T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 09-03-2011, n. 652

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Comune di Zelo Buon Persico ha indetto una procedura aperta per "l’affidamento dei servizi di raccolta integrata dei rifiuti urbani e dei servizi di igiene urbana" per il triennio 20082011, per l’importo annuo a base d’asta di Euro 255.000,00 più IVA.

La procedura è stata aggiudicata provvisoriamente in favore di I. S.r.l. ed in data 12.12.2008 ha avuto luogo la consegna dei lavori e l’avvio del servizio.

Successivamente, con nota del 21.4.2009, il Comune ha comunicato l’avvio del procedimento di annullamento in autotutela dell’aggiudicazione, in ragione della segnalazione della Questura di Palermo circa "criticità in ordine ai requisiti di moralità delle compagini societarie nell’attività della società, e, all’esito del procedimento, con determinazione del 29.9.2009, ha annullato l’aggiudicazione provvisoria a motivo della "possibilità di infiltrazioni mafiose nella Società", pur invitando l’impresa a proseguire nel servizio sino al 31.10.2009.

Avverso tale provvedimento I. ha presentato ricorso deducendone l’illegittimità sulla base di un unico articolato motivo, con il quale ha contestato la mancanza dell’informativa prefettizia, né tipica né atipica, e l’insufficienza della sola segnalazione della Questura, peraltro generica, e fondata su meri indizi.

Si è costituita l’Amministrazione comunale, con articolata memoria difensiva, replicando alle censure proposte e depositando articoli di stampa concernenti le indagini penali e gli arresti nei confronti del socio unico e dell’amministratore della società ricorrente.

Nella camera di consiglio dell’11.11.2009, sull’accordo delle parti, l’esame dell’istanza cautelare è stato rinviato al merito e, all’udienza pubblica del 12.1.2011 la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione

Osserva il Collegio come, con unico articolato motivo, la ricorrente ha impugnato l’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione provvisoria, a motivo dell’irrilevanza e comunque dell’insufficienza della segnalazione proveniente dalla Questura di Palermo a proposito della moralità professionale dell’impresa e, in particolare, circa il possibile condizionamento mafioso della compagine sociale.

La ricorrente ha dedotto, in particolare, l’assenza di un’informazione antimafia prefettizia e l’incompetenza in materia del Questore, dalle cui segnalazioni non sarebbe dato desumere la possibilità di tentativi di infiltrazione mafiosa.

Prima di esaminare tale censura, il Collegio ritiene opportuno far cenno al contenuto e alla portata delle informative prefettizie nell’ambito dei procedimenti amministrativi, con particolare riguardo agli appalti pubblici.

Le dette informative – previste (alla stregua dei criteri stabiliti dalla L. 17.1.1994, n. 47, art. 1, comma 1, lett. d) dal D.Lgs. 8.8.1994, n. 490, che all’art. 4 ne dispone l’acquisizione da parte delle Amministrazioni procedenti prima che si stipuli il contratto – determinano il non compimento del procedimento avviato, ove siano segnalate in esse le cause di divieto di cui al citato D.Lgs. n. 490/1994, allegato I, ossia la presenza di provvedimenti definitivi di applicazione di una misura di prevenzione; di sentenze definitive di condanna, o sentenze di primo grado confermate in appello, per uno dei delitti di cui all’art. 51, comma 3 bis, del cod. proc. pen.; di determinati provvedimenti dell’Autorità giudiziaria ordinaria ovvero di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa volti a condizionare le scelte delle società interessate.

A ciò aggiungasi che – dopo l’entrata in vigore del D.P.R. 3.6.1998, n. 252, avente ad oggetto il regolamento per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia (emanato in base all’art. 20 della L. 15.3. 1997, n. 59 e all’art. 17, comma 94, della L. 15.5.1997, n. 127) – le due ipotesi indicate nell’art. 4 della D.Lgs. n. 490/1994 risultano poi essersi unificate in un solo tipo di informativa, da cui emergono (v. art. 10, comma 2) "elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese interessate", desumibili: a) dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per uno dei delitti di cui agli artt. 629, 644, 648 bis, 648 ter del c.p. o dall’art. 51, comma 3 bis, del c.p.p.; b) dalla proposta o dal provvedimento di applicazione di taluna delle misure di cui agli artt. 2 bis, 2 ter, 3 bis e 3 quater della L. 31.5.1965, n. 575; c) dagli accertamenti disposti dal prefetto, anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell’interno, ovvero richiesti ai prefetti competenti per quelli da effettuarsi in altra provincia" (art. 10, comma 7).

