Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-05-2011, n. 10739 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- La sentenza attualmente impugnata – in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano n. 1491 del 21 aprile 2005 – dichiara che tra Autostrade per l’Italia s.p.a. e V.F. e intercorso un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e pari lime dal 1 aprile 1988 e a tempo pieno dal 1 novembre 1988, confermando per il resto la sentenza di primo grado.

Secondo la Corte d’appello deve condividersi l’assunto del primo giudice secondo cui il rapporto si è nei fatti svolto con le modalità del tempo pieno in relazione alle esigenze lavorative del datore di lavoro dal novembre 1988 in poi, quindi anticipatamente rispetto alla nuova formale trasformazione a tempo pieno del rapporto avvenuta con l’accordo del 31 ottobre 2000, con effetto dal novembre 2000. Nè vi era stata una ulteriore modifica successiva, come risulta dalle buste-paga prodotte ove è indicato un orario di lavoro a tempo pieno per una media di 22 turni mensili di 8 ore ciascuno a decorrere dal novembre 1995. 2.- Il ricorso di Autostrade per l’Italia s.p.a. domanda la cassazione della sentenza per un unico, articolato motivo, illustrato da memoria; resiste, con controricorso V.F..
Motivi della decisione

1. Il Collegio ha raccomandato una motivazione semplificata.

2.- Con l’unico, articolato motivo di ricorso, illustrato da quesito di diritto e da memoria, si denuncia – in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 – omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Si assume, in primo luogo, che la Corte d’appello ha completamente trascurato il fatto che solo per il periodo successivo al 1 novembre 1995 (e non dal 1 novembre 1988) il lavoratore ha dedotto e dimostrato, con la produzione delle buste-paga, di avere osservato di fatto un orario corrispondente a 22 turni mensili di 8 ore.

D’altra parte, la motivazione sarebbe insufficiente ove afferma che l’allungamento dell’orario di lavoro sarebbe dipeso da esigenze organizzative del datore di lavoro, che non troverebbero però alcun riscontro.

IL controricorrente fa rilevare che sia il Tribunale sia la Corte d’appello, pur avendo precisato che dalle buste-paga prodotte emergeva che il rapporto di lavoro si era svolto a tempo pieno a decorrere dal 1 novembre 1995, hanno tuttavia, entrambi, nella parte finale della motivazione delle rispettive sentenze e nel dispositivo, indicato come decorrenza la data del 1 novembre 1988.

Peraltro, è evidente che si tratta di un mero errore materiale come è facile desumere, per quel che riguarda la sentenza attualmente impugnata, dalla complessiva lettura del periodo ove è indicata la decorrenza del 1 novembre 1988, nella cui parte finale si precisa che dalle buste-paga prodotte risulta che il rapporto si sia svolto a tempo pieno dal 1 novembre 1995.

Conseguentemente, l’attuale ricorso sarebbe inammissibile in quanto quello che viene prospettato come vizio di motivazione è semplicemente un errore materiale – già presente nella sentenza di primo grado – per la cui emenda la società Autostrade avrebbe potuto chiederne la correzione al primo Giudice con il particolare procedimento ad hoc oppure alla Corte d’appello sia con uno specifico motivo di impugnazione sia con il particolare procedimento di cui all’art. 287 cod. proc. civ., e segg..

D’altra parte, è pacifico che l’istanza di correzione, in base all’art. 287 cod. proc. civ., non può essere proposta in sede di legittimità, ma unicamente al giudice de merito, come risulta confermato anche dalla sentenza della Corte costituzionale, n. 335 del 2004, la quale nel dichiarare la parziale illegittimità dell’art. 287 cod. proc. civ., limitatamente alla parole "contro le quali sia proposto appello", ha rafforzato il principio secondo cui il giudice competente per la correzione è quello che ha emesso la sentenza affetta da errore (Cass. 12 maggio 2005, n. 9968; Cass. 7 novembre 2005, n. 21492).

3.- Il ricorso è inammissibile.

Diversamente da quanto indicato sul frontespizio del ricorso medesimo, la sentenza attualmente impugnata è stata ritualmente notificata alla società ricorrente in data 4 febbraio 2008, come risulta dagli atti del processo e dalla scheda del ricorso inserita nell’archivio informatico dei ricorsi civili di questa Corte, riportata sulla copertina del fascicolo del ricorso stesso.

Conseguentemente, poichè il ricorso risulta essere stato presentato per la notifica in data 17 gennaio 2009, è di tutta evidenza che esso risulta notificato oltre il termine di sessanta giorni prescritto dall’art. 325 cod. proc. civ., senza che assuma alcun rilievo la circostanza che risulti essere stato rispettato il termine di un anno dal deposito della sentenza (18 gennaio 2008), previsto dall’art. 327 cod. proc. civ..

E’ noto, infatti, che ove la sentenza risulti ritualmente notificata prima della scadenza del suddetto termine annuale, l’indicato termine di sessanta giorni si applica al posto di quello annuale e che, ai fini della tempestiva proposizione del ricorso per cassazione, il fatto che la notifica sia mancata per circostanza non imputabile all’impugnante non impedisce la decadenza dall’impugnazione, che opera indipendentemente dalla condizione oggettiva o soggettiva da cui sia dipeso l’inutile decorso del tempo; sicchè, ove il ricorso per cassazione risulti notificato oltre il termine di sessanta giorni di cui all’art. 325 cod. proc. civ., si verifica la decadenza dall’impugnazione, che può essere rilevata anche d’ufficio con conseguente inammissibilità del ricorso stesso per tardività (vedi per tutte: Cass. 7 maggio 1998, n. 4641; Cass. 12 febbraio 2002, n. 1986).

4.- In sintesi, il ricorso va dichiarato inammissibile e la società ricorrente va condannata alle spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la società ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 20,00 per esborsi, Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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