T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 09-03-2011, n. 668

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’impugnato decreto il Professore M. M.G. è stato collocato a riposo per raggiunti limiti di età a decorrere dal 1.11.2015, anziché dal 1.11.2018, per effetto dell’abolizione del collocamento fuori ruolo dei docenti universitari di cui all’art. 2, comma 434, della L. 244/2007.

Avverso tale atto è stato proposto il presente ricorso per i seguenti motivi:

violazione della direttiva 2000/78/CE sulla parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro; violazione dell’art 13 del Trattato dell’Unione europea; violazione dell’art 21 della Carta di Nizza; violazione dell’art 117 della Costituzione; illegittimità costituzionale, sotto vari profili, dell’art. 2, comma 434 della L. n. 244/2007, con particolare riguardo al principio della irretroattività della legge e degli atti amministrativi, al principio di uguaglianza, al diritto al lavoro.

Si è costituita l’Università, replicando con articolata memoria difensiva.

Rinviato l’esame dell’istanza cautelare, su richiesta dello stesso ricorrente, all’udienza pubblica del 26.1.2011 la causa è passata in decisione senza essere discussa.
Motivi della decisione

1. Osserva preliminarmente il Collegio come, al cospetto delle articolate censure sollevate dal ricorrente, si impone una breve disamina del quadro normativo, per poi dare conto degli orientamenti giurisprudenziali in materia.

2. L’art. 2, comma 434, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) dispone che "A decorrere dal 1° gennaio 2008, il periodo di fuori ruolo dei professori universitari precedente la quiescenza è ridotto a due anni accademici e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel terzo anno accademico fuori ruolo sono posti in quiescenza al termine dell’anno accademico. A decorrere da 1° gennaio 2009, il periodo di fuori ruolo del professori universitari precedente la quiescenza é ridotto a un anno accademico e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel secondo anno accademico fuori ruolo sono posti in quiescenza al termine dell’anno accademico. A decorrere dal 1°gennaio 2010, il periodo di fuori ruolo del professori universitari precedente la quiescenza é definitivamente abolito e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori nel primo anno accademico fuori ruolo sono posti in quiescenza al termine dell’anno accademico".

In materia l’ultimo, precedente, intervento legislativo si era avuto con la legge 4 novembre 2005, n. 230 ("Nuove disposizioni concernenti i professori e i ricercatori universitari e delega al Governo per il riordino del reclutamento dei professori universitari"), recante il collocamento a riposo dei professori universitari al termine dell’anno accademico di compimento del settantesimo anno di età, compreso il biennio di cui all’art. 16 del D.lgs. n. 503 del 1992, e l’abolizione del collocamento fuori ruolo per limiti di età (art. 1, comma 17), restando salvi lo stato giuridico e il trattamento economico in godimento per i professori in servizio alla data di entrata in vigore della legge (art. 1, comma 19).

4. La questione della nuova disciplina del collocamento fuori ruolo dei professori universitari introdotta dalla legge finanziaria per il 2008 è stata già oggetto di una serie di pronunce giurisprudenziali.

3.1. Vale richiamare, in primo luogo, la sentenza n. 236/2009 della Corte costituzionale, con la quale il Giudice delle leggi, ricordata la peculiarità dell’istituto del fuori ruolo dei professori universitari, ha ribadito, con riferimento ai rapporti di durata, "il principio secondo cui il Legislatore, in materia di successione di leggi, dispone di ampia discrezionalità e può anche modificare in senso sfavorevole la disciplina di quei rapporti, ancorché l’oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti, salvo – in caso di norme retroattive – il limite imposto in materia penale dall’art. 25 comma 2 Cost., e comunque a condizione che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti" (v. sub 6.2.).

Sulla base di questa premessa, riconosciuto come "il fine di abolire per il futuro l’istituto del collocamento fuori ruolo di tutti i professori universitari rientra nella discrezionalità del legislatore e del resto s’inserisce in un indirizzo legislativo già in precedenza perseguito", la Corte ha dichiarato l’illegittimità della norma nella (sola) parte in cui si applica(va) anche a quei professori per i quali, alla data del 1.1.2008, il periodo di fuori ruolo fosse già in corso di svolgimento, traducendosi nella violazione di un legittimo affidamento. Di contro, seppure in un obiter dictum finale, a confutazione della tesi dell’Avvocatura dello Stato che paventava una possibile disparità di trattamento tra categorie di docenti differenti (ancora in servizio oppure già fuori ruolo), ha osservato come "il professore in servizio, titolare di uno stato giuridico diverso, può vantare al riguardo soltanto una mera aspettativa".

3.2. Su questa linea interpretativa, autorevole oltre che persuasiva, si è attestata la giurisprudenza amministrativa.

La tesi che ravvisa in capo ai professori ancora in servizio all’entrata in vigore della riforma (1.1.2008) una mera aspettativa al fuori ruolo e non un diritto soggettivo perfetto acquisito al momento della nomina a professore – già sostenuta dalla III sezione del TAR del Lazio in numerose pronunce del 2008 (v. per tutte la n. 8652/2008) – è stata, infatti, accolta in appello anche dal Consiglio di Stato (v. Sez. VI, n. 1689/2009, che ha confermato le sentenze del primo giudice) valorizzando la pronuncia della Corte costituzionale n. 236/2009, da cui "si può desumere la immunità da ogni censura di legittimità costituzionale o di violazione delle disposizioni della CEDU da parte della norma di legge in parola, allorché la medesima disciplina le posizioni di soggetti che non avevano ancora iniziato il periodo c.d. "fuori ruolo" al momento della entrata in vigore della disposizione medesima". (v. altresì, Cons. St., VI, n. 8380/2010).

