Cass. civ. Sez. III, Sent., 16-05-2011, n. 10718 Danno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione notificata in data 25 maggio 1988 M.M. conveniva in giudizio F.A. e F.S. esponendo che i convenuti avevano tagliato un ingente quantitativo di legno in un bosco di sua proprietà e chiedendone quindi la condanna al risarcimento dei danni. Si costituivano i convenuti i quali, dopo aver dedotto che anche il M. aveva tagliato un quantitativo di legno in un loro bosco, chiedevano in via riconvenzionale il risarcimento dei danni subiti con compensazione fino a concorrenza dei reciproci crediti e con la condanna del M. al pagamento dell’eventuale differenza in loro favore. In esito al giudizio, il Tribunale di Oristano rigettava entrambe le domande con compensazione delle spese. Avverso tale decisione proponevano appello principale il M. ed appello incidentale i F.. In esito, la Corte di Appello di Cagliari con sentenza depositata in data 6 luglio 2005, in riforma dell’impugnata sentenza, condannava i F. al pagamento della somma di Euro 19.185,01 oltre interessi e spese processuali.

Avverso la detta sentenza i F. hanno quindi proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo. Resiste con controricorso il M..
Motivi della decisione

La doglianza, svolta dai ricorrenti, si articola essenzialmente attraverso due profili, entrambi per violazione degli artt. 88 e 116 c.p.c., artt. 2697, 2730, 2734, 2727 e 2736 c.c.: il primo, fondato sulla considerazione che la Corte avrebbe errato nella valutazione delle risultanze probatorie; il secondo, fondato sulla mancata rinnovazione della consulenza di ufficio. In particolare, la Corte- così scrivono i ricorrenti – pur prendendo a base delle proprie valutazioni una lettera, da loro scritta, contenente la descrizione esatta dei fatti accaduti, aveva gravemente errato ritenendo la lettera prova valida ai fini della loro responsabilità, in considerazione delle loro ammissioni, ma priva di significato probatorio in relazione all’addebito al M.; inoltre, la Corte aveva sbagliato nel valutare separatamente, e non nel loro complesso, le testimonianze raccolte ed aveva errato nel trarre elementi di prova dalla relazione del consulente d’ufficio, "il quale come ha potuto operare sulle superfici indicategli a proprio danno con assoluta lealtà dai F., avrebbe parimenti dovuto operare sulle superfici indicategli dagli stessi F. a loro vantaggio".

Sia l’una che l’altra censura, intimamente connesse tra loro, sono inammissibili. Ed invero, deve premettersi che la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse – ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva.

Inoltre, è principio di diritto ormai consolidato quello per cui l’art. 360 c.p.c., n. 3, non conferisce alla corte di Cassazione il potere di riesaminare il merito della causa, consentendo ad essa il solo controllo – sotto il profilo logico-formale e della conformità a diritto – delle valutazioni compiute dal giudice d’appello, al quale soltanto, va ripetuto, spetta l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione.

Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle censure formulate, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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