Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 03-02-2011) 11-03-2011, n. 9938 Misure cautelari

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Svolgimento del processo

Il Tribunale di Napoli, in sede di riesame, il 6.10.2010 pronunziava ordinanza con la quale accoglieva l’appello proposto dal procuratore Generale presso la Corte di appello di Napoli avverso l’ordinanza con cui la Corte di appello della stessa città aveva rigettato la richiesta di applicazione nei confronti di A.M. della misura cautelare della custodia in carcere e, per l’effetto, revocava l’impugnata ordinanza e disponeva l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dello stesso.

Disponeva altresì che l’esecutività dell’ordinanza emessa restasse sospesa sino a quando non fosse divenuta definitiva. Rilevava il Tribunale del riesame di Napoli che il Procuratore Generale aveva esercitato l’azione cautelare chiedendo l’applicazione della misura custodiale intramuraria con riferimento al delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 con l’aggravante L. n. 203 del 1991, ex art. 7 per il quale era intervenuta condanna confermata in appello e aveva altresì precisato che la richiesta di misura cautelare non era stata formulata ex art. 275 c.p.p., comma 2 ter, bensì a norma dell’art. 291 c.p.p.. Trovava quindi applicazione l’art. 275 c.p.p., comma 3 che prevede un meccanismo di automaticità in virtù del quale in presenza di gravi indizi di colpevolezza di uno dei reati indicati nella stessa disposizione, deve essere senz’altro applicata la misura della custodia giudiziale in carcere, ritenuta dal legislatore l’unica idonea a salvaguardare le esigenze cautelari presunte. Tale presunzione potrebbe essere superata soltanto in forza di elementi concreti e specifici dai quali emerga l’insussistenza delle esigenze cautelari, ma, nella fattispecie di cui è processo, la difesa dell’ A. aveva dedotto solo elementi generici (quali il periodo di carcerazione già sofferto, l’incensuratezza, l’assenza di carichi pendenti, il non essersi dato alla latitanza) che non inducevano a ritenere superata la presunzione di cui sopra.

Avverso il provvedimento del Tribunale del riesame di cui sopra proponeva ricorso per cassazione A.M. a mezzo del suo difensore e concludeva chiedendone l’annullamento.
Motivi della decisione

Il ricorrente censura il provvedimento impugnato per il seguente motivo:

violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), per mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.

Secondo il ricorrente il Tribunale del riesame erroneamente aveva ritenuto applicabile l’art. 275 c.p.p., comma 3, e cioè aveva ritenuto operante la presunzione normativa di adeguatezza della sola misura della custodia in carcere nella fattispecie di cui è processo, sebbene avesse ricordato che la misura a carico dell’ A. per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 aggravato dall’art. 7, era già stata emessa nel corso delle indagini e successivamente revocata a seguito della decisione intervenuta a conclusione della procedura ex art. 309 c.p.p.. Secondo la difesa del ricorrente l’obbligatorietà della custodia in carcere ex art. 275 c.p.p., comma 3 concerne la sola fase genetica della misura e non già la verificabilità in concreto richiesta in epoca successiva al fine di accertare la sopravvenuta adeguatezza di altra misura meno afflittiva. Nel caso di specie troverebbe applicazione la disciplina generale prevista dagli artt. 274 e 275 c.p.p. e il giudice, quindi, avrebbe dovuto valutare gli elementi prospettati dalla difesa che avrebbero dovuto indurlo a ritenere la insussistenza delle esigenze cautelari o, quanto meno, ad applicare una misura diversa e meno gravosa rispetto a quella richiesta dal Procuratore Generale.

Tanto premesso, osserva la Corte che l’ A., facendo riferimento ad una isolata sentenza che avrebbe ritenuto che la presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3 farebbe riferimento alla sola fase genetica della misura e non già alla verificabilità in concreto richiesta in epoca successiva al fine di accertare la sopravvenuta adeguatezza di altra misura meno afflittiva, si duole del fatto che, a suo avviso, l’ordinanza impugnata non avrebbe fatto riferimento alla disciplina generale di cui agli artt. 274 e 275 c.p.p.. Tale assunto non è condivisibile in quanto il Tribunale del riesame ha motivato sulle esigenze cautelari a prescindere dalla presunzione di pericolosità sociale di cui all’art. 275 c.p.p., n. 3.

Confutando le argomentazioni del difensore dell’ A. secondo cui esistevano elementi che inducevano a ritenere cessata tale presunzione, quali la data dei fatti, la custodia cautelare sofferta, l’incensuratezza dell’imputato, la mancanza di carichi pendenti, la concessione delle attenuanti generiche, che era sintomo di una valutazione positiva ad opera del giudice di merito della personalità dell’imputato, il Tribunale del riesame ha rilevato che tali elementi erano generici e che le esigenze cautelari, che rendevano assolutamente necessaria la misura della custodia in carcere, sussistevano in considerazione della gravità dei fatti, della personalità dell’odierno ricorrente, quale emergeva dalle modalità dei reati addebitatigli e dal contesto sociale in cui erano stati commessi, dalla spregiudicatezza da lui dimostrata con la partecipazione ad una pericolosa associazione organizzata per il traffico degli stupefacenti.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al competente Tribunale Distrettuale del riesame perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 92 disp. att. c.p.p..

Manda la Cancelleria per gli immediati adempimenti a mezzo fax.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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