idoneo all’avanzamento al grado superiore ma collocato all’ 8° posto in posizione non utile per l’iscrizione nel relativo quadro avendo ottenuto p. 27,90.

Deduce un unico, articolato motivo di ricorso per manifesta illogicità ed irragionevolezza.

Con motivi aggiunti, il ricorrente ha dedotto il vizio di disparità di trattamento incentrando le censure sul differente metro valutativo che la commissione avrebbe usato nei suoi confronti rispetto al Col. N. citato a raffronto.

Con secondi motivi aggiunti, l’interessato ha ripreso il primo vizio dedotto nel ricorso principale (difetto di istruttoria) meglio calibrando, altresì, le censure di eccesso di potere in senso relativo avuto riguardo alla posizione del Co. N..

Si è costituito il Ministero della Difesa per mezzo dell’Avvocatura di Stato che, oltre a chiedere il rigetto del ricorso, ne ha anche eccepito l’inammissibilità.

All’udienza del 12 gennaio 2011, la causa è stata spedita in decisione.
Motivi della decisione

Con il ricorso in esame (principale e due motivi aggiunti), il ricorrente – colonnello medico preso in esame per l’avanzamento al superiore grado per l’anno 2009, risultato idoneo ma non iscritto nel relativo quadro di avanzamento – impugna, nei limiti del proprio interesse, il giudizio di avanzamento (mancata iscrizione nel relativo quadro di avanzamento) al grado superiore per l’anno 2009 in uno con il provvedimento prot. 2009/211009, datato 4 maggio 2009, notificatogli brevi manu il successivo giorno 25, con il quale è stato dichiarato idoneo all’avanzamento al grado superiore ma collocato all’ 8° posto in posizione non utile per l’iscrizione nel relativo quadro avendo ottenuto p. 27,90.

Deduce eccesso di potere in senso assoluto e relativo.

Nell’ordine delle cose, il Collegio reputa opportuno trattare innanzitutto la censura di eccesso di potere in senso relativo.

Il Collegio – aderendo alla consolidata giurisprudenza amministrativa – ritiene di doversi pronunciare nel senso della inammissibilità della suddetta censura per genericità e per mancato assolvimento dell’onere di fornire un principio di prova. Ed invero, il ricorrente ha omesso di fornire indicazione alcuna, dotata di una qualche concretezza, relativamente ai soggetti, da prendersi a riferimento, dalle cui valutazioni possa evincersi l’utilizzo, da parte della Commissione Superiore di Avanzamento, di un metro di giudizio difforme, concessivo nei confronti dei parigrado e più restrittivo nei confronti del ricorrente; né parte ricorrente ha indicato la categoria di qualità o di titoli in cui la denunciata disparità di trattamento e difformità di metro di giudizio si sarebbero realizzate.

L’interessato si limita ad affermare una generica disparità di valutazione in suo danno, senza offrire indizi dai quali ragionevolmente desumere un serio sospetto di effettiva disparità e senza nulla seriamente dedurre a sostegno del denunciato vizio di eccesso di potere in senso relativo, laddove, nel processo amministrativo, incombe sul ricorrente l’onere della formulazione ed individuazione dei vizi inficianti i provvedimenti di cui si duole, sia pure nei limiti a lui consentiti dalla disponibilità degli atti, adducendo concreti elementi idonei a dimostrare quantomeno la possibilità di sussistenza dei denunciati vizi.

Il col. B. si limita, invece, alla enunciazione astratta del vizio di eccesso di potere in senso relativo, senza indicare neppure nei confronti di quali parigrado si integrerebbe tale vizio, affidando sostanzialmente l’articolazione della censura – mediante preannunciata proposizione di motivi aggiunti – all’esito dell’acquisizione della documentazione, oggetto di istanze istruttorie di parte ricorrente, riferita al Col. Francesco Gervasi ed al Gen. B. M. N..

L’istanza istruttoria rappresentava, dunque, lo strumento indiretto per procurarsi gli elementi di fatto su cui articolare la censura di eccesso di potere in senso relativo, questa solo annunciata nel ricorso introduttivo, proposta al buio ed apoditticamente al fine esplorativo, peraltro anche dichiarato, di ricercare eventuali illegittimità di cui non si rinvengono nel ricorso seri indizi; laddove l’attività istruttoria del giudice deve tendere alla verifica delle illegittimità seriamente dedotte dal ricorrente, illegittimità delle quali il ricorrente deve già avere accertato e dimostrato la sussistenza, sia pure nei limiti a lui consentiti dalla disponibilità degli atti.

