Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 01-03-2011) 11-03-2011, n. 9901

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 29.1.2008, il Tribunale di Perugia dichiarò L.F. responsabile di ricettazione e lo condannò alla pena di anni 2 di reclusione ed Euro 600,00 di multa.

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte d’appello di Perugia, con sentenza in data 12.1.2010, confermò la decisione di primo grado.

Ricorre per Cassazione il difensore dell’imputato deducendo:

1. mancata assunzione di una prova decisiva e vizio di motivazione in relazione al mancato espletamento dell’esame dell’imputato, pur ammesso in primo grado, ma non espletato perchè il primo giudice stante l’assenza dell’imputato dichiarò chiusa l’istruzione dibattimentale; peraltro l’esame avrebbe dovuto essere disposto ai sensi dell’art. 603 c.p.p.;

2. vizio di motivazione in ordine al delitto di ricettazione in quanto l’imputato sarebbe stato l’autore dei furti;

3. vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 648 c.p., comma 2 in quanto il valore dei beni avrebbe dovuto essere il prezzo di realizzo.

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

Anzitutto l’esame era stato richiesto dal P.M. e non dall’imputato.

In secondo luogo l’imputato non era presente all’udienza in cui l’esame avrebbe dovuto essere effettuato, senza addurre legittimo impedimento, sicchè non può dolersi della dichiarazione di chiusura dell’istruzione dibattimentale.

Questa Corte ha chiarito che, qualora l’imputato, già presente, rimanga volontariamente assente nell’udienza dibattimentale fissata per il suo esame, legittimamente il giudice da lettura delle sue dichiarazioni rese nelle indagini preliminari, come previsto dall’art. 513 c.p.p., comma 1, senza procedere ulteriormente al detto esame nel corso della successiva prosecuzione del dibattimento; non può essere invocata in proposito, infatti, la nullità di cui all’art. 178 c.p.p., lett. c), che concerne propriamente l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato, nè sussiste alcuna concreta menomazione del diritto di difesa potendo l’interessato avvalersi della facoltà di rendere le dichiarazioni più opportune e di domandare per ultimo la parola ai sensi dell’art. 494 c.p.p., comma 1, e art. 523 c.p.p., comma 5 (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 9712 del 6.4.1995 dep. 19.9.1995 rv 202348).

In appello, anche a prescindere dalla contumacia dell’imputato, la rinnovazione del dibattimento avrebbe dovuto essere disposta, ai sensi dell’art. 603 c.p.p., non trattandosi di prove nuove, solo se il giudice di appello avesse ritenuto di non poter decidere allo stato degli atti ed anche tale valutazione è di merito e la motivazione può essere implicita (v. Cass. Sez. 5 sent. n. 6379 del 17.3.1999 dep. 21.5.1999 rv 213403: "In tema di giudizio di appello, poichè il vigente c.p.p. pone una presunzione di completezza della istruttoria dibattimentale svolta in primo grado, la rinnovazione, anche parziale, del dibattimento ha carattere eccezionale e può essere disposta solo qualora il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti. Pertanto, mentre la decisione di procedere a rinnovazione deve essere specificamente motivata, occorrendo dar conto dell’uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti, nel caso, viceversa, di rigetto, la decisione può essere sorretta anche da motivazione implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione – in senso positivo o negativo – sulla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento".

Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge censure di merito.

Mai l’imputato ha dichiarato di essere l’autore dei furti, sicchè si tratta di mera ipotesi alternativa a quella ritenuta dai giudici di merito svolta dal difensore.

Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

La Corte territoriale ha escluso il valore particolarmente tenue dei beni ricettati e secondo l’orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, "in tema di ricettazione, perchè possa trovare applicazione l’ipotesi prevista dal capoverso dell’art. 648 c.p., è necessario che la cosa ricettata sia di valore economico particolarmente tenue, restando comunque impregiudicata la facoltà del giudice, pur in presenza di un valore modesto, di escludere il "fatto di particolare tenuità" prendendo in esame gli ulteriori elementi di valutazione della vicenda, ed in particolare ogni altra circostanza idonea a delineare la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole; tale ulteriore operazione, tuttavia, deve essere compiuta secondo i criteri di cui all’art. 133 c.p.p. e con riferimento al comportamento concreto dell’agente". (Cass. Sez. 2A sent. n. 11113 del 6.11.1996 dep. 21.12.1996 rv 206502).

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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