Sulla base della disciplina normativa ora richiamata, la giurisprudenza (cfr., tra le tante, Cons. St., Sez. VI, 13.6.2007, n. 3187; 21.10.2005, n. 5993; 14.1.2002, n. 149) ha ritenuto le informative prefettizie (cosiddette interdittive, in quanto impediscono di contrattare con la p.a. o ottenere contributi dalla stessa) classificabili sostanzialmente in tre tipi, (poi mantenuti fermi anche dal sopravvenuto art. 247 del D.Lgs. n. 163/2006 e successive modificazioni):

A) un primo tipo – che si riferisce alle informative ricognitive di cause di divieto, di per sé inderdittive, ex art. 4, comma 4, del D.Lgs. 8.4.1994, n. 490 – che nel sistema delineato dal D.P.R. n. 252/1998 va identificato con "le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa", desunte dagli atti indicati nelle lettere a) e b) dell’art. 10;

B) un secondo tipo – riguardante le informative riferite ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa volte a condizionare le scelte delle società interessate, la cui efficacia interdittiva discende da una valutazione del prefetto – che nel sistema indicato nel D.P.R. n. 252/1998 va identificato con "le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa" desunte dagli accertamenti prefettizi indicati nella lettera c) dell’art. 10;

C) un terzo ed ultimo tipo – concernente le informative supplementari o atipiche, fondate sull’accertamento di elementi i quali, pur denotando il pericolo di collegamenti tra l’impresa e la criminalità organizzata, non raggiungono la soglia di gravità prevista dall’art. 4 D.Lgs. n. 490/1994 – la cui efficacia interdittiva non ha carattere automatico, bensì scaturisce da una valutazione autonoma e discrezionale dell’Amministrazione destinataria dell’informativa stessa, prevista dall’art. 1 septies del D.L. 6.9 1982, n. 629 convertito dalla L. 12.10.1982, n. 726, articolo aggiunto dall’art. 2 della L. 15.11 1988, n. 486 (richiamato dal D.P.R. n. 252/1998, all’art. 10, comma 9, a tenore del quale l’alto Commissario antimafia, le cui competenze sono state devolute nelle more ai prefetti, può comunicare alla autorità competenti "al rilascio di licenze, autorizzazioni, concessioni…. per lo svolgimento di attività economiche…. elementi di fatto ed altre indicazioni", utili alla valutazione nell’ambito della discrezionalità ammessa dalla legge, dei requisiti soggettivi richiesti).

Informative atipiche che secondo la giurisprudenza – essendo fondate sull’accertamento di elementi che, se pure evidenzino il pericolo di collegamenti tra l’impresa e la criminalità mafiosa, non raggiungono, tuttavia, la soglia di gravità predetta o perché mancanti di alcuni requisiti o perché non integranti pienamente il tentativo di infiltrazione – attivano le potestà discrezionali dell’Amministrazione destinataria, non producendo alcuna conseguenza vincolata per la stessa.

Tanto premesso sul piano generale, venendo al caso di specie, se è vero che l’impugnata delibera di annullamento dell’aggiudicazione provvisoria – adottata all’esito delle doverose verifiche sul possesso di tutti i requisiti prescritti ex artt. 11 e 12 del Codice dei contratti – fa espresso rinvio solamente alla segnalazione della Questura di Palermo del 9.1.2009, è vero anche che alla data del 29.9.2009 il Comune resistente aveva già ricevuto una prima nota da parte della Prefettura di Lodi in cui si chiedeva all’Amministrazione di valutare, nell’ambito della sua discrezionalità, l’opportunità o meno di mantenere in vigore i rapporti contrattuali instaurati con la I. (v. doc. 8).

A questo si aggiunga il richiamo nella deliberazione di annullamento a quanto appreso dagli organi di stampa, già in data 15.9.2009, in ordine alle misure detentive cui i vertici di I. erano stati sottoposti per i reati di associazione a delinquere finalizzata all’acquisizione di appalti pubblici, truffa aggravata, traffico illecito dei rifiuti (v. doc. 7).