Nulla, invero, è stato seriamente dedotto quanto alla (eventualmente non corretta, per essere in ipotesi immotivatamente concessiva) valutazione effettuata in favore dei controinteressati ufficiali. Il ricorrente si è limitato, infatti, ad affermare una generica disparità di valutazione in suo danno, senza offrire indizi dai quali ragionevolmente desumere un serio sospetto di effettiva disparità.

In conclusione, il ricorrente ha inteso dedurre le proprie censure, delle quali mancavano seri indizi dimostrativi nel ricorso introduttivo, traendo ragione dagli atti di cui ha chiesto successiva acquisizione in corso di processo.

Per le suesposte ragioni, la censura inerente il denunciato vizio di eccesso di potere in senso relativo, per avere la Commissione Superiore di Valutazione utilizzato un metro di giudizio difforme nei confronti del ricorrente rispetto ai parigrado promossi, va dichiarata inammissibile per genericità e mancato assolvimento dell’onere di fornire il principio di prova.

Ne consegue, che tardive sono le censure introdotte con i motivi aggiunti notificati soltanto il 6 settembre 2009 (i primi) ed il 79 ottobre 2009 (i secondi), ben oltre, cioè, il termine decadenziale di sessanta giorno decorrente dal 25 maggio 2009, data di notifica del provvedimento impugnato.

Sono ammissibili, invece, i secondi motivi aggiunti nella parte in cui riprendono, e meglio calibrano, il primo dei dedotti motivi di ricorso principale con riguardo al vizio del difetto di istruttoria (omissioni nello stato di servizio refluenti negativamente sulla completezza degli elementi di fatto presupposti alla valutazione operata dalla commissione: sotto, sub n. 1).

Si può passare all’esame del vizio di eccesso di potere in senso assoluto.

Il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame della eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa erariale nella sua prima memoria, come pure da ogni ulteriore acquisizione di documenti (quelli del ricorrente essendo stati depositati), oltre che dalla integrazione del contraddittorio (risultando il ricorso principale notificato ritualmente ad uno solo dei controinteressati) in quanto il gravame è palesemente infondato.

Il ricorrente lamenta:

1)che il risultato finale della valutazione non ha tenuto conto di tutti i titoli conseguiti in carriera; la commissione, a suo dire, avrebbe effettuato la valutazione non disponendo, se non in parte, degli elementi che il Legislatore ha indicato come indispensabili, costruendo, pertanto, una valutazione basata su elementi presunti e non veritieri; di tanto egli si è convinto in ragione del fatto che negli "Specchi" I, V e VI (Settori che evidenziano i passaggi e lo sviluppo di carriera) non risultano attestati:

l’attività di servizio svolta al rientro dal comando in Afganistan;

l’attività di relatore in importanti eventi congressuali;

gli incarichi disimpegnati tra il 2001 ed il 31 ottobre 2008;

la candidatura alla frequenza della 59^ Sessione dello IASD disposta dallo Stato Maggiore dell’esercito;

2)difetto di istruttoria: l’avanzamento al grado superiore si gioca su decimi di unità, al di là della formulazione, più o meno elogiativa ed eloquente, dei giudizi;

3)perplessità sui criteri di valutazione dettati dal D.M. n. 571/1993, mal comprendendosi come gli stessi siano stati applicati nei suoi confronti;

4)ingiusta penalizzazione che dalla mancata iscrizione in quadro gli deriva poiché, essendo egli il più anziano nel grado, dovrebbe essere collocato – a mente dell’art. 65, c. 9 del D.Lvo n. 490/1997 – in aspettativa per riduzione quadri sin dal 2010, con definitivo abbandono di ogni aspettativa di progressione in carriera, oltre agli aspetti strettamente previdenziali.

Le censure sono tutte infondate.

Con riguardo alla prima doglianza (n. 1), come seguono le considerazioni del Collegio.

