Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 03-02-2011) 11-03-2011, n. 9937 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Milano, con ordinanza resa all’udienza camerale del giorno 30.06.2010 liquidava a C.E. la somma di Euro 158.000,00 a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione dapprima sofferta in regime di custodia in carcere, giusta ordinanza del GIP del Tribunale di Milano del 24.06.2002, dal 25.06.2002 al 12.08.2002 e poi in regime di arresti domiciliari, a seguito di ordinanza del GIP,di modifica della precedente misura, in data 12.08.2002, dal 12.08.2002 al 26.02.2003. La detenzione era stata disposta per i delitti di cui all’art. 81 c.p., commi 1 e 2, art. 609 bis c.p., commi 1 e 2, n. 1 bis, art. 609 ter c.p., comma 1, n. 4 e u.c., art. 609 quinquies c.p., art. 609 septies c.p., comma 4, nn. 2 e 3, art. 61 c.p., nn. 5 e 11 da cui è stato assolto dal Tribunale di appello di Milano con sentenza del 9.11.2005, confermata dalla Corte di appello di Milano con sentenza del 14.01.2009.

Avverso la sopra indicata ordinanza proponeva ricorso per Cassazione l’Avvocatura dello Stato di Milano in rappresentanza del Ministero dell’Economia e delle Finanze e concludeva chiedendone l’annullamento, con ogni conseguente pronuncia.
Motivi della decisione

l’Avvocatura dello Stato ricorrente censura l’ordinanza impugnata per contraddittorietà e insufficienza della motivazione in ordine alla quantificazione dell’indennizzo, perchè la somma indicata pari ad Euro 158.000 a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione subita sarebbe stata fissata senza alcuna motivazione reale, senza indicare alcun parametro per fissare il valore degli elementi ritenuti indennizzabili. Lamenta inoltre che l’ordinanza impugnata aveva quantificato l’indennizzo in primo luogo in un importo correlato alla durata della detenzione senza però distinguere tra il breve periodo di detenzione carceraria (49 giorni) e quello , più lungo, di detenzione agli arresti domiciliari, che avrebbe dovuto comportare una riduzione dell’importo giornaliero da riconoscere al ricorrente.

Secondo l’Amministrazione ricorrente la Corte territoriale avrebbe determinato l’indennizzo computando erroneamente la detenzione domiciliare al pari di quella carceraria, per poi aumentare ulteriormente in modo del tutto immotivato ed eccessivo, l’importo di base che già era immotivatamente elevato e senza tenere conto della circostanza che, essendo il C. un dipendente pubblico, egli aveva diritto, a seguito assoluzione, ad una completa ricostruzione della carriera, con corresponsione degli arretrati, nonchè al rimborso delle spese legali D.L. n. 67 del 1997, ex art. 18.

Il ricorso è fondato nei limiti di cui in motivazione. Tanto premesso si osserva che le Sezioni Unite di questa Corte hanno sancito, con sentenza n. 24257 del 2001 che, in materia di riparazione per ingiusta detenzione, la liquidazione dell’indennizzo va computata con riferimento al parametro aritmetico, che è costituito dal rapporto tra il tetto massimo della riparazione di cui all’art. 315 c.p.p. e il termine massimo della custodia cautelare ex art. 304 c.p.p., espresso in giorni, moltiplicato per il periodo, anch’esso espresso in giorni, di ingiusta detenzione subita.

Tale criterio di determinazione non è vincolante in assoluto, ma è comunque criterio che raccorda a dati certi e paritari il pregiudizio che scaturisce dalla perdita ingiustificata della libertà personale e, come tale, è il criterio base della valutazione del giudice della riparazione che potrà derogarvi, o in senso ampliativo, purchè nei limiti del tetto massimo fissato dall’art. 315 c.p.p., comma 2, o in senso restrittivo, a condizione che, in un caso o nell’altro, dia conto della valutazione dei relativi parametri di riferimento e ciò nel contesto di una delibazione ispirata al metodo equitativo, in coerenza con l’indole indennitaria, e non risarcitoria, della somma liquidata a titolo di riparazione.

Nella fattispecie di cui è processo l’ordinanza impugnata liquida un indennizzo complessivamente pari ad Euro 158.000. In particolare liquida Euro 58.000 tenendo conto della durata della restrizione ed Euro 100.000 per gli ulteriori danni conseguenti alla carcerazione. Alla somma di Euro 100.000 viene aggiunta altresì la reintegrazione economica ai sensi del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 97.

Tanto premesso deve essere in primo luogo rilevato che il C. ha subito 49 giorni di restrizione carceraria e 198 giorni di detenzione domiciliare e,pertanto, il criterio aritmetico utilizzato per la determinazione dell’indennizzo, pari ad Euro 58.000, in considerazione della durata della restrizione non tiene conto, come invece avrebbe dovuto, della minore afflittività della restrizione domiciliare rispetto a quella intramuraria e delle conseguenti implicazioni in ordine al quantum del relativo parametro aritmetico, pari ad Euro 235,82 per ogni giorno di restrizione carceraria e alla metà, pari ad Euro 117,91 per ogni giorno di detenzione domiciliare.

Il quantum dell’indennizzo pari ad Euro 58.000 liquidato a tale titolo risulta peraltro ampiamente superiore a quello dovuto, senza che, peraltro, la Corte territoriale abbia fornito sul punto alcuna motivazione. L’ordinanza impugnata inoltre riconosce al ricorrente la reintegrazione economica ai sensi del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 97 mentre, come correttamente osserva l’Amministrazione ricorrente, tale voce non doveva essergli riconosciuta in quanto, essendo il C. un dipendente pubblico, gli compete, a seguito dell’assoluzione, una completa ricostruzione della carriera, con corresponsione degli arretrati, nonchè rimborso delle spese legali D.L. n. 67 del 1997, ex art. 18. Correttamente invece la Corte territoriale liquida al C. la somma di Euro 100.000 a titolo di riparazione per le ulteriori conseguenze negative connesse all’ingiusta carcerazione sofferta, in considerazione della perdita di lavoro, della compromissione delle condizioni di salute, della perdita di rispettabilità e considerazione sociale" oltre alla "sofferenza morale per l’ingiusta accusa, per la sua ‘ e per il discredito sociale perpetrato, nel caso di specie, anche attraverso articoli di stampa. La determinazione consegue ad una valutazione caratterizzata da logicità ed adeguata motivazione in relazione alla particolare gravità dei reati a lui contestati e alla sua attività professionale di maestro elementare.

L’ordinanza impugnata dovrà quindi essere annullata limitatamente al punto concernente la misura dell’indennizzo con rinvio alla Corte di appello di Milano tra le parti per il presente giudizio.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al punto concernente la misura dell’indennizzo con rinvio alla Corte di appello di Milano cui demanda anche il regolamento delle spese fra le parti per questo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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