Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 01-03-2011) 11-03-2011, n. 9902 Attenuanti comuni generiche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 13.5.2005, il Tribunale di Camerino, fra l’altro, dichiarò B.A. responsabile del reato di ricettazione di un modulo per assegno bancario e lo condannò alla pena di anni 2 di reclusione ed Euro 600,00 di multa.

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte d’appello di Ancona, con sentenza in data 13.5.2010, confermò la decisione di primo grado.

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo:

1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 648 c.p., comma 2 sull’assunto dell’elevato importo dell’assegno, trascurando che l’importo non fu indicato da B. e che costui ebbe un ruolo marginale;

2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato esame della doglianza svolta con i motivi nuovi circa la mancata concessione delle attenuanti generiche.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’ipotesi della particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 648 c.p., comma 2, deve essere esclusa nel caso di ricettazione di moduli di assegni, essendo questa strumentale al conseguimento di più consistenti profitti da ottenere tramite la consumazione di altri reati. (Cass. Sez. 2 sent. n. 10139 del 27.2.1987 dep. 28.9.1987 rv 176735; conf. rv 158795, 155878).

E’ irrilevante il fatto che sul punto la sentenza di appello sia solo implicitamente motivata con il richiamo al valore dell’assegno successivamente compilato su tale modulo, giacchè ciò che integra il vizio è l’omessa motivazione in fatto e non quella in diritto (v.

Cass. Sez. 4A sent. 6243 del 7.3.1988 dep. 24.5.1988 rv 178442: "Il vizio di motivazione rilevante ai fini della nullità della sentenza ex art. 475 c.p.p., n. 3 è quello in fatto e non già quello in diritto, nel senso che non può esservi ragione di doglianza allorquando la soluzione di una questione di diritto, anche se immotivata o contraddittoriamente ed illogicamente motivata, sia comunque esatta, mentre, viceversa, ove tale soluzione non sia giuridicamente corretta, poco importa se e quali argomenti la sorreggano", resa sotto la vigenza del codice di procedura penale del 1930. Cass. Sez. 2, sent. n. 3706 del 21.1.2009 dep. 27.1.2009 rv 242634).

Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

In tema di determinazione della pena, la concessione, o meno, delle attenuanti generiche costituisce un giudizio di fatto sottratto al controllo di legittimità: essa è demandata dalla legge al criterio discrezionale del giudice del merito che ha la funzione di adeguare la determinazione della pena all’entità dello episodio criminoso;

sicchè, quando detto giudice ha motivato in ordine alla concreta irrogazione della pena, con riferimento esplicito ai criteri di valutazione di cui all’art. 133 c.p., il relativo giudizio (anche di implicito rigetto della richiesta di concessione delle attenuanti in parola) non è censurabile in sede di legittimità. (Cass Sez. 4, sent. n. 21 del 30.11.1988 dep. 3.1.1989 rv 180073. Conf. mass. n. 175054; n. 155899; n. 139345).

La Corte territoriale ha implicitamente disatteso la richiesta di concessione delle attenuanti generiche alla luce del richiamo ai precedenti penali di cui alle condanne in relazione alle quali è stata disposta la revoca della sospensione condizionale della pena.

Peraltro, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, "in tema di sentenza penale di appello, non sussiste mancanza o vizio della motivazione allorquando i giudici di secondo grado, in conseguenza della completezza e della correttezza dell’indagine svolta in primo grado, nonchè della corrispondente motivazione, seguano le grandi linee del discorso del primo giudice. Ed invero, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione" (Cass. pen., Sez. 3A, sent. 4700 14.2.1994 dep. 23.4.1994 rv 197497).

La sentenza di primo grado aveva escluso la concedibilità delle attenuanti generiche in ragione dei precedenti penali dell’imputato.

Tale motivazione no presenta alcun vizio.

Infatti va ricordato che "ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame quello, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno la concessione del beneficio; ed anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per negare o concedere le attenuanti medesime". (Cass. Sez. 2A sent. n. 4790 del 16.1.1996 dep. 10.5.1996 rv 204768).

Nel caso di specie tale elemento è stato comunque indicato nei precedenti penali e, secondo l’orientamento di questa Corte condiviso dal Collegio, "in tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la "ratio" della disposizione di cui all’art. 62 bis c.p. non impone al giudice di merito di scendere alla valutazione di ogni singola deduzione difensiva, dovendosi, invece, ritenere sufficiente che questi indichi, nell’ambito del potere discrezionale riconosciutogli dalla legge, gli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti. Ne consegue che le attenuanti generiche possono essere negate anche soltanto in base ai precedenti penali dell’imputato, perchè in tal modo viene formulato comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di disvalore sulla sua personalità". (Cass. Sez. 4A sent. n. 08052 del 6.4.1990 dep. 1.6.1990 rv 184544).

Del resto questa Corte ha chiarito che "In sede di legittimità non è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame quando la stessa è disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata. Pertanto, per la validità della decisione non è necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente per escludere la ricorrenza del vizio che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della deduzione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa. Sicchè, ove il provvedimento indichi con adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si sono rese determinanti per la formazione del convincimento del giudice, sì da consentire l’individuazione dell’iter logico-giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata, non vi è luogo per la prospettavate del denunciato vizio di preterizione". (Cass. Sez. 2 sent. n. 29434 del 19.5.2004 dep. 6.7.2004 rv 229220).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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