In generale, va premesso che il profilo dell’eccesso di potere in senso assoluto postula un sindacato sulla coerenza generale del metro valutativo adoperato dalla commissione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 luglio 1999 n. 1196 e 27 novembre 1997 n. 1328), ovvero sulla manifesta incongruità del punteggio, avuto riguardo agli incarichi ricoperti, alle funzioni espletate, ed alle positive valutazioni ottenute durante tutto l’arco della sua carriera.

Quanto alla caratterizzazione del giudizio espresso dalla Commissione superiore in sede di avanzamento degli ufficiali (specie per i gradi più elevati), è opportuno sottolineare come esso costituisca espressione di una valutazione complessiva, nella quale assumono indivisibile rilievo gli elementi personali e di servizio emersi nei confronti dell’ufficiale: dimostrandosi, quindi, impraticabile una sistematica "chirurgica" di scissione delle singole componenti del giudizio stesso, per poi assumere che uno di essi, isolatamente considerato, sia sufficiente a sorreggere il giudizio complessivo.

La cognizione del giudice amministrativo non può, pertanto, che essere limitata ad una generale verifica della logicità e razionalità dei criteri seguiti in sede di scrutinio per l’avanzamento; ciò tanto più ove si consideri come sia assai ampia la discrezionalità attribuita alla commissione superiore, chiamata ad esprimersi su candidati in lizza per il raggiungimento dei più alti gradi della carriera militare, le cui qualità sono definibili – sia in senso assoluto, sia comparativamente agli altri colleghi assunti in valutazione – solo attraverso sfumate analisi di merito, implicanti la ponderazione non aritmetica delle complessive qualità degli scrutinandi, da effettuarsi attraverso un apprezzamento dei titoli e dei requisiti in via di astrazione e di sintesi, non condizionato dalla meccanica valutazione delle singole risultanze documentali.

Quanto sopra doverosamente puntualizzato, la disamina della sottoposta vicenda contenziosa transita attraverso la verifica della fondatezza delle censure – dalla parte ricorrente dedotte sub specie dell’eccesso di potere in senso assoluto – concernenti l’operato posto in essere nella fattispecie dalla Commissione Superiore di Avanzamento.

Sostiene parte ricorrente, in proposito, che il proprio complessivo profilo sarebbe connotato da caratteri di assoluta ed incontroversa preminenza, segnatamente con riferimento al possesso di titoli – culturali, professionali e di carriera – che evidenzierebbero ictu oculi una valenza superiore della propria attitudine e professionalità.

Il ricorrente, in proposito, sostiene innanzitutto, di avere riscontrato "omissioni sullo Stato di Servizio" particolarmente gravi e tali da inficiare radicalmente l’attendibilità della valutazione espressa dalla commissione.

La circostanza non è influente.

Il Collegio ha riscontrato la mancanza, negli "specchi", delle annotazioni evidenziate dal ricorrente; tuttavia, tali omissioni, a ben considerare, non compromettono l’integrità e la completezza documentativa degli incarichi svolti dal militare.

Va osservato, infatti, che la commissione d’avanzamento compie la propria analisi valutativa sulla scorta del percorso curriculare dell’ufficiale quale emerge dall’intero libretto personale.

Ebbene, scorrendo il libretto personale del B., risulta per tabulas l’annotazione dei servizi e delle attività disimpegnate dal ricorrente nel periodo preso in considerazione ove attentamente esaminate le c.d. "Parti -Spazio a disposizione delle autorità giudicatrici nei periodi intermedi di valutazione e giudizio" nonché gli "Elementi di informazione" e, più in generale, i "Rapporti informativi"; documenti tutti utilizzati dalla commissione d’avanzamento in una visione unitaria del percorso curriculare e della professionalità acquisita dal valutando.

Deve presumersi, pertanto, iuris tantum, che di essi la commissione abbia tenuto conto in sede di valutazione a meno di non volere revocare in dubbio (con la tecnica, però, della querela civile di falso) la veridicità del verbale reso dall’organo valutativo.

Ciò che però, appare ancor più tranciante è la circostanza – messa in evidenza anche dalla attenta avvocatura di Stato – per cui il ricorrente affatto non ha mosso rilievi sulla attendibilità del proprio libretto personale allorquando ha firmato la relativa dichiarazione di completezza, per tal via riconoscendone la regolarità e l’aggiornamento per l’anno 2009 in ogni sua parte.