Elementi tutti – la segnalazione della Questura di Palermo; la nota della Prefettura di Lodi; le circostanziate notizie di stampa – dai quali era ragionevole e persino doveroso, in sede di controllo, dubitare del fatto che l’aggiudicataria provvisoria disponesse dei requisiti di moralità dichiarati e non offrisse idonee garanzie antimafia.

A fronte di tali risultanze, le censure della ricorrente si appuntano essenzialmente sul fatto che l’annullamento in autotutela non sia fondato su di una informativa prefettizia in senso proprio, non potendo ad essa supplire la segnalazione del Questore.

In disparte la possibilità di qualificare questa segnalazione, peraltro circostanziata, nei termini di un’informativa atipica, come sostenuto dalla difesa ricorrente, reputa il Collegio dirimente la circostanza che l’informativa prefettizia, richiesta dal Comune di Zelo Buon Persico prima di adottare il provvedimento impugnato (v. doc. 13 depositato in allegato al ricorso il 29.10.2009), sia sopraggiunta in corso di causa.

Va premesso, in proposito, che il ritardo non può essere imputato all’Amministrazione resistente che tempestivamente ne aveva chiesto il rilascio, avvalendosi della possibilità per le stazioni appaltanti di richiedere alla Prefettura l’informativa antimafia anche in caso di appalto sottosoglia, come nel caso di specie, v. Cons. St., VI, n. 240/2008).

Tale informativa documenta in ogni caso che Susanna Ingargiola, l’amministratore legale di I., e Claudio Demma, socio unico della stessa, il secondo già gravato da precedenti penali definitivi di non secondaria importanza, sono stati tratti in arresto per reati assai gravi – oltre che commessi, in tesi, proprio per aggiudicarsi appalti del tipo di quello in oggetto – quali l’associazione a delinquere, il traffico illecito di rifiuti, la turbata libertà degli incanti, le false dichiarazioni, l’estorsione; che anche i dipendenti della società sono stati coinvolti in tali vicende, nonché il procuratore speciale Maria Abbate, coniuge del Demma.

In un quadro indiziario già assai pregnante e autonomamente rilevante ed allarmante, l’informativa considera anche i rapporti di parentela dell’amministratore, del socio unico e del procuratore speciale di I. con numerosi soggetti, già segnalati dagli organi di polizia e deferiti all’autorità giudiziaria in quanto partecipi di organizzazioni criminali, con particolare riferimento al territorio del palermitano (in alcuni casi, come quelli di Luigi Abbate e la famiglia Madonia, condannati per associazione mafiosa ed estorsione), sottolineando in particolare il ruolo incisivo svolto dal Demma quale gestore di fatto della società I. e "terminale degli interessi della criminalità organizzata mafiosa palermitana".

Tale informativa, sulla cui legittimità questa Sezione si è già pronunciata favorevolmente nel ricorso n. 1842/2010 discusso sempre all’udienza pubblica del 12.1.2011 (v. dispositivo di sentenza n. 258/2011), conferma al massimo grado le puntuali ragioni dedotte nel provvedimento impugnato, il che induce a prescindere dall’indagine circa l’esatta valenza della segnalazione della Questura che l’ha preceduta..

Si aggiunga come elemento di per sé dirimente, trattandosi comunque di un’informativa antimafia interdittiva emessa, sebbene in ritardo, pur sempre prima della stipula dell’appalto, che la sua sopravvenienza comporta in ogni caso il divieto di concludere il relativo contratto con la società ricorrente. E questo senza neppure considerare il fatto non contestato che, dopo il provvedimento qui impugnato, è stata indetta procedura negoziata e, con successiva determinazione n. 131 del 6.11.2009, il servizio è stato aggiudicato all’Impresa Sangalli S.r.l., per il periodo dal 1.11.2009 al 28.2.2010, senza che tale atto sia stato impugnato da I..

In conclusione, per tali ragioni, il ricorso è infondato e va respinto.

Le spese di lite seguono la regola generale della soccombenza e sono liquidate con il dispositivo.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna I. S.r.l. a rifondere al Comune di Zelo Buon Persico le spese e gli onorari di lite liquidati nell’importo complessivo di Euro 6.000,00, oltre al 12,5% per spese forfetariamente calcolate, ad IVA e CPA come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *