Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 10-02-2011) 11-03-2011, n. 10119 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Gip presso il Tribunale di Monza, con sentenza del 10/3/09, resa a seguito di rito abbreviato, dichiarava D.F. e G. A. colpevoli del reato di cui all’art. 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, e condannava il primo alla pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa, il secondo ad anni 6 di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa.

La Corte di Appello di Milano, chiamata a pronunciarsi sugli appelli avanzati dai difensori dei prevenuti, con sentenza del 25/2/2010, in parziale riforma del decisum di prime cure, ha ritenuto equo ridurre le pene, rideterminandole per il D. in anni 3 di reclusione ed Euro 12.000,00, di multa, e per il G. in anni 4, mesi 4 di reclusione ed Euro 18.000,00 di multa.

Propongono autonomi ricorsi per cassazione le difese dei prevenuti, con i seguenti motivi:

– per D.: vizio di motivazione in relazione alla affermata colpevolezza del prevenuto per concorso nel reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, in difetto di indizi gravi, precisi e concordanti, nonchè di riscontri esterni, comprovanti la condotta illecita ad esso contestata;

– erronea interpretazione della funzione attribuita dal legislatore al beneficio delle attenuanti generiche, ex art. 62 bis c.p., non concesse nella loro massima estensione.

– per G.: la Corte territoriale ha travisato il fatto, interpretando le emergenze istruttorie in maniera inesatta e omettendo, altresì, di considerare correttamente dati probatori essenziali;

– la sentenza impugnata va censurata anche in ordine al diniego di concessione delle attenuanti generiche, diniego fondato esclusivamente sulla esistenza a carico del prevenuto di un precedente specifico.
Motivi della decisione

I ricorsi sono manifestamente infondati e vanno dichiarati inammissibili. La sentenza si palesa sorretta da una argomentazione motivazionale logica, corretta ed esaustiva. La Corte territoriale, infatti, rileva come le articolate indagini effettuate (appostamenti della p.g. e intercettazioni telefoniche) abbiano evidenziato che il D. gestiva e trattava l’illecito traffico di stupefacenti, nonchè la partecipazione diretta del G. e il contributo determinante da costui fornito al perfezionamento della cessione e del successivo trasporto della sostanza stupefacente, ponendo, peraltro, a disposizione l’autovettura in suo possesso ad altro correo, per permettere a quest’ultimo di trasportare la droga acquistata.

Entrambe le censure, di cui ai primi motivi di impugnazione si palesano, con netta evidenza, totalmente in fatto e tendono ad una rilettura della piattaforma probatoria, la cui rianalisi estimativa è preclusa al giudice di legittimità, in specie, allorchè il discorso giustificativo, sviluppato dal decidente, si rivela compiuto in ogni suo passaggio motivazionale, come nella specie.

Osservasi che il controllo della logicità della motivazione va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza la possibilità di verificare se i risultati della interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo; sicchè nella verifica della fondatezza, o non, del motivo di ricorso, basato sul vizio di motivazione, il compito del giudice di legittimità, non consiste nell’accertare la plausibilità e la intrinseca adeguatezza dei risultati della interpretazione delle prove, coessenziale al giudizio di merito, ma quello, ben diverso, di stabilire se i giudici di merito abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano dato esauriente risposta alle deduzioni delle parti e senna interpretazione delle prove abbiano esattamente applicato le regole della logica, le massime di comune esperienza e i criteri legali dettati in tema di valutazione delle prove, in modo da tornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.

Ne consegue che ai fini della denuncia del vizio ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) è indispensabile dimostrare che il testo del provvedimento è manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e che non è, invece, producente opporre alla valutazione dei fatti, contenuta nel provvedimento impugnato una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica, dato che in quest’ultima ipotesi verrebbe inevitabilmente invasa l’area degli apprezzamenti riservati al giudice di merito (Cass. 4/11/99, n. 12496).

Dal vaglio di legittimità a cui è stata sottoposta la sentenza in esame sorge evidente considerare la correttezza del metodo applicato da parte del giudice di merito nella valutazione delle emergenze istruttorie visto che per entrambi i prevenuti il decidente ha preso in considerazione ogni singolo fatto ed il loro insieme, non in modo parcellizzato ed avulso dal contesto probatorio, bensì verificando che essi, ricostruiti in sè e posti vicendevolmente in rapporto, ben potevano essere ordinati in una costruzione logica, armonica e consonante, tale da permettere allo stesso giudice, attraverso la valutazione unitaria del contesto di attingere la verità processuale ed addivenire nella convinzione della colpevolezza degli imputati in ordine ai reati ad essi ascritti.

Quanto alle doglianze, avanzate in entrambi i ricorsi, in relazione alla violazione e errata applicazione del disposto di cui all’art. 62 bis c.p. non può non rilevarsi la ragionevolezza di quanto osservato dal decidente nel sottolineare gli elementi ritenuti inibenti ad applicare il beneficio invocato nella massima estensione al D., alla luce della personalità dello stesso, che, pur formalmente incensurato, è, comunque, risultato soggetto in contatto con organizzazioni criminali di un certo spessore ed assolutamente motivato a proseguire nella illecita attività, vantando di avere acquisito una certa affidabilità nel settore, di lui fidandosi i diversi fornitori; e a denegare la concessione delle attenuanti de quibus al G. a causa del precedente specifico, per il quale aveva riportato condanna ad anni 5 di reclusione, scontata sino al 13/3/07. pochi mesi prima di essere arrestato per i fatti per cui è processo, dimostrando, così, un reale e radicato inserimento nel mondo del narcotraffico.

In merito si richiama quanto già affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la concessione o il diniego di circostanze attenuanti generiche rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale è tenuto a giustificare il corretto uso di tale potere, al fine di dimostrare che non sia trasmodato in arbitrio.

Quindi non è necessaria una analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficienti la indicazione degli elementi ritenuti decisivi e rilevanti, rimanendo disattesi e superati tutti gli altri (ex plurimis Cass. 28/5/99, Milenkovic).

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il D. e il G. abbiano proposto i ricorsi senza versare in colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità, gli stessi, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. devono essere, altresì, condannati al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascuno dei prevenuti al pagamento delle spese processuali e al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1.000,00.

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