Tale circostanza, se non altro, depone a comprova della attendibilità della documentazione e rafforza la presunzione di completezza informativa sottoposta all’analisi della commissione.

Neppure consta che il ricorrente abbia avversato, in parte qua ed autonomamente, detta documentazione matricolare per revocarne in dubbio la legittimità sotto il profilo, appunto, della sua incompletezza.

Sempre sul punto in esame, l’avvocatura di Stato ha, altresì, chiarito che le attività svolte dal ricorrente come relatore in vari congressi non formano oggetto di trascrizione matricolare ai sensi della circolare 251066 del 13 maggio 2008. Anche questo profilo censorio, pertanto, non ha pregio.

Si tratta ora di appurare se la commissione sia incorsa o meno nel dedotto vizio di eccesso di potere in senso assoluto; ovvero, se siano stati violati i canoni di coerenza generale del metro valutativo con conseguente manifesta incongruità del punteggio assegnato al ricorrente, avuto riguardo agli incarichi ricoperti, alle funzioni espletate, ed alle positive valutazioni ottenute durante tutto l’arco della sua carriera.

Tale fattispecie inficiante è stata ritenuta rilevabile – e, conseguentemente, positivamente apprezzabile – da parte del giudice della legittimità nel solo caso in cui l’ufficiale sia in possesso di titoli talmente eccezionali da far risultare ictu oculi manifestamente inadeguati i punteggi che gli sono stati attribuiti; in altri termini, quando dall’esame della documentazione caratteristica sia dato evincere, con assoluta evidenza, una macroscopica ed immediatamente rilevabile incoerenza della valutazione della Commissione Superiore di Avanzamento rispetto ai precedenti di carriera dell’ufficiale (cfr., in termini, le pronunzie della Sezione IV del Consiglio di Stato nn. 6686 del 2002, 4074 del 2002, 3521 del 2002, 2642 del 2000, 1849 del 1999, 1398 del 1999, 951 del 1998, 495 del 1998, 741 del 1997).

La mera circostanza che un ufficiale, meritevole non più di altri colleghi non promossi di conseguire il grado superiore, sia stato ugualmente iscritto nel quadro di avanzamento, non può, quindi, comportare l’automatica promozione di qualsiasi altro ufficiale giudicato idoneo (ma non iscritto in quadro), il quale assuma di essere professionalmente eguale o migliore del collega promosso, tranne che non si tratti del primo o di uno fra i primi degli ufficiali collocati in graduatoria e, tuttavia, non iscritti nel quadro di avanzamento.

Diversamente opinando, si darebbe luogo ad una distorta applicazione della citata normativa, per effetto della quale il vizio di una promozione darebbe luogo, anziché al suo annullamento, ad una serie di promozioni, parimenti o anche vieppiù illegittime; con l’assurdo risultato della promozione soprannumeraria di tutti o di parte degli idonei, in insanabile contrasto con la strutturazione necessariamente piramidale della carriera militare.

Orbene, sulla base della documentazione caratteristica del ricorrente non emerge, invero, un complessivo profilo del ricorrente tale da indurre il convincimento di una così spiccata ed incontroversa preminenza (personale, culturale, professionale) tale da consentire l’ingresso a tale tipologia di censura.

Il percorso di carriera del ricorrente non è stato, infatti, costantemente caratterizzato da schede valutative di spiccato valore in quanto:

non è stato giudicato costantemente, nel grado ricoperto al momento della valutazione, con le più elevate aggettivazioni (pur riportando citazioni di compiacimento e/o apprezzamento"), né è stato costantemente gratificato, nel corso della carriera (segnatamente, nel grado di tenente colonnello) da citazioni aggiuntive alla qualifica di "eccellente" (cfr. schede valutative: 37, 42, 48, 52,

al corso applicativo per tenenti medici e chimicifarmacisti in s.p.e. si è classificato 29° su 61 frequentatori con punti 24,960/30 (circostanza evidenziata dall’avvocatura di Stato e non confutata);

al corso di aggiornamento tecnicoprofessionale per ufficiali di corpi logistici e tecnico è stato giudicato "molto buono" con punti 24,060/30mi, risultato non certo brillante (circostanza anche questa messa in luce dall’avvocatura di Stato e rimasta inconfutata).

