Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 25-01-2011) 11-03-2011, n. 10115 Costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Palermo, con sentenza emessa il 24/03/010, confermava la sentenza del Tribunale di Agrigento, in data 15/07/08, appellata da D.M.A. e T.L., imputate dei reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b); D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 (come contestati in atti) e condannate alla pena di mesi uno di arresto ed Euro 25.000,00 di ammenda, ciascuna.

Le interessate proponevano ricorso per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606 c.p.p., lett. b) ed e).

In particolare le ricorrenti sostanzialmente esponevano:

1. che le opere in esame non erano riconducibili alle attuali ricorrenti, essendo state realizzate da altra persona;

2. che, comunque, trattavasi di opere precarie, facilmente rimovibili per le quali non era necessario il rilascio del permesso di costruire, il tutto ai sensi della L.R. n. 4 del 2003, art. 20.

Tanto dedotto, le ricorrenti chiedevano l’annullamento della sentenza impugnata.

Il P.G. della Cassazione, nella pubblica udienza del 25/01/011, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

La sentenza della Corte Territoriale, unitamente alla decisione di 1 grado – i due provvedimenti si integrano a vicenda – ha congruamente motivato i punti fondamentali della decisione.

In particolare, i giudici di merito, mediante un esame analitico, puntuale, esaustivo delle risultanze processuali hanno accertato che D.M.A. (quale proprietaria dell’area su cui sono state eseguite le opere) e T.L. (quale titolare dell’azienda agricola de qua) – nelle condizioni di tempo e di luogo come individuate in atti – in concorso tra loro (e con altri soggetti) avevano realizzatoin zona sottoposta a vincolo paesaggistico, manufatti vari per circa mq. 600, nonchè un muro di recinzione, costituenti nel loro complesso l’azienda agricola denominata "La Fattoria", il tutto senza avere i prescritti titoli abilitativi.

Ricorrevano, pertanto, nella fattispecie gli elementi costitutivi, soggettivo ed oggettivo, dei reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c e D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 come contestati in atti.

Per contro le censure dedotte nel ricorso sono generi che, perchè meramente ripetitive di quanto esposto in sede di Appello, già valutato esaustivamente dalla Corte Territoriale. Sono infondate sia perchè in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dai giudici di merito.

Dette doglianze, peraltro – quantunque prospettate come violazione di legge e/o vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) – costituiscono nella sostanza eccezioni in punto di fatto, poichè non inerenti ad errori di diritto o vizi logici della decisione impugnata, ma alle valutazioni operate dai giudici di merito. Si chiede, in realtà, al giudice di legittimità una rilettura degli atti probatori, per pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, più favorevole alla tesi difensiva del ricorrente. Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità perchè in violazione della disciplina di cui all’art. 606 c.p.p. (Giurisprudenza consolidata: Cass. Sez. Unite Sent. n. 6402 del 02/07/97, rv 207944; Cass. Sez. Unite Sent. n. 930 del 29/01/96, rv 203428; Cass. Sez. 1^ Sent. n. 5285 del 06/05/98, rv 210543; Cass. Sez. 5^ Sent. n. 1004 del 31/01/2000, rv 215745; Cass. Sez. 5^ Ord. N. 13648 del 14/04/2006, rv 233381).

Ad abundantiam si rileva:

1. che D.M.A. e T.L. – rispettivamente;la prima proprietaria dell’area in esame e la seconda titolare dell’azienda agricola la "Fattoria" – hanno concorso con R. B. (coniuge della prima e suocero della seconda; persona deceduta nelle more del processo) alla costruzione delle opere abusive. Le stesse erano pienamente a conoscenza della esecuzione delle opere, in ordine alle quali avevano un interesse concreto per la loro realizzazione; il tutto come già evidenziato dalla Corte Territoriale;

2. che i manufatti in esame non costituiscono opere precarie, neanche ai sensi della L.R. n. 4 del 2003, art. 20, essendo di natura stabile e duratura nel tempo, non agevolmente amovibili.

Va dichiarato, pertanto, inammissibile il ricorso proposto da D. M.A. e T.L. con condanna delle stesse al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria che si determina in Euro 1.000,00 ciascuno.
P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento singolarmente delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *