Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 01-02-2011) 11-03-2011, n. 9925 Circolazione stradale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) La Corte d’Appello di Trieste, con sentenza 24 febbraio 2010, giudicando sull’appello proposto da A.R. contro la sentenza 20 dicembre 2006 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pordenone – che, all’esito del giudizio abbreviato, lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia per i delitti previsti dall’art. 189 C.d.S., commi 6 e 7 (violazione dell’obbligo di fermarsi in caso di incidente e di prestare assistenza alle persone ferite) commessi in (OMISSIS), lungo l’autostrada (OMISSIS) – ha parzialmente accolto l’appello dell’imputato assolvendolo dal reato di cui al comma 6 ricordato e confermando la condanna per il reato previsto dal comma 7.

La Corte ha conseguentemente ridotto la pena inflitta dal primo giudice ed eliminato la sanzione amministrativa accessoria per il reato per il quale è intervenuta assoluzione.

2) Contro la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso, a mezzo del suo difensore, A.R. il quale ha dedotto un unico complesso motivo di censura con il quale si deducono il vizio di motivazione e quello di violazione di legge in relazione alla ritenuta esistenza dell’elemento soggettivo del reato ritenuto dalla Corte di merito.

In sintesi l’inesistenza del dolo – richiesto perchè possa ritenersi realizzata la fattispecie tipica del reato ritenuto esistente – sarebbe dimostrata da una serie di elementi di cui la Corte di merito non avrebbe tenuto alcun conto. In particolare non sarebbero state prese in considerazione le circostanze che A. (dopo aver violentemente tamponato l’autovettura condotta da F.R. che, nell’incidente, aveva subito lesioni) era in stato confusionale e aveva anch’egli subito lesioni per cui non era in grado di prestare assistenza alla persona rimasta ferita.

Inoltre i giudici di appello – pur riconoscendo (con l’assoluzione pronunziata per l’ipotesi di reato prevista dall’art. 189, comma 6) che l’imputato, subito dopo l’incidente, non era fuggito ma si era fermato a circa 100 metri dal punto dove era avvenuto il tamponamento – hanno omesso di considerare che il medesimo non era in grado di rappresentarsi che, a seguito dell’incidente, altra persona era rimasta ferita.

A fondamento di questa ricostruzione vengono riportati nel ricorso ampi stralci delle dichiarazioni rese nelle indagini difensive dal padre dell’imputato e da uno degli agenti intervenuti.

3) Il ricorso – per larga parte inammissibile nelle parti in cui è diretto ad ottenere dal giudice di legittimità una ricostruzione dei fatti diversa da quella compiuta dai giudici di merito – è comunque infondato e deve conseguentemente essere rigettato.

La Corte di merito dopo aver escluso che A. si fosse dato alla fuga – posto che si era fermato, attendendo l’arrivo dei soccorritori, a circa 100 metri dal punto dell’incidente – ha peraltro rilevato come gli non avesse soccorso la persona che si trovava all’interno dell’autovettura tamponata e come fosse tornato sul punto dell’incidente solo dopo l’arrivo dei soccorritori e circa 25 minuti dopo l’incidente.

La natura dell’incidente (violento tamponamento verosimilmente riconducibile ad un colpo di sonno), la tipologia dei veicoli coinvolti (l’imputato era alla guida di un Land Rover; l’altra autovettura era una Renault 4); il percorso fatto dall’auto tamponata dopo l’incidente hanno fatto ritenere alla Corte di merito che l’imputato dovesse essersi rappresentato – quanto meno sotto il profilo del dolo eventuale – che l’incidente doveva aver provocato danni anche alle persone.

Trattasi di valutazione ampiamente motivata ed esente da alcuna illogicità che si sottrae conseguentemente al sindacato di legittimità. 4) Quanto alle censure che si riferiscono al presunto stato confusionale nel quale si trovava l’imputato subito dopo l’incidente – stato che avrebbe impedito al ricorrente di rendersi conto della possibilità che le persone che si trovavano all’interno dell’autovettura tamponata potessero aver subito lesioni nell’incidente – va osservato che la sentenza di primo grado (espressamente richiamata da quella d’appello) aveva riferito che l’imputato, pur scosso e confuso, ma lungi dal trovarsi in stato che gli impedisse di prendere alcuna iniziativa, aveva telefonato ai propri familiari avvertendoli dell’incidente.

Riferiscono ancora i giudici di merito che, all’arrivo dell’ambulanza, A. aveva rifiutato di salirvi con ciò dimostrando lucidità mentale e condizioni fisiche non particolarmente compromesse.

L’asserito stato confusionale nel quale in ipotesi si trovava l’imputato non significa che egli non si fosse reso conto della circostanza che aveva provocato l’incidente la cui gravità non poteva certo convincerlo che non vi fossero feriti (del resto lo stesso ricorrente era rimasto ferito sia pure in modo lieve). Del resto anche le dichiarazioni il cui testo è stato inserito nel ricorso confermano l’esistenza dello stato confusionale ma non escludono certo la possibilità per l’imputato di essersi reso conto della possibilità che l’incidente potesse aver provocato il ferimento di persone.

Anche sotto questo profilo la valutazione dei giudici di merito deve pertanto ritenersi non illogica ed esente dai vizi denunziati.

5) Alle considerazioni in precedenza svolte consegue il rigetto del ricorso con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, Sezione 4^ penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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