Non emergo, dunque, dalla documentazione caratteristica e matricolare – macroscopici elementi di contraddittorietà ed irragionevolezza nel giudizio impugnato ove tenuto conto, per l’appunto, della assenza di incoerenza ed illogicità intrinseca tra presupposti di fatto e valutazione finale.

Passando alle restanti censure, il Collegio, anche in questo caso, ritiene utile premettere lo stato dell’arte della giurisprudenza amministrativa in subiecta materia.

Come ribadito, oltre che dalla stessa giurisprudenza amministrativa, anche dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, non compete al giudice amministrativo il potere di entrare nel merito delle valutazioni espresse dalla Commissione di avanzamento per gli ufficiali delle Forze Armate, dovendo il giudizio rimanere limitato ad una generale verifica della logicità e razionalità dei criteri seguiti in sede di scrutinio.

A tanto consegue l’esclusione di ogni sindacato di merito sui giudizi di avanzamento degli ufficiali, che sono soggetti al sindacato di legittimità entro limiti assai ristretti segnati dall’esigenza di rispettare la sottile, ma pur sempre precisa, linea che divide il giudizio di legittimità dalla valutazione squisitamente discrezionale demandata istituzionalmente alla Commissione superiore di avanzamento (cfr. Corte Cass. SS.UU., 8 gennaio 1997 n. 91; nonché Cons. Stato, sez. IV, 6 giugno 1997 n. 623).

Con specifico riferimento ai giudizi espressi dalle Commissioni Superiori di Avanzamento, la giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 novembre 1997 n. 1328, 18 marzo 1997 n. 256, 11 marzo 1997 n. 239), ha poi avuto modo di confermare l’ampiezza della discrezionalità attribuita al predetto organo, il quale è chiamato ad esprimersi su candidati che di solito sono ufficiali dotati di ottimi profili di carriera, e le cui qualità sono definibili solo attraverso sfumate analisi di merito implicanti la ponderazione non aritmetica delle complessive qualità degli scrutinandi, da effettuarsi attraverso un apprezzamento dei titoli e dei requisiti in via di astrazione e di sintesi, non condizionato dalla meccanica valutazione delle singole risultanze documentali. (c.fr. pure Cons. di Stato, IV Sez., 12 gennaio 1999, n. 5 e 10 dicembre 2002, n. 6777)

Rimane escluso, quindi, che il giudice possa procedere all’esame comparativo degli ufficiali valutati in sede di redazione degli scrutini di avanzamento, ovvero verificare la congruità del punteggio attribuito, in quanto la discrezionalità tecnica attribuita alla Commissione è sindacabile solo in presenza di valutazioni macroscopicamente incoerenti o irragionevoli, così da comportare un vizio della funzione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 6668 del 9 dicembre 2002, n. 495 del 1998 cit.; id., 3 giugno 1997 n. 592).

Sono, pertanto, apprezzabili solo quelle palesi aberrazioni in presenza delle quali il vizio della valutazione di merito trasmoda in eccesso di potere per la manifesta irrazionalità in cui si manifesti il cattivo esercizio del potere amministrativo, "… sì da far ritenere che i punteggi siano frutto di elementari errori ovvero il risultato di criteri impropri, volti al raggiungimento di finalità estranee a quella della scelta dei soggetti più idonei alle funzioni del grado superiore da conferire" (in termini, Cons. Stato, IV Sez., 18 marzo 1999 n. 256).

L’incoerenza della valutazione, la sua abnormità, in contrasto con i precedenti di carriera, nonché la violazione delle regole di tendenziale uniformità del criterio di giudizio, debbono pertanto emergere dall’esame della documentazione con assoluta immediatezza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 495 del 1998 cit., n. 397 del 1998 cit.; 6 giugno 1997 n. 623).

Il Collegio condivide pienamente l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale il sindacato giurisdizionale di legittimità sulle valutazioni della Commissione superiore di avanzamento non può infrangere il carattere tipico della promozione a scelta, introducendovi connotazioni di merito, tanto più quando, trattandosi dell’avanzamento ai più elevati gradi delle forze armate, la valutazione deve essere complessiva per tutte le categorie dei titoli.