4. Ciò posto, venendo al ricorso qui in esame, al Prof. M.G., collocato a riposo con decorrenza dal 1.11.2015, è stata correttamente applicata la norma della finanziaria nella parte in cui prevede che a decorrere dal 1.1.2010, il periodo di fuori ruolo dei professori universitari precedente la quiescenza è definitivamente abolito.

Una volta esclusa la titolarità in capo al ricorrente – ancora in servizio alla data di entrata in vigore della riforma – di un diritto soggettivo perfetto al fuori ruolo, devono ritenersi infondate le censure dedotte con il secondo, terzo e quarto motivo, tutte incentrate sulla presunta illegittimità costituzionale e/o comunitaria della norma che abolisce il fuori ruolo sul presupposto, errato, che il Legislatore abbia inciso su una situazione giuridica soggettiva consolidata.

Oltre a quanto già osservato in precedenza, circa la legittimità della norma applicata, preme sottolineare che la totale abolizione del fuori ruolo è stata prevista solo per i professori che hanno ancora almeno tre anni di servizio, i quali ben possono rideterminare le loro attività scientifiche e di programmazione in tale lasso temporale, mentre, per coloro che devono essere ancora collocati fuori ruolo, la progressiva riduzione del periodo a due anni e poi ad un anno lascia comunque, dal momento di entrata in vigore della legge finanziaria, un congruo periodo di tempo per la organizzazione e pianificazione della attività scientifica (v. già TAR Lazio, Roma, III, n. 8652/2008).

5. Nel ricorso in esame sono infondate anche le censure dedotte con il primo motivo, relative alla violazione della direttiva comunitaria n. 78 del 2000 sulla parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro che vieta le discriminazioni anche fondate sull’età.

Il divieto di discriminazioni non influisce, infatti, sui limiti di età previsti per il collocamento a riposo, che rimangono nella discrezionalità del legislatore che deve esercitarla secondo i consueti canoni di logicità e ragionevolezza.

Nel caso di specie, la riduzione del periodo di fuori ruolo è stata prevista per tutti i professori ordinari in relazione alla fine dell’anno accademico; non è irragionevole che il limite di età possa essere previsto a settanta, settantadue, settantatre o settantacinque; in tale ambito non si può negare la discrezionalità del legislatore.

In particolare, la direttiva n. 78 del 2000 prevede espressamente all’art. 6, n. 1, primo comma che non costituiscono una discriminazione vietata le differenze che siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari. Il secondo comma del medesimo numero elenca numerosi esempi di disparità di trattamento che sono considerate giustificate dalle esigenze di cui primo comma, e, quindi, compatibili con il diritto comunitario: gli Stati membri possono prevedere che la fissazione per i regimi professionali di sicurezza sociale di un’età per poter accedere o aver titolo alle prestazioni pensionistiche o all’invalidità, compresa la fissazione per tali regimi di età diverse per lavoratori o gruppi o categorie di lavoratori e l’utilizzazione, nell’ambito di detti regimi, di criteri di età nei calcoli attuariali non costituisca una discriminazione fondata sull’età purché ciò non dia luogo a discriminazioni fondate sul sesso.

La stessa Corte di Giustizia, nella sentenza n. 411 del 2007, citata dalla difesa ricorrente, ha affermato la compatibilità comunitaria di contratti collettivi previsti nell’ordinamento spagnolo che prevedevano clausole di pensionamento obbligatorio anticipato, ritenendole giustificate in relazione alle finalità di sviluppo del mercato del lavoro e di politica dell’occupazione.

Nella sentenza, la Corte di Giustizia afferma, altresì, che gli Stati membri dispongono di un ampio margine di valutazione discrezionale nella scelta non soltanto di uno scopo determinato fra gli altri in materia di politica sociale e di occupazione, ma altresì delle misure atte a realizzare detto obiettivo, in particolare per quanto riguarda le scelte che possono essere indotte a compiere le autorità nazionali interessate, sulla base di considerazioni di ordine politico, economico, sociale, demografico e/o di bilancio, tenuto conto della situazione concreta del mercato del lavoro di uno Stato membro determinato, di prolungare la durata della vita attiva dei lavoratori o, al contrario, di stabilire anticipatamente l’accesso al pensionamento di questi ultimi.

6. Non meno infondate sono, infine, le censure relative alla illegittimità costituzionale per la violazione dell’art 97 della Costituzione, dedotte con il quinto ed ultimo motivo del ricorso. Non può, infatti, ritenersi contraria al principio di buon andamento dell’azione amministrativa una nuova disciplina del collocamento fuori ruolo che ne preveda una riduzione progressiva sino alla totale abolizione, consentendo alle Università la programmazione dell’attività scientifica, secondo anche le previsioni della legge n. 230 del 2005; su tale base normativa i professori universitari hanno il diritto e il dovere di svolgere attività di ricerca e di didattica, con piena libertà di scelta dei temi e dei metodi delle ricerche nonché, nel rispetto della programmazione universitaria di cui all’articolo 1ter del decretolegge 31 gennaio 2005, n. 7, che prevede programmi triennali delle università, relativi tra gli altri obiettivi, allo sviluppo della ricerca scientifica.

Del tutto infondato appare il richiamo alla violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, non essendovi alcuna violazione di diritti fondamentali.

In conclusione, per tutte le ragioni evidenziate, il ricorso è infondato e va respinto.

La novità delle questioni affrontate, quanto meno alla data di proposizione del ricorso, giustificano la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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