Il sindacato del giudice amministrativo deve allora indirizzarsi nella verifica del corretto esercizio del potere valutativo, proprio della Commissione, nell’attribuzione del punteggio al singolo ufficiale, e, per non sconfinare nel merito dell’azione amministrativa, deve limitarsi al riscontro di palesi irrazionalità nell’assegnazione del punteggio, tali da non richiedere sfumate analisi dell’iscritto in quadro, ma emergenti ictu oculi per la loro macroscopica evidenza (cfr., tra le pronunzie in tal senso, Cons. Stato, sez. IV, 9 gennaio 2001 n. 40 e 26 marzo 1992 n. 334).

Come sopra delimitato l’ambito del sindacato giurisdizionale in soggetta materia, e passando all’esame delle dedotte censure, non condivide il Collegio l’assunto attoreo secondo cui la commissione sarebbe incorsa in un difetto di istruttoria e di motivazione (supra, censure sub 2 e 3).

La questione – che muove dalla asserita violazione dei criteri applicativi dettati dal D.M. n. 571/1993 – va affrontata in senso più ampio e generale, dandosi conto della giurisprudenza amministrativa che si è formata sul punto.

La consolidata giurisprudenza ritiene, innanzitutto, che l’attribuzione, in sede di giudizio di avanzamento degli ufficiali, di punteggi uguali o poco differenziati per ogni categoria di titoli (come avvenuto nella fattispecie) non costituisce, di per sé, sintomo di eccesso di potere, tranne il caso in cui emergano evidenti vizi di illogicità ed irrazionalità del giudizio espresso dalla Commissione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 31 marzo 1990 n. 229).

Deve, peraltro, essere pure dato atto di un orientamento giurisprudenziale che ha ritenuto, sulla base di quanto previsto dagli artt. 25 della l. 12 novembre 1955 n. 1137 e 13 del D.M. 2 novembre 1993 n. 571 – che, ai fini dell’assegnazione del punto di merito necessario alla formazione della graduatoria, richiedono che ciascun membro della Commissione esprima le ragioni poste a base delle proprie valutazioni – come possa rivelarsi, conseguentemente, illegittimo l’operato della Commissione qualora, per motivare i punteggi assegnati a ciascuno degli ufficiali scrutinati, le espressioni dei componenti si differenzino di poco tra di loro, sì da far ritenere che le singole motivazioni siano del tutto apodittiche e, come tali, insufficienti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 31 marzo 1998 n. 529, nonché T.A.R. Campania, Napoli, 20 gennaio 2000 n. 134).

Sotto questo profilo, deve essere però osservato che la presenza di sottili sfumature terminologiche, o, addirittura, l’identità delle espressioni utilizzate in concreto – indicative di giudizi sostanzialmente omogenei – non disvelano, senz’altro, la presenza di un vizio motivazionale tale da inficiare automaticamente i giudizi espressi dai componenti della Commissione di Avanzamento, ma costituisce un mero "indizio" della stessa illegittimità, che deve essere corredato, per sostanziare tale tipologia invalidante, da elementi di concreto riscontro probatorio del vizio del giudizio.

Deve pure essere soggiunto che, ove venga in considerazione l’avanzamento di militari aspiranti a ricoprire alti gradi delle Forze Armate può rivelarsi concretamente impraticabile una marcata differenziazione, anche sotto il profilo delle espressioni letterali, a conforto di un giudizio avente ad oggetto ufficiali tutti in possesso di un prestigioso sviluppo di carriera e di elevate connotazioni personali e qualificazioni professionali, dovendo osservarsi che l’assimilabilità delle posizioni degli scrutinati, in relazione a profili che si rivelino sostanzialmente omogeneizzabili, ben può tradursi nell’impiego di sfumature terminologiche, ovvero di attenuate distinzioni letterali, laddove per gli aspetti più marcatamente differenzianti trovato invece espressione valutazioni ben più nettamente diversificate.

Non convince, pertanto, il Collegio la denuncia di parte ricorrente in ordine alla scorretta utilizzazione, da parte della CSA, dei criteri di valutazione dettati dal citato D.M. n. 571/1993, non potendo ritenersi illogico che a detti punteggi (articolati su decimi di unità) corrispondano proposizioni valutative di contenuto identico per l’impossibilità di seguire con variazioni terminologiche le sottili differenze numeriche senza incorrere in vizi di altra natura.

Va soggiunto, che il giudizio di avanzamento in esame ha riguardato la valutazione a scelta di 32 ufficiali inseriti in aliquota al fine dell’iscrizione in quadro di solo 1 colonnelli.

In particolare, quanto alla posizione del ricorrente il medesimo, pure considerato idoneo, si è collocato in posizione non utile, raggiungendo l’ 8° posto.

La C.S.A. ha dunque dovuto, attraverso l’esame del profilo professionale dell’ufficiale in aliquota, dotato sicuramente di ottimi precedenti di carriera, appurare la possidenza delle qualità maggiormente idonee allo svolgimento del grado superiore. Un giudizio connotato da ampio margine di discrezionalità tecnica di cui la commissione ha fatto buon governo nella specifica circostanza.

Peraltro, la collocazione del ricorrente nella finale graduatoria in posizione non utile ai fini dell’avanzamento, ma comunque a ridosso dei primi, evidenzia come siano stati tenuti in debito conto gli evidenziati precedenti di carriera, senza, peraltro, che sia rilevabile la lamentata irrazionalità del giudizio formulato al riguardo, non rinvenendosi ictu oculi palesi contrasti tra gli elementi che hanno formato la base dello stesso giudizio – come rilevabili dalla documentazione versata in atti in ottemperanza alla richiamata ordinanza – e la valutazione in concreto attribuita, non apparendo incoerente in relazione ai precedenti di carriera.

Più in particolare, e segnatamente con riguardo al dedotto vizi di motivazione, le rassegnate argomentazioni fanno ragione sulla infondatezza dei rilievi censori in esame.

E’ stato, infatti, chiarito in giurisprudenza (cfr C.d.S. sez. IV, 28 febbraio 2005, n. 725) che l’entrata in vigore della legge 7 agosto 1990 n. 241 non ha fatto venire meno la disposizione contenuta nell’art. 26 L. n. 1137 del 1955, che affida alla commissione di avanzamento la valutazione complessiva degli scrutinandi sulla base degli elementi presi in considerazione dalla stessa norma, espressi legittimamente mediante punteggio numerico. Ebbene, nella fattispecie la versata documentazione fa ragione di come la commissione abbia valutato il candidato alla stregua dei requisiti di legge (artt. 1 e 26 della legge n. 1137/1955) e delle informative (art. 23, c. II, legge n. 1137/1955) – cfr. schede di valutazione – onerandosi, sul punto, di ampia, diffusa ed articolata motivazione descrittiva, infine sintentizzando il giudizio finale in un punteggio numerico obiettivamente indicativo, in riferimento al relativo profilo attitudinale e di servizio, dell’iter logico seguito dalla C.S.A. nell’apprezzare le risultanze caratteristiche del ricorrente.

Resta da scrutinare l’ultima censura. La sua infondatezza è consequenziale al rigetto delle censure già trattate. Ed invero, appurata la giustezza dell’iter valutativo e la non implausibilità del giudizio finale espresso nei confronti del ricorrente, la doglianza in esame (ingiusta penalizzazione dovuta al collocamento in aspettativa per riduzione quadri sin dal 2010, con definitivo abbandono di ogni aspettativa di progressione in carriera, oltre agli aspetti strettamente previdenziali) perde di pregio e di consistenza operando, il collocamento in aspettativa, come mero effetto, fattuale e giuridico, della riduzione di quadri.

In conclusione, il ricorso in esame, deve dichiararsi inammissibile avuto riguardo al vizio di eccesso di potere in senso relativo ed infondato con riguardo al vizio di eccesso di potere in senso assoluto.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e sono poste a favore del Ministero della Difesa. Nulla spese nei confronti dei controinteressati siccome non costuitisi in giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara parte inammissibile e parte infondato, nei sensi di cui in motivazione.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 3.000,00 a favore del Ministero della Difesa.

Nulla spese nei confronti dei controinteressati.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
n. 59/187
Risultato precedente – Risultato successivo